06 Luglio 2022

Mobbing sul lavoro: per la cassazione occorre la prova di un disegno persecutorio

ATTILIO MARTINIELLO

Immagine dell'articolo: <span>Mobbing sul lavoro: per la cassazione occorre la prova di un disegno persecutorio</span>

Abstract

Il provvedimento in commento (Corte di Cassazione, ordinanza n. 17974 del 3 giugno 2022) affronta la vexata quaestio del demansionamento sfociante in mobbing.

Una pronuncia che, ictu oculi, sembrerebbe offrire definitive risposte ai numerosi interrogativi che hanno avuto sede nelle aule giudiziarie.

In particolare, nel rigettare il ricorso proposto da una lavoratrice e nel confermare l’esito del giudizio di secondo grado, la Cassazione statuisce che l'esistenza di una dequalificazione nonché di plurime condotte datoriali illegittime non è sufficiente perché possa dirsi perfezionata una condotta datoriale di mobbing.

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SOMMARIO:

  • Dequalificazione e mobbing: il quid pluris necessario
  • Lavoratrice demansionata? Integra mobbing solo se c'è volontà persecutoria
  • Risarcimento danni e mobbing? Respinta la domanda della lavoratrice

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La Corte di Cassazione (con ordinanza n. 17974 del 3 giugno 2022) torna a definire il fenomeno del mobbing.

Nel dettaglio, la vicenda de qua riguarda la richiesta di risarcimento avanzata da una lavoratrice che aveva asserito di aver subito una dequalificazione professionale, oltre ad una serie di difficoltà nei rapporti lavorativi tali da sfociare in un illecito penale: la fattispecie di mobbing.

Sebbene la Corte di Appello avesse considerato non sussistenti o non emarginanti gli elementi emersi dal materiale istruttorio, richiamando l'opinio iuris dei Giudici di Piazza Cavour, appare doveroso fare chiarezza sulla connessione tra le nozioni di “dequalificazione del dipendente” e “mobbing”.

 

Dequalificazione e mobbing: il quid pluris necessario

Pur in assenza di una specifica definizione legislativa, opinione granitica in giurisprudenza ritiene che, ai fini della configurabilità di una condotta datoriale mobbizzante, l'accertata esistenza di una dequalificazione (o di plurime condotte datoriali illegittime) non rappresenta condizione sufficiente, essendo necessario a tal scopo che il lavoratore alleghi e provi, con ulteriori e concreti elementi, che i comportamenti datoriali costituiscono il frutto di un disegno persecutorio unificante, preordinato alla prevaricazione (cfr. Cass. n. 26684 del 2017; analogamente Cass. n. 28120 del 2021, Cass. n. 10992 del 2020, Cass. n. 12347 del 2018).

Sulla stessa scia, in tempi recentissimi, la Cassazione sembra aver scolpito definitivamente il principio in forza del quale la semplice dequalificazione non costituisce di per sé mobbing, in quanto difetta di un quid pluris: in sostanza, si richiede una pluralità di azioni persecutorie, tutte unificate dall'unico intento di emarginare il lavoratore. Infatti, è proprio l’elemento psicologico dell’intento persecutorio a segnare la distinzione tra le ipotesi di mera dequalificazione e quelle di mobbing. Da ciò si deduce che, sul piano strutturale, la dequalificazione, costituendo soltanto il momento oggettivo dell’illecito datoriale, andrà poi corroborato, sul piano soggettivo, dalla voluntas datoriale persecutoria.

 

Lavoratrice demansionata? Integra mobbing solo se c'è volontà persecutoria

Nel caso oggetto d’esame si era in presenza di un semplice raffreddamento dei rapporti tra le parti: la Suprema Corte, confermando la valutazione della Corte d'Appello, ha precisato che, dal materiale istruttorio, non era emerso alcun intento datoriale persecutorio né una situazione di forzata inoperatività tale da sfociare in un'emarginazione lavorativa determinata da comportamenti datoriali. Vi è di più: i giudici hanno ritenuto assente l’esistenza di un progetto criminis vessatorio.

Sul punto si precisa, infatti, che spetta al lavoratore allegare e provare, con elementi ulteriori e concreti, che i comportamenti del datore costituiscono il frutto di un medesimo disegno criminis persecutorio, preordinato alla prevaricazione del dipendente.

 

Risarcimento danni e mobbing? Respinta la domanda della lavoratrice

L’orientamento giurisprudenziale posto alla base della commentata sentenza esclude altrsì  l’accoglimento la richiesta di risarcimento della danno della ricorrente trattandosi unicamente di dissidi e screzi interpersonali tra i colleghi, non caratterizzati da volontà persecutoria e, come tali, non idonei a rientrare nell’ipotesi delittuosa di mobbing.

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