07 Ottobre 2019

Esami e concorsi: quale spazio per il controllo del giudice amministrativo

UMBERTO FANTIGROSSI

Immagine dell'articolo: <span>Esami e concorsi: quale spazio per il controllo del giudice amministrativo</span>

Abstract

 

1. La discrezionalità amministrativa ed il giudice amministrativo

2. Tre casi recenti

3. Nessuno spazio per l’insindacabilità

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1. Chi ha poca dimestichezza con la giustizia amministrativa spesso giudica negativamente le notizie di stampa che riportano casi di sentenze di Tribunali amministrativi regionali (TAR) o in grado d’appello del Consiglio di Stato che annullano gli esiti di un concorso o la bocciatura ad una prova d’esame o all’esito di un anno scolastico. Sembra predominante l’idea che le valutazioni delle commissioni esaminatrici rappresentino l’esercizio di una competenza esclusiva e quindi non sindacabile, nel merito, nell’ambito di un processo, pena la sostanziale “sostituzione” di coloro preposti alla valutazione da parte dei giudici, i quali non posseggono la competenza nelle varie discipline oggetto dell’esame o delle prove del concorso. Un esame più attento della questione consente però di arrivare non solo a giustificare pienamente questo tipo di decisioni, ma di apprezzarne il valore e l’importanza al fine di assicurare l’effettività della tutela giurisdizionale del diritto alla c.d. “buona amministrazione”, che non può trovare limitazioni in nessun ambito dell’agire amministrativo. Il tema non è certo nuovo. Già da tempo è tramontata l’equazione “discrezionalità tecnica - merito insindacabile” (C. di S., sez. IV, n. 601 del 1999) e il giudice amministrativo può ben svolgere il proprio sindacato giurisdizionale sugli apprezzamenti tecnici della p.a., non solo tramite un mero controllo formale ed estrinseco sull’iter logico seguito dall’Amministrazione, ma anche per mezzo di una verifica diretta sull’attendibilità delle operazione tecniche compiute sotto il profilo della loro correttezza (C.d.S., sez. VI, sent. n. 4960/2009). Per esempio, in un caso di mancata ammissione di un soggetto alla prova orale di un esame di abilitazione professionale, il Tar della Lombardia ha stabilito che se l’interesse legittimo è una dimensione del bene della vita che il privato cerca di ottenere o di difendere quando entra in contatto con l’amministrazione, non ci sono ragioni per non estendere l’analisi svolta in sede processuale agli errori di fatto commessi dall’amministrazione nell’attività valutativa che nega o comunque sacrifica questo bene (Tar Lomb., sede di Brescia, sez. II, sent. n. 1781/2012).

 

2. In tre casi recenti questa apertura al sindacato del giudice amministrativo sulle procedure valutative è stata ribadita ed ulteriormente sviluppata. Il TAR del Lazio con la sentenza n. 10429 depositata l’8 agosto scorso, ha accolto il ricorso di un partecipante al concorso per magistrato ordinario che aveva riportato la bocciatura con un giudizio negativo in una sola delle tre prove scritte, mentre nelle altre due l’esito era stato ampiamente positivo ed era mancata l’evidenziazione delle ragioni poste a sostegno dell’esito. Il concorrente aveva contestato la bocciatura producendo un parere pro veritate nel quale si sosteneva che anche l’elaborato giudicato negativamente rispondeva pienamente ai criteri fissati dalla Commissione e che quindi l’esito fosse del tutto illogico. Il passaggio chiave di questa decisione è quello nel quale si afferma che “…se il ricorrente ha saputo dimostrare nella redazione di due delle prove d’esame, per come riconosciuto dai collegi esaminatori, il possesso dei parametri di cui ai criteri predeterminati con il verbale 8/2018, cui la Commissione si è vincolata ai fini della correzione delle prove scritte, appare sorprendente, in assenza di alcun indice oggettivo cui ancorare le ragioni della ritenuta non idoneità, l’improvvisa assenza di quegli stessi parametri, riferibili alle capacità del candidato, come invece allo stesso attribuite con ampiezza dalla stessa Commissione”. “Pure convenendo per le ragioni sopra già illustrate con il costante e consolidato orientamento giurisprudenziale circa la piena sufficienza del mero giudizio di non idoneità ai fini della legittimità dello stesso, alla stregua, peraltro, di quanto è previsto con chiarezza dall’art. 1, comma 5, del d.lgs. n. 160/2006, tuttavia occorre che alla norma de qua sia data una interpretazione conforme ai principi di rango costituzionale, primo tra tutti, quello che garantisce a chiunque asserisca la lesione della propria posizione giuridica di poter esercitare il diritto di difesa nei confronti degli atti della pubblica amministrazione, ancorché caratterizzati, come nