20 Maggio 2019

Le modifiche al diritto societario apportate dal nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza

EUGENIO BISSOCOLI

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Abstract

Il Codice della Crisi di Impresa e dell’Insolvenza (“CCI”) (D. Lgs. 12 gennaio 2019 n. 14, pubblicato in GU il 14 febbraio 2019) contiene una riforma integrale del diritto fallimentare, la cui entrata in vigore è prevista nell’agosto 2020. Peraltro, alcune rilevanti modifiche al codice civile in materia di diritto societario sono già entrate in vigore il 16 marzo scorso, tra cui si segnalano le seguenti.

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L’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile dell’impresa

L’art. 375 CCI ha novellato l’art. 2086 c.c., ora rubricato “Gestione dell’impresa”, sancisce che “L'imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell'impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l'adozione e l'attuazione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale” (sottolineatura aggiunta, n.d.r.).

Tale disposizione è tratta da un principio già presente in materia di S.p.A., secondo cui l’organo amministrativo deve valutare l’adeguatezza dell’assetto organizzativo amministrativo e contabile dell’impresa e l’organo delegato ne deve curare l’adeguatezza (cfr. art. 2381, terzo e quinto comma, c.c.).  Con la riforma, tali doveri vengono estesi a tutti le società (incluse le società di persone) e viene specificato l’obbligo dell’organo amministrativo (già implicito) di attivarsi per la rilevazione tempestiva della crisi e l’adozione degli strumenti previsti dall’ordinamento per il suo superamento.

Le novità in materia di gestione dell’impresa

L’art. 377 CCI ha modificato gli artt. 2257 c.c. (in materia di società di persone), gli artt. 2380-bis e 2409-novies c.c. (in materia di S.p.A.) e l’art. 2475 c.c. (in materia di S.r.l.) prevedendo che, in tutti i tipi societari, “la gestione dell’impresa si svolge nel rispetto della disposizione di cui all’art. 2086, secondo comma, e spetta esclusivamente agli amministratori, i quali compiono le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale” (sottolineatura aggiunta, n.d.r.).

L’attribuzione della competenza gestionale esclusivamente agli amministratori comporta, in particolare, notevoli problemi di coordinamento con la vigente disciplina in materia di società di persone e S.r.l. In tali società, infatti, i soci partecipano alla gestione insieme agli amministratori: nelle società di persone i soci decidono a maggioranza in caso di disaccordo tra gli amministratori nella gestione e approvano la proposta di concordato o di accordo di ristrutturazione dei debiti. Nelle S.r.l., invece, i soci decidono sugli atti di gestione sottoposti alla loro approvazione ai sensi dell’atto costitutivo o per volontà degli amministratori o dei soci che rappresentano almeno 1/3 del capitale sociale. Un intervento correttivo del legislatore sarebbe quindi auspicabile.

L’estensione dei casi di nomina obbligatoria dell’organo di controllo nelle S.r.l.

L’art. 379 CCI ha modificato l’art. 2477 c.c. prevedendo in capo alle S.r.l. l’obbligo di nominare un organo di controllo o revisore - oltre che nei casi previsti dal vecchio art. 2477, c. 2, lett. a) e b) (società obbligata redazione del bilancio consolidato o che controlla una società obbligata alla revisione legale dei conti - nel caso in cui la stessa abbia “superato per due esercizi consecutivi almeno uno dei seguenti limiti: 1) totale dell’attivo dello stato patrimoniale: 2 milioni di euro; 2) ricavi delle vendite e delle prestazioni: 2 milioni di euro; 3) dipendenti occupati in media durante l’esercizio: 10 unità”.

Tale modifica estende notevolmente l’obbligo di nomina dell’organo di controllo o di un revisore a un numero significativo di società per consentire la prevenzione e la rilevazione tempestiva, da parte di quest’ultimo, dello stato di crisi e/o di insolvenza. Le società a responsabilità limitata e le società cooperative costituite anteriormente alla data del 16 marzo 2019 dovranno provvedere a nominare gli organi di controllo o il revisore e, se necessario, ad uniformare l’atto costitutivo e lo statuto entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della norma (16 dicembre 2019). Tuttavia, a stretto rigore, l’obbligo di nomina sarebbe oggi già in vigore per le società che in statuto si limitano a richiamare le “norme di legge vigenti” (senza quindi aver ritrascritto i requisiti previsti dal vecchio art. 2477 c.c.).

Infine, l’art. 239 CCI estende l’applicabilità del controllo giudiziario sulla gestione da parte del Tribunale (art. 2409 c.c.) alle S.r.l. e ciò anche nel caso in cui tale società sia priva di organo di controllo (art. 2477, quinto e sesto comma, c.c.).

La responsabilità degli amministratori di S.r.l. verso i creditori sociali e la determinazione del danno con il criterio della differenza dei netti patrimoniali

L’art. 378 CCI ha poi modificato l’art. 2476 c.c., rubricato “Responsabilità degli amministratori”, sancendo espressamente la responsabilità degli amministratori di S.r.l. con riferimento agli obblighi di conservazione del patrimonio sociale nei confronti dei creditori quando il patrimonio della società risulti insufficiente a soddisfare i loro crediti. In precedenza, tale responsabilità era riconosciuta solo in via giurisprudenziale sulla base di un’interpretazione analogica dell’art. 2394 c.c. che riconosce la responsabilità degli amministratori di S.p.A. verso i creditori sociali.

L’art. 378 CCI ha, infine, modificato l’art. 2486 c.c. prevedendo che:

(a)     nel caso di responsabilità degli amministratori per violazione del dovere di gestione conservativa del patrimonio, fatta salva la prova di un danno di diverso ammontare, “il danno risarcibile si presume pari alla differenza tra il patrimonio netto alla data in cui l’amministratore è cessato dalla carica o, in caso di apertura di una procedura concorsuale, alla data di apertura di tale procedura e il patrimonio netto determinato alla data in cui si è verificata una causa di scioglimento di cui all’art. 2484, detratti i costi sostenuti e da sostenere, secondo un criterio di normalità, dopo il verificarsi della causa di scioglimento e fino al compimento della liquidazione”;

(b)    nel caso in cui, invece, sia stata aperta una procedura concorsuale e manchino le scritture contabili o se, a causa dell'irregolarità delle stesse o per altre ragioni, i netti patrimoniali non possano essere determinati, “il danno è liquidato in misura pari alla differenza tra attivo e passivo accertati nella procedura”.

La modifica sub (a) recepisce normativamente il criterio c.d. “della differenza dei netti patrimoniali”, di elaborazione giurisprudenziale, finalizzato ad ovviare alle situazioni (nella pratica assai frequenti) in cui la prova del danno derivante dallo specifico atto di mala gestio contestato all’amministratore risultava particolarmente ardua sotto il profilo del nesso causale e della quantificazione. La modifica sub (b) invece, è finalizzata ad ovviare alle difficoltà dei curatori nell’esperire azioni di responsabilità nei confronti degli organi di controllo dei società fallite prive di scritture contabili attendibili.

 

 

Sul tema della creazione delle misure d'allerta e dell'OCRI previste dal Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza, proponiamo il video dello stesso autore qui.

 

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