24 Ottobre 2018

Anche nella S.p.a. così come nelle S.r.l. i finanziamenti dei soci vengono rimborsati dopo la soddisfazione degli altri creditori

ANTONIO PAVAN

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Abstract

L’articolo 2467 del Codice Civile, relativo alla postergazione dei finanziamenti, si applica anche alle società per azioni, se i soci finanziatori della S.p.a. sono assimilabili, per entità o qualità partecipativa, ai soci delle S.r.l.

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La Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 16291 del 20.6.2018, ha confermato l’applicabilità dell’art. 2467 Cod. Civ. – relativo alla postergazione dei finanziamenti dei soci nelle s.r.l. - anche alle S.p.a.

L’art. 2467 del Cod. Civ., dettato in tema di S.r.l. e introdotto nel nostro sistema dalla riforma del diritto societario del 2003, dispone che il rimborso dei finanziamenti dei soci a favore della società sia postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori allorquando tali finanziamenti siano concessi in un momento in cui, anche in considerazione del tipo di attività esercitata dalla società, risulta un eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto oppure in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento.

Nel caso in esame, l’azionista di maggioranza e Presidente del c.d.a. di una S.p.a. aveva sottoscritto, nel 2010, un prestito obbligazionario non convertibile, garantito da ipoteca.

A seguito del fallimento della società, l’azionista proponeva domanda di insinuazione al passivo con prelazione ipotecaria.

La domanda veniva accolta dal Giudice delegato ma con collocazione postergata all’integrale pagamento degli altri creditori ai sensi dell’art. 2467 Cod. Civ.

Tale provvedimento veniva quindi impugnato avanti il Tribunale di Udine che accoglieva il ricorso, ammettendo l’azionista al passivo del fallimento per l’importo e con il rango richiesto, non ritenendo applicabile l’art. 2467 Cod. Civ.

La Curatela fallimentare proponeva ricorso per cassazione.

La Corte di Cassazione, sulla scia di un proprio precedente indirizzo interpretativo, accoglieva la proposta impugnazione, illustrando le condizioni per ritenere ammissibile l’applicazione dell’art. 2467 Cod. Civ. anche alle S.p.a. tenuto conto del vuoto normativo sul punto.

Secondo la Corte di Cassazione, tale disciplina deve essere applicata in via analogica alle S.p.a. nelle ipotesi in cui:

  1. l’organizzazione della società oggetto del finanziamento sia tale da consentire al socio finanziatore di ottenere informazioni paragonabili a quelle di cui potrebbe disporre il socio di una s.r.l. ai sensi dell’art. 2476 Cod. civ. (i.e. informazioni dalle quali sia possibile dedurre l’eccessivo indebitamento della società rispetto al patrimonio netto);
  2. si tratti di società o di ridotte dimensioni ovvero caratterizzata da un assetto dei rapporti sociali piuttosto ristretto (i.e. compagine familiare);

Addirittura la Corte di Cassazione considera quale elemento fondante una presunzione assoluta della conoscenza dell’eccessivo indebitamento della società, tale da legittimare l’operatività della postergazione, la condizione del socio che sia anche amministratore della S.p.a.

Infatti, sempre secondo la Suprema Corte, la ratio dell’art. 2467 Cod. Civ. è quella di “contrastare i fenomeni di sottocapitalizzazione nominale in società “chiuse”, determinati dalla convenienza dei soci a ridurre l’esposizione al rischio d’impresa, ponendo i capitali a disposizione dell’ente collettivo nella forma del finanziamento anziché in quella del conferimento”.

In sintesi, l’obiettivo della norma è quello di evitare che l’impresa, che necessiti di mezzi propri, venga finanziata, anziché mediante l’apporto di capitale di rischio, attraverso l’erogazione di strumenti di debito, determinando, di conseguenza, un pregiudizio nei confronti degli altri creditori sociali.

È evidente, infatti, che nelle ipotesi in cui vi sia un eccessivo indebitamento della società rispetto al patrimonio netto tale finanziamento non sarebbe stato ragionevolmente concesso da un finanziatore terzo estraneo e pertanto si presume che il finanziamento sia stato concesso solo ed esclusivamente in forza del rapporto sociale.

Tali conclusioni trovano conferma dal fatto che:

  1. l’art. 2497-quinquies Cod. Civ. richiama l’art. 2467 Cod. Civ. nei finanziamenti infragruppo senza alcuna distinzione tra i diversi tipo di società e non limitando, pertanto, l’applicazione di tale norma esclusivamente alle S.r.l.;
  2.  l’art. 182-quater, comma 3, della legge fallimentare, ancora una volta, non fa alcuna distinzione tra i tipi societari, con riferimento alla prededucibilità dei crediti nel concordato preventivo e nell’accordo di ristrutturazione.

Come anticipato, tale pronuncia conferma un precedente arresto della Sezione I della Corte di Cassazione secondo cui “Il problema dell’applicabilità dell’art. 2467 c.c., alle società per azioni non può dunque essere risolto con un riferimento ad astratti modelli di società. Occorre valutare in concreto la conformazione effettiva di ciascuna specifica compagine sociale, come dimostra del resto la disposizione dell’art. 2497 quinquies c.c., che esplicitamente estende l’applicabilità dell’art. 2467 c.c., ai finanziamenti effettuati in favore di qualsiasi tipo di società da parte di chi vi eserciti attività di direzione e coordinamento. Dall’art. 2497 quinquies c.c., si desume chiaramente in realtà che il riferimento al “tipo” di società non può essere di per sé ostativo all’applicazione della norma dettata dall’art. 2467 c.c., ma occorre appunto verificare in concreto se una determinata società esprima un assetto dei rapporti sociali idoneo a giustificarne l’applicazione” (Sez. I, Sentenza n. 14056 del 7 luglio 2015).

In altri chiari termini, l’art. 2467 Cod. Civ. si applica nell’ipotesi in cui tali finanziamenti vengano effettuati da chi eserciti, nei confronti della s.p.a., un’attività di direzione e coordinamento, ovvero abbia una posizione di influenza all’interno della S.p.a. “chiusa”, similare a quella dei soci finanziatori della S.r.l.

Per converso, l’art. 2467 non troverà applicazione laddove, in una S.p.a. a larga base di soci, il socio non partecipi direttamente alla governance della società.

Pertanto, il ricorso al finanziamento soci dovrà essere valutato e pianificato molto attentamente dalla compagine amministrativa, prestando attenzione a bilanciare l’interesse della società con quello dei creditori, soprattutto tenuto conto dell’orientamento, oramai consolidato, espresso dalla Corte di Cassazione sul tale tematica.

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