19 Dicembre 2019

Codice della crisi e dell’insolvenza e nuovi assetti organizzativi, amministrativi e contabili

MATTEO GRASSI

Immagine dell'articolo: <span>Codice della crisi e dell’insolvenza e nuovi assetti organizzativi, amministrativi e contabili </span>

Abstract

Il nuovo Codice della crisi e dell’insolvenza (D.Lgs. 14/2019, “CCI”), nel ridisciplinare la legge fallimentare, è intervenuto anche sulle disposizioni civilistiche in materia di gestione di impresa. Nel quadro delle norme già in vigore (precisamente dal 16 marzo u.s.), il nuovo art. 2086 c.c. pone a carico dell’imprenditore l’obbligo di dotarsi di assetti organizzativi, amministrativi e contabili adeguati alla natura e alle dimensioni dell'impresa, anche, ma non solo, in funzione di rilevazione della crisi.

***

Ad anticipare il concetto di adeguatezza della struttura organizzativa ci aveva già pensato il T.U.F. dalla prospettiva dei doveri di vigilanza del collegio sindacale di società quotate. Di lì a breve, la riforma del diritto societario del 2003 ne aveva esplicitato il perimetro in ambito di S.p.A., riferendosi, anche nella terminologia adottata, specificamente all’assetto organizzativo, amministrativo e contabile.

Con il CCI culmina oggi un iter giuridico che, attraverso l’evoluzione della legislazione in materia di società azionarie, passando per la normativa sulla responsabilità degli enti amministrativi (D.Lgs. 231/2001) e le discipline di settore (bancario e assicurativo e delle società a partecipazione pubblica), ha gradualmente consacrato il principio dell’adeguatezza degli assetti organizzativi quale paradigma di corretta gestione comune a ogni impresa.

E, infatti, il nuovo art. 2086 c.c. si applica, senza distinzioni, a qualunque imprenditore che operi in forma societaria o collettiva, rientrando adesso nel novero delle realtà coinvolte persino le più semplici, tra cui quelle non commerciali, le piccole imprese e le agricole, finanche gli enti del terzo settore.

 

Come si traduce in pratica questo obbligo?

L’adeguamento alla norma presuppone, in concreto, l’istituzione di una struttura organizzativa di complessità proporzionale alle dimensioni e alle caratteristiche dell’impresa mediante la definizione di un insieme coordinato di strumenti, processi e procedure gestionali.

Un’organizzazione della gestione di impresa, o per meglio dire, un sistema di governance così strutturato si traduce, in pratica, in un funzionale “pannello di controllo” che, ove adeguatamente concepito, implementato e monitorato, consentirà agli amministratori di guidare efficientemente l’azienda, nell’integrale rispetto delle leggi e nel pieno e consapevole esercizio della funzione gestoria loro esclusivamente demandata. Ciò, anche al fine di poter prevenire o quantomeno rilevare anticipatamente i sintomi della crisi per potere, se necessario, reagire tempestivamente ad essa.

Sia chiaro: l’obbligo di istituire un adeguato assetto organizzativo, amministrativo e contabile non ha come esclusiva finalità quella di intercettare i segni premonitori della crisi o, peggio ancora, dell’insolvenza. Piuttosto, si pone l’obiettivo di fornire all’amministratore un parametro di condotta universale radicato sulla diligenza professionale richiesta dalla natura dell’incarico affidatogli.

 

Come misurare in concreto l’adeguatezza degli assetti?

Con il CCI viene categoricamente affermato il principio di esclusività della gestione in capo agli amministratori. È su di essi che ricade, quindi, l’obbligo di istituire e monitorare gli assetti, valutandone nel tempo la relativa adeguatezza.

Sotto il profilo organizzativo, questa si misura assicurando che l’attività decisionale e direttiva sia attribuita ed effettivamente esercitata a un appropriato livello di competenza e responsabilità. Sul piano amministrativo, l’adeguatezza richiede invece che la programmazione dell’operatività aziendale si basi su “processi”, a loro volta, declinati in “procedure” capaci di garantire l’ordinato svolgimento delle attività imprenditoriali. Infine, a livello contabile, si basa sull’attivazione di strumenti e flussi informativi per potere monitorare costantemente i fatti di gestione.

Il grado di complessità degli assetti, e il giudizio di adeguatezza che ne conseguirà, sarà evidentemente “su misura”, ovvero tarato sulla tipologia di impresa in concreto in ragione di vari fattori, tra cui, ad esempio, le dimensioni, il business, il giro di affari, il numero di dipendenti.

 

Le similitudini con il Modello Organizzativo ex D.Lgs. 231/2001

La sua parametrazione alle caratteristiche intrinseche e al livello di articolazione dell’impresa, la previsione di programmi di monitoraggio e flussi informativi, l’approccio risk based sono solo alcuni degli elementi che accomunano, anche da un punto di vista metodologico, l’assetto organizzativo, amministrativo e contabile al Modello Organizzativo ex D.Lgs. 231/2001.

L’implementazione degli assetti, così come la redazione dei modelli, richiede, infatti, una preliminare ricognizione delle normative applicabili all’impresa, la valutazione di rischi potenziali e residui per il tipo di attività svolta e in ragione dei presidi eventualmente adottati ed infine l’individuazione delle funzioni e dei soggetti responsabili.

A tale assessment segue la fase, per così dire, “creativa” di costruzione degli assetti, di cui parte integrante ed essenziale sarà la definizione di un sistema di reporting tra i responsabili di funzioni e l’organo gestorio e la descrizione di un meccanismo di monitoraggio attraverso strumenti di dialogo tra amministratori e organi di controllo.

 

Quali i benefici derivanti dall’adeguamento al CCI?

Con il CCI si compie un passo importante verso l’evoluzione nella governance anche delle piccole e medie imprese e nel processo di responsabilizzazione dell’organo gestorio (e di controllo).

Il legislatore lascia però l’ultima parola all’imprenditore, senza prevedere, proprio come accade per la 231, un sistema sanzionatorio applicabile in caso di mancata implementazione dello strumento proposto. Sarà l’organo gestorio a decidere se adeguarsi o meno all’obbligo, assumendosi il rischio - e la responsabilità - di esporsi “senza cintura di sicurezza” alle turbolenze che potrebbero comunque sopraggiungere, improvvisamente, anche per le aziende più floride.

Al contrario, grazie all’implementazione degli “assetti”, gli amministratori potranno governare l’impresa in maniera efficiente, disponendo degli strumenti necessari a rilevare potenziali indici di crisi e garantire, attraverso un controllo capillare dell’andamento societario, la continuità aziendale.

 

Altri Talks