19 Marzo 2018

Infiltrazioni mafiose e misure a contrasto di patrimoni illeciti: l’anticipata tutela delle aziende

FRANCESCO RUBINO

Immagine dell'articolo: <span>Infiltrazioni mafiose e misure a contrasto di patrimoni illeciti: l’anticipata tutela delle aziende</span>

Abstract

L’Autorità Giudiziaria applica misure afflittive anche nei confronti delle imprese stesse, sebbene spesso inconsapevoli del carattere mafioso del loro interlocutore.

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Strumenti a contrasto delle infiltrazioni mafiose nell’economia: rischi per l’azienda

Come è noto, il Legislatore ha predisposto una pluralità di strumenti finalizzati a contrastare le infiltrazioni mafiose nel tessuto economico ed industriale del Paese. Data l’estesa e spesso indistinta applicazione di tali meccanismi afflittivi, accade che essi colpiscano imprese ignare – fino a quel momento – di avere (o anche solo di presentare il rischio di) collegamenti con soggetti riconducibili al mondo mafioso.

Infatti, anche un legittimo rapporto contrattuale o di prestazione d’opera, se intrattenuto con soggetti legati al mondo mafioso, può essere qualificato come indebita (seppure inconsapevole) agevolazione di un’attività criminale.

Ciò espone l’impresa all’eventuale applicazione di misure da parte dell’Autorità Giudiziaria quali il “controllo giudiziario” di recente introduzione (art. 34-bis cod. antimafia) o, perfino, l’“amministrazione giudiziaria” (art. 34 cod. antimafia). Tali strumenti impongono al management di tollerare forme di intrusione – più o meno estese – nel business sociale da parte di un Amministratore nominato dall’Autorità Giudiziaria che, di per sé, conducono l’impresa in un periodo di incertezza finanziaria, di difficoltà operativa e pericolosità reputazionale alle quali è molto complesso far fronte.

Al fine di prevenire o neutralizzare l’applicazione di tali strumenti, è necessario che l’impresa adotti procedure finalizzate all’accertamento preventivo delle persone fisiche o giuridiche (partner commerciali o finanziari, consulenti, fornitori, subappaltatori ecc…) che sono intenzionati ad entrare in rapporto economico-giuridico con l’impresa stessa. Oltre ai meccanismi di due diligence reputazionale normalmente utilizzati, uno strumento idoneo a consentire una tale verifica preventiva è rappresentato dal Protocollo di Legalità.

L’integrazione del Modello organizzativo ex D.lgs. 231/01 attraverso l’adesione al Protocollo di Legalità

Opportuna premessa a quanto si andrà ad esporre consiste nel sottolineare che la predisposizione di un Modello organizzativo ex D.lgs. 231/01 costituisce il primo ed unico strumento volto a tutelare l’ente giuridico dalla configurabilità in capo a se stesso di una responsabilità amministrativa nel reato. Solo tramite tale strumento infatti può essere fornita la prova dell’insussistenza di una “colpa in organizzazione” dell’ente medesimo (condizione imprescindibile per l’affermazione della responsabilità delle persone giuridiche).

È opportuno affermare, altresì, che le misure e le procedure previste dal Protocollo di Legalità, che si andranno ad esporre, rappresentano una valida forma di integrazione ed implementazione del Modello organizzativo, per la parte relativa alla prevenzione dei reati di criminalità organizzata e per quelli affini.

Il 10 maggio 2010 il Ministero dell’Interno e Confindustria hanno sottoscritto il Protocollo di Legalità (“Protocollo”) finalizzato a rafforzare le azioni di prevenzione e contrasto delle infiltrazioni criminali nel settore dei contratti di lavori, servizi e forniture sia pubblici che privati. Tale collaborazione si caratterizza per la scelta innovativa di estendere le cautele antimafia, nella forma più incisiva delle comunicazioni al Prefetto (comunicazione antimafia e informazione antimafia), ai contratti sottoscritti tra privati.

Attraverso questo meccanismo - espressione di una best practice in termini di trasparenza e di legalità - l’impresa si impegna al rispetto di una serie di obblighi, primo fra tutti quello di sottoporsi all’accertamento antimafia. Si tratta di una verifica che deve essere compiuta preliminarmente all’inserimento dell’impresa nell’alveo dei soggetti aderenti al Protocollo, il quale conferisce all’impresa, oltre a una qualificazione etica, anche il vantaggio della semplificazione delle procedure di rilascio della documentazione antimafia. L’iscrizione negli elenchi prefettizi è infatti equipollente al rilascio dell’informazione antimafia liberatoria per lo svolgimento delle attività per cui essa è conseguita.

Ulteriore obbligo sussistente in capo all’impresa intenzionata ad aderire al Protocollo di legalità consiste nell’osservanza di specifici impegni finalizzati all’adeguata qualificazione e selezione dei partner commerciali con i quali ci si appresta a stipulare un contratto. In particolare, l’impresa è tenuta ad acquisire tutti i dati concernenti le proprie imprese fornitrici, appaltatrici e subappaltatrici, organizzarli in una banca dati da tenere costantemente aggiornata – c.d. vendor’s list – e comunicarli all’Associazione di categoria affinché li condivida con la Prefettura, la quale svolgerà le opportune verifiche antimafia anche con l’ausilio di strumenti di accertamento informatico non disponibili ai soggetti privati.

Ai fini dell’iscrizione dell’impresa al Protocollo, infatti, la Prefettura procede in un primo momento alla verifica della regolarità e correttezza dell’impresa richiedente, la quale consiste nell’accertare l’insussistenza o meno delle causa di esclusione dettate dall’art. 67 d.lgs. 159/2011 ossia i) provvedimenti definitivi di applicazione delle misure di prevenzione di cui all’art. 5 d.lgs. 159/2011; ii) condanne con sentenza definitiva o confermata in appello per taluno dei delitti consumati o tentati elencati all’art. 51 co. 3 bis c.p.p. Tale prima fase termina con il rilascio della c.d. comunicazione antimafia. Contestualmente a ciò, la Prefettura procede ad avviare le verifiche finalizzate al rilascio dell’informazione antimafia al fine di completare lo scrutinio antimafia che, in caso negativo, determina la cancellazione dell’iscrizione provvisoria dell’impresa nell’elenco di quelle aderenti al Protocollo.

In un secondo momento, la Prefettura esegue le medesime verifiche antimafia descritte nei confronti dei fornitori dell’impresa proposti per l’iscrizione nelle vendor’s list, procedendo al rilascio della comunicazione ovvero dell’informazione a seconda del valore della prestazione resa dal fornitore.

In conclusione, dato il labile quadro indiziario sul quale poggia – talvolta – l’applicazione degli strumenti a contrasto di patrimoni illeciti, risulta quanto mai impellente per un’impresa che voglia evitare anche solo il rischio di vedersi applicare delle misure di tale tipo, mantenere un alto profilo di trasparenza e legalità, sia sotto il profilo interno che esterno, concernente relazioni economico-commerciali con altre imprese.

Date le peculiari caratteristiche della procedura di adesione al Protocollo, subordinata – come detto – a una preventiva verifica antimafia, effettuata sia sull’impresa richiedente che sulle altre imprese che fanno parte della vendor’s list, pare potersi affermare che questo istituto, se inserito nel contesto di un assetto di gestione, organizzazione e controllo adeguatamente già predisposto tramite un Modello organizzativo ex d.lgs. 231/01, rappresenta senza dubbio un efficace strumento volto a prevenire il pericolo di infiltrazioni mafiose nel tessuto della propria azienda.

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