14 Novembre 2020

Il Regolamento di funzionamento interno dell’Organismo di Vigilanza

LUCA DI STEFANO

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Abstract

Il Regolamento di funzionamento interno dell’Organismo di Vigilanza rappresenta lo strumento attraverso il quale l’O.d.V. organizza le proprie attività di vigilanza e di controllo durante il mandato assegnato dall’Ente.

Stante il suo carattere prioritario, è (o, meglio, dovrebbe essere) il primo documento che l’Organismo predispone (o semplicemente adatta, se già esistente) all’atto del suo insediamento.

L’efficacia del Regolamento non è subordinata né all’adozione né all’approvazione da parte dell’organo sociale gestorio, al quale deve essere esclusivamente comunicato,  (si confrontino sul tema le Linee Guida per la costruzione dei modelli di organizzazione, gestione e controllo ex D.Lgs. n. 231/2001 di Confindustria, 2014), trattandosi di atto tipico dell’O.d.V. nonché declinazione pratica del principio di indipendenza dell’Organismo.

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Introduzione

L’Organismo di Vigilanza deve dotarsi di un proprio Regolamento che stabilisca i criteri di funzionamento, le cadenze temporali dei controlli e le attività da svolgere, così attuandosi lo scopo e l’ambito di applicazione per i quali è stata disposta l’istituzione dell’O.d.V..

Come sostenuto da autorevole Dottrina, nel Regolamento non devono essere inserite previsioni che trovino già adeguata collocazione nel Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo -nella apposita sezione dedicata all’O.d.V.- della società [quali, ad esempio, -A- i requisiti indispensabili dell’O.d.V., (i) l’autonomia e l’indipendenza; (ii) la professionalità; (iii) la continuità d’azione e (iv) l’onorabilità; -B- la composizione; -C- la durata dell’incarico; -D- l’attribuzione di un budget).

 

La “rappresentanza” dell’Organismo di Vigilanza. Il Segretario

Preliminarmente si chiarisce che il Regolamento di funzionamento interno dell’O.d.V. deve essere predisposto ed adottato sia che ci si trovi in presenza di Organismo monocratico, sia – ancor più comprensibilmente – in una veste collegiale.

La diversa composizione, infatti, non esclude l’assoluta necessità che l’Organismo preveda una sua “auto-regolamentazione” (non esistendo una disciplina legale che determini come l’O.d.V. deve esercitare le proprie attività), anche in punto “rappresentanza” verso la società, gli organi sociali ed i terzi.

Questo aspetto, mentre risulta di immediata soluzione allorquando l’Organismo è unipersonale, innesca invece apposite ed appropriate prescrizioni laddove interessi organismi plurisoggettivi, in particolare riguardanti la Presidenza[1], la sostituzione di un componente, la rinuncia all’incarico e le deleghe interne.

Tali considerazioni valgono pure in ordine alla nomina di un Segretario (c.d. “Segreteria Tecnica”) dell’O.d.V., per le attività di convocazione (qualora alle riunioni sia prevista la partecipazione di soggetti diversi dai componenti), di verbalizzazione delle riunioni e di archiviazione, quale che sia appunto la composizione dell’Organismo.

 

Riunioni e decisioni dell’O.d.V.

Il Regolamento deve prevedere il numero o la frequenza delle riunioni[2], le modalità ed i tempi di convocazione delle stesse, nonché la relativa verbalizzazione (e, possibilmente, la vidimazione) e successiva conservazione in archivio (sia cartaceo che digitale).

Altrettanto nel documento deve indicarsi l’attività decisoria dell’O.d.V., eventualmente anche con specifiche previsioni a garanzia delle manifestazioni di voto dissenzienti, con la conseguente assunzione di deliberazioni dell’Organismo.

Da ultimo, il Regolamento dovrà indicare come “gestire” l’eventualità in cui uno o più componenti dell’O.d.V. versino in un conflitto d’interessi (attuale o potenziale) rispetto alla funzione rivestita[3], ipotesi non poco frequente laddove il componente interessato sia, al tempo stesso, un soggetto al quale la società ha pure attribuito ulteriori incarichi [tali da incidere sulla sua autonomia o indipendenza, perché (ad esempio) di natura operativa].

L’adempimento corretto e tempestivo di tali previsioni fornisce, da un lato, la prova dell’effettività della vigilanza e dei controlli svolti; dall’altro lato, il rispetto dei principi cardine di tracciabilità e di riservatezza ai quali deve sempre orientarsi l’O.d.V., il tutto con positive ricadute sotto il profilo del giudizio di adeguatezza dell’assetto organizzativo.

