13 Febbraio 2018

Avvocati: l’evoluzione della specie, da solitari a team

MARIO ALBERTO CATAROZZO

Immagine dell'articolo: <span>Avvocati: l’evoluzione della specie, da solitari a team</span>

Abstract

La figura professionale dell’avvocato è sempre più al centro di un cambiamento epocale: per soddisfare le richieste sempre più specifiche della clientela oggi è imprescindibile saper fare gioco di squadra, combinare le competenze individuali e fornire un servizio completo sotto ogni punto di vista, da quello legale a quello comunicativo.

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Associati, in società o in condivisione di spese, lo Studio professionale cambia pelle e diventa grande. Le compagini di Studio risultano sempre più strutturate e di grandi dimensioni. Questo per rispondere meglio alle sollecitazioni del mercato, alle richieste dei clienti ed essere così più competitivi. Tutto ok, fin qui. Ma la sfida della competitività si vince sull’efficienza dei servizi e dell’organizzazione. È come giocare in squadra: se la mentalità è da solista, la squadra ne risente fino ad implodere. Così è per lo Studio di medie-ampie dimensioni. Vogliamo che funzioni? Bene, va abbandonata la mentalità del “faccio tutto io” e va sposata la filosofia del team. I risultati, d’ora in poi, saranno di tutti e raggiunti dal gruppo, non più dal singolo o dai singoli.

Ma come in ogni squadra anche nello Studio c’è bisogno di una figura di riferimento, di un team leader, di un allenatore, un coach. Sarà infatti questa figura a guidare le azioni del collettivo, a motivarlo, indirizzarlo e coordinare gli sforzi. È il leader ad avere la vision e a trasmetterla. Sarà da un lato un ispiratore e dall’altro un motivatore. Sarà colui che catalizza gli sforzi dei singoli in una visione collettiva e che ha “in mano” le sorti del gruppo.

Uno Studio con dipartimenti e livelli gerarchici di professionisti deve avere momenti di condivisione, collettivi, che hanno insieme funzione di coordinamento “tecnico”, ma anche di mantenere alta la motivazione e consolidare il senso di appartenenza del gruppo.

Far parte di un collettivo non basta: bisogna “sentirsi” parte di un collettivo, sapere ciascuno che ruolo ha, quali funzioni deve assolvere, quali aspettative si ripongono in lui e quali responsabilità deve affrontare.

Il coaching aiuta a fare tutto questo. Che sia condotto sulla leadership dello Studio per condividerne con i soci la cultura, che poi saranno questi ultimi a trasmettere ai collaboratori, oppure al team nel suo insieme (team coaching), in ogni caso ogni vero e duraturo cambiamento passa attraverso le menti e le coscienze delle persone.

Solo quando il libero professionista si “sentirà” (e non solo saprà di essere) a capo di un gruppo, con cui condivide le sorti, le aspettative, i progetti e i risultati, solo allora sarà diventato “maturo” per condurre uno Studio organizzato verso mete non più solo individuali, ma collettive. Finito l’individualismo, comincia la cultura del team.

È il cambiamento di approccio e di mentalità il passaggio obbligato verso una forma organizzata di esercizio della professione.

Prima dell'organizzazione va cambiata la mentalità

Questo vuol dire non solo definire e condividere i ruoli dei professionisti e del personale di staff di Studio, ma creare il clima di gruppo, la mentalità del team. In una squadra, dal basket al calcio, dalla pallavolo al baseball, è il team che fa la forza, non i singoli. Ma ciò non vuol dire perdere la propria identità nel gruppo, anzi. Ciascuno ha un ruolo, ha dei compiti, ha degli obiettivi e delle responsabilità. Non solo: ha un proprio tornaconto, delle prospettive e un piano di crescita. Ciascuno sa e deve lavorare bene e in modo autonomo perché il suo lavoro si coordinerà con quello degli altri in un’azione corale.

Non va confuso l'individualismo con l'autonomia

Autonomia vuol dire che sono preparato e so fare da solo la mia parte; non vuol dire che faccio di tutto, né che faccio tutto io. Quest’ultimo, infatti è l’atteggiamento individualistico, simile a quello del calciatore che vuole andare in gol da solo a tutti i costi, incurante dei compagni che portano avanti con lui l’azione. Il libero professionista tradizionale per diverse ragioni, organizzative, di mercato, di tradizione e mentalità, era un operativo, sempre in prima linea, tuttofare; i collaboratori, laddove presenti, erano una sua longa manus, eseguivano quanto da lui deciso, supportavano la sua azione. Non c’era un team, c’era una individualità, con intorno dei collaboratori.

Alla guida del team

Fatto il passaggio di mentalità e fatto il salto organizzativo, il team va gestito, coordinato e diretto, proprio come una squadra. A seconda dell’organizzazione e della dimensione dello Studio potrà essere lo stesso dominus o titolare a dover svolgere tale funzione, piuttosto che i soci, oppure uno dei soci delegato (managing partner) dagli altri o dal Consiglio direttivo, laddove presente. Parte del tempo di questi professionisti-manager d’ora in poi dovrà essere dedicata a questo tipo di attività che, se ben svolto, rappresenta una vera forma di investimento sulla crescita dello Studio.

