09 Ottobre 2020

Il lodo arbitrale irrituale e la sua impugnazione

MICHELE BORLASCA

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Abstract

L’arbitrato irrituale (o libero) rappresenta un mezzo di risoluzione delle controversie di natura contrattuale che culmina con la pronuncia di un lodo avente soltanto effetti negoziali. Questo può essere annullato qualora sussista almeno uno dei motivi elencati dall’art. 808 ter c.p.c., il cui carattere tassativo presenta ancora oggi vaste zone d’ombra.

 

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Principi regolatori

L’istituto dell’arbitrato trae la propria origine dal sistema di matrice americana noto con l’acronimo di ADR (Alternative Dispute Resolution), la cui ratio intrinseca si fonda su ragioni di economia processuale.

Il nostro ordinamento disciplina due forme di arbitrato: quello ordinario, anche detto di rito, e quello libero, introdotto con D. Lgs n. 40 del 2006. Nel primo caso, le parti di una controversia demandano ad arbitri l'esercizio di una giurisdizione che concorre con quella ordinaria e che avviene necessariamente secondo diritto, nell'ipotesi successiva, la composizione della lite si attua mediante una dichiarazione di volontà, imputata alle stesse parti del rapporto, dove protagonista invece è l'equità. 

Nel lodo irrituale, la manifestazione di volontà di demandare ad arbitri liberi, intesi come cittadini privati, la risoluzione di controversie, deve avvenire per iscritto potendo altresì assumere la forma del compromesso o della clausola compromissoria. È inoltre necessario che tale tipologia di lodo abbia ad oggetto diritti disponibili.

L’arbitrato libero viene normalmente descritto in base allo schema del negozio per relationem. Ciò comporta in particolare che le parti si impegnano ad accettare quanto gli stessi arbitri, in veste di loro mandatari, hanno determinato nella definizione della controversia[1].

L’istituto esaminato unisce dunque i caratteri della transazione con quelli procedimentali del giudizio ordinario, rimarcando la conseguente necessità al rispetto del principio del contradditorio anche nel caso di lodo irrituale[2].

 

I motivi di impugnazione

Senza prescindere dalle numerose differenze esistenti tra le due forme di arbitrato, ai fini del presente scritto, si segnala quella inerente all’impugnazione del Lodo. Se, invero, il lodo rituale si avvale di effetti processuali tipici della sentenza, il secondo è volto all’assunzione di una determinazione contrattuale avente efficacia negoziale tra le parti, così come afferma lo stesso art. 808 ter c.p.c.

In quest’ultimo caso è quindi esclusa la possibilità di richiedere l’exequatur del lodo contrattuale, con conseguente inapplicabilità dell’art 825 c.p.c[3].

La peculiarità negoziale dell’istituto sotto esame si riflette dunque con riguardo alla sua stessa eventuale impugnazione: non trova infatti applicazione l’art. 828 c.p.c. che, con riguardo al lodo rituale, ammette la possibilità, in ipotesi di nullità dello stesso, di proporre i mezzi di impugnazione ordinari previsti dal nostro ordinamento.

Competente a conoscere dell’impugnazione avverso un lodo irrituale sarà dunque il giudice di primo grado sulla base de criteri di competenza.

La riforma del 2006 ha inoltre introdotto e codificato, precisamente all'art 808 ter c.p.c., cinque motivi di annullamento del lodo contrattuale:

  • Invalidità della convenzione arbitrale e pronuncia extra o ultra petita. Tale vizio, in particolare, può essere validamente fatto valere solo laddove le parti abbiano sollevato l’eccezione nel corso del relativo procedimento.
  • Nomina degli arbitri al di fuori delle forme e dei modi stabiliti dalla convenzione arbitrale, con riferimento all’inosservanza di quanto statuito nel patto compromissorio o alla carenza dei requisiti degli arbitri previsti per la loro nomina.
  • Incapacità dell'arbitro nominato; vizio che deve sussistere al momento della pronuncia del lodo.
  • Violazione delle regole procedimentali imposte dalle parti come condizione di validità del lodo, ossia mancato rispetto degli eventuali criteri di valutazione previsti dalle parti per l'emanazione della pronuncia ed i criteri di giudizio secondo diritto o secondo equità.
  • Violazione del principio del contraddittorio ex art. 808 ter c.p.c.

A prescindere dai motivi di impugnazione, è opportuno precisare come a seguito della pronuncia di annullamento del lodo irrituale, è preclusa al giudice la valutazione circa il merito della controversia, con la conseguenza che una volta eliminato qualunque effetto giuridico del lodo, le parti si troveranno costrette ad attivare un nuovo arbitrato.

Infine, per quanto attiene la prescrizione, nonostante non sia stato espressamente stabilito dal legislatore alcun termine per l’esercizio della relativa azione, il riferimento normativo all’annullabilità induce a ritenere applicabile la disciplina prevista per l’azione di annullamento contrattuale (termine di cinque anni), sancita dall’art. 1442 c.c., con la conseguente possibilità di opporre l’annullabilità in via d’eccezione, nonostante sia prescritta l’azione per farla valere.

 

Impugnabilità: esiste una tassatività?

Con riguardo alle ipotesi di impugnabilità del lodo irrituale, il consolidato orientamento giurisprudenziale ritiene che questo non sia impugnabile a norma dell'art. 827 c.p.c. stante il valore negoziale dello stesso; con la conseguenza che le uniche ipotesi  di impugnativa sarebbero limitate a quei soli motivi previsti dalla legge come causa di nullità o annullamento del negozio citati al paragrafo che precede (incapacità delle parti, vizi del consenso delle parti o degli arbitri, eccesso dai limiti dell'incarico).

L’orientamento sotto critica esclude dunque l’impugnabilità del lodo irrituale per i cosiddetti «errores in iudicando» anche qualora consistano in una erronea interpretazione dello stesso contratto stipulato dalle parti[4].

Di diverso avviso è invece una parte della dottrina secondo cui l’elenco di cui all’art. 808 ter c.p.c. sembrerebbe avere una valenza meramente esemplificativa e non sarebbe dunque essere idoneo a precludere l’impugnazione in caso di diversi ed ulteriori vizi procedimentali.

Ferma restando l’autorevolezza delle posizioni dottrinali menzionate, tuttavia, tenuto conto dell’unanime orientamento giurisprudenziale sopra evocato sembra ragionevole aderire ad una interpretazione tassativa dell’art. 808 ter c.p.c. e, pertanto, ammettersi l’impugnazione del lodo irrituale unicamente per le ipotesi normativamente ivi elencate.

 

 

[1] P. Campanile, L’arbitrato irrituale da negozio innominato a contratto tipico: sviluppo della figura e ipotesi interpretative della nuova disciplina, in Contr. e Imp., 2007, 821.

[2] C. Mandrioli, Manuale di Diritto processuale civile, III, Torino, 2004, 359.

[3] Cassazione Civile, sez. I, 2.07.2007, n. 14972.

[4] Cassazione civile, sez. I, 19.10.2006, n. 22374.

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