 

Piano delle Attività e Linee di Reporting

Il Regolamento potrà, altresì, prevedere il contenuto, la tipologia e le tempistiche del programma delle attività di verifica da parte dell’Organismo di Vigilanza, in funzione delle aree maggiormente a rischio, in termini sia (i) di gravità che (ii) di frequenza di verificazione dei singoli reati presupposto presi in considerazione (laddove il M.O.G.C. potrà genericamente richiedere “verifiche periodiche” dell’O.d.V., ex articolo 7, comma 4°, D.Lgs. n. 231/2001).

Nell’esecuzione del proprio piano delle attività, l’Organismo potrà avvalersi sia delle strutture della società sia di consulenti esterni, sicché appare opportuno che anche tali facoltà trovino adeguata disciplina nel Regolamento di funzionamento.

Così varrà per il budget (che dovrà essere stato necessariamente messo a disposizione dell’O.d.V. da parte della società), sul cui utilizzo il Regolamento dovrà individuare le ragioni che lo giustifichino e l’approvazione specifica da parte dell’Organismo.

Quanto alla attività di reporting agli organi sociali, il Regolamento – in estrema sintesi – disciplinerà le informative dell’O.d.V. riguardanti (i) lo stato di attuazione del M.O.G.C. e (ii) gli esiti della vigilanza.

 

Flussi informativi e segnalazioni (whistleblowing) verso l’O.d.V.

Benché il Modello 231/2001 societario debba prevedere flussi informativi verso l’Organismo (ai sensi dell’articolo 6, comma 2°, D.Lgs. n. 231/2001), è prassi assolutamente consolidata che l’O.d.V. specifichi nel proprio Regolamento di funzionamento interno la struttura e l’operatività degli stessi, anche soltanto richiamando apposite “check – list” che assicurino l’efficacia e l’effettività di tali obblighi di informazione in capo alla struttura della società.

Altresì per quanto riguarda il sistema delle segnalazioni di violazioni del M.O.G.C. e del Codice Etico ed ai sensi del c.d. “whistleblowing” è condivisibile la scelta organizzativa di integrare le previsioni contenute nel Modello con quelle, di natura prettamente funzionale ed operativa, del Regolamento dell’O.d.V..

Sia per i flussi informativi sia per le segnalazioni, il Regolamento deve pertanto prevedere i canali (anche alternativi) e le modalità attraverso le quali l’O.d.V. riceve e gestisce, con assoluta riservatezza, le informazioni pervenutegli.

 

Conclusioni

Le previsioni contenutistiche del Regolamento di funzionamento interno dell’Organismo di Vigilanza richiamate devono essere ispirate ai principi di trasparenza e di tracciabilità, nonché alla continuità d’azione ed all’indipendenza dell’O.d.V..

Un assetto organizzativo potrà, pertanto, giudicarsi adeguato laddove se ne provi l’effettività della vigilanza e l’efficacia dei controlli svolti, risultati che possono raggiungersi allorquando l’Organismo abbia prima di tutto adottato e quindi concretamente applicato un corretto ed idoneo Regolamento di funzionamento interno.

 

[1] Precisandosi che normalmente la società, all’atto del conferimento dell’incarico di componente dell’O.d.V., individua tra i soggetti prescelti anche quello deputato ad assumere la funzione di Presidente. Benché alcuni Autori non condividano che sia l’organo gestorio a nominare il Presidente dell’O.d.V., reputando che debbano essere gli stessi componenti a stabilire la carica, l’attribuzione di tale competenza al vertice aziendale appare invece legittima e conveniente, sia in ragione del rapporto negoziale che si instaura tra l’Ente e l’Organismo (che autorizza, quindi, la società a scegliere il professionista al quale affidare la rappresentanza dell’O.d.V.), sia per motivi di opportunità, atteso che i nominati componenti dell’O.d.V. potrebbero non raggiungere un accordo sulla scelta del Presidente, venendosi così a determinare una grave (quanto imbarazzante) situazione di stallo.

[2] Il Regolamento – nel contenere questa disposizione – non potrà prescindere dall’eventuale circostanza che il M.O.G.C. societario preveda, comunque, un numero minimo ovvero una determinata frequenza delle riunioni che l’Organismo è tenuto a svolgere nel corso del mandato.

[3] L’obiezione per cui tale fenomeno non è sussistente, in quanto non disciplinato espressamente da parte del D.Lgs. n. 231/2001, non appare condivisibile, dovendosi coniugare una visuale “strettamente” penalistica della presente normativa con la sua matrice societario – aziendalistica, il cui fulcro è l’idoneità di un corretto assetto organizzativo ad esimere l’Ente dalla responsabilità amministrativa da reato.

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