Altra possibilità è quella di affidare ad una figura esterna di impronta manageriale, meglio se specializzata sugli Studi professionali, la gestione di questa fase di passaggio, con il compito non solo di progettare e pianificare insieme ai vertici di Studio il percorso da intraprendere, ma anche di formare la o le figure interne che in una seconda fase saranno delegate a coordinare e gestire collaboratori e attività.

Per gli Studi le cui dimensioni lo consentono, altra opportunità potrebbe essere quella di assumere alle dipendenze dello Studio una figura manageriale (office manager) a cui delegare tutte le attività organizzative e gestionali interne (a volta anche esterne) allo Studio, così che i professionisti di studio possano svolgere solo le attività professionali “tecniche” per cui sono preparati.

In una visione organizzativa di business, lo Studio avrà almeno tre fronti da dover gestire quotidianamente:

  1. il fronte strettamente professionale: quindi le attività professionali e di business per cui lo Studio è stato costituito (le prestazioni professionali);
  2. il fronte della gestione e organizzazione interna della struttura di Studio e delle sue sedi: si va dalla gestione degli immobili (locazioni, autorizzazioni e permessi, manutenzione, pulizie), alla gestione dei fornitori (luce, fotocopiatrici e stampanti, materiale di cancelleria, arredi), alla gestione delle dotazioni informatiche ed elettroniche (computer, cellulari, rete internet e intranet), alla gestione del sito internet di Studio, agli aspetti amministrativi (contrattualistica, rapporti con le banche), di business plan, di controllo di gestione; alla gestione delle risorse umane (professionisti, praticanti, personale di staff e  di segreteria
  3. il fronte della comunicazione e relazioni esterne: rientrano tutte le attività di marketing dello Studio, dalla brochure di Studio, ai biglietti da visita, alle partnership in eventi, alle azioni pianificate, agli eventi organizzati dallo Studio; la gestione della comunicazione dello Studio, quindi i rapporti con i media e gli operatori di settore; infine la gestione della comunicazione sul web, dal sito internet ai social media.

Se del primo punto se ne occupano i professionisti di Studio, dei punti 2 e 3 vi dovrà essere una o più figure competenti a ciò dedicate a tempo pieno o, se sono gli stessi professionisti di Studio, a tempo parziale. Fatto sta che tutto ciò richiede tempo, competenze e capacità perché tutto funzioni a meraviglia. Solitamente, come abbiamo avuto modo di sottolineare in precedenza, il titolare o il managing partner sono i professionisti che hanno il compito di far eseguire le decisioni prese dai soci e/o dal Consiglio direttivo di Studio, dopodiché l’office manager (professionista o manager) avrà il compito di gestire e coordinare per poi riportare al managing partner o ai soci, a seconda di quanto previsto dall’organizzazione di Studio.

Nel caso poi di Studi particolarmente strutturati, con dipartimenti o divisioni operative organizzate per aree tematiche (practice area) potranno essere identificati poi dei team leader che, insieme ai compiti professionali, si occuperanno di dirigere e coordinare i collaboratori del proprio dipartimento e riportare all’office manager o al managing partner a seconda delle attività e dell’organigramma. In pratica, ciò vorrà dire organizzare periodicamente riunioni di confronto, momenti di formazione, coordinare le attività, definire gli obiettivi, definire un business plan e così via all’interno della propria area o dipartimento.

Un momento molto importante e delicato nel team building di Studio, quindi nel creare e gestire strutture di Studio articolate, è saper convogliare l’innata competitività dei liberi professionisti ora “in squadra” verso l’esterno, verso il mercato; non bisogna permettere che la competitività (quantomeno non oltre una certa soglia “naturale”) germogli all’interno dello Studio, creando lotte intestine, tensioni e “piccoli feudi”. Sono invece l’armonia e la coesione a rappresentare l’unico vero humus per far crescere e sviluppare il progetto professionale dello Studio.

La vecchia teoria del divide et impera non funziona, a dispetto di quanto invece viene fatto in molte aziende. Il rischio è di coltivare competizione e rancore tra coloro che dovrebbero rappresentare i reparti di un’unica armata. In un’organizzazione i ruoli, i reparti, i settori, sono come gli organi di un organismo. Pensiamo al corpo umano. Cosa accadrebbe se (idealmente) il fegato invece di coordinarsi con il pancreas gli negasse delle informazioni o addirittura “gareggiasse” con lui? Oppure pensate cosa accadrebbe se un occhio entrasse in competizione con l’altro, invece di muoversi sincronicamente. Il risultato di tutto ciò sarebbe un danno per l’organismo intero. Non a caso un organismo, una squadra sportiva, un esercito hanno sempre un cervello, un coach, un quartier generale a cui spetta l’onere e l’onore di coordinare il tutto per il bene collettivo. Ecco, la o le figure di Studio a cui viene affidato il compito di dirigere e coordinare devono tener presente che la loro funzione non si ferma agli aspetti puramente “tecnici”, ma comprende anche gli aspetti che possiamo qui definire di coaching e di leadership interna allo Studio per mantenere la coesione, la motivazione, l’orientamento e la sincronia tra gli elementi del gruppo con gli occhi fissi sull’obiettivo comune.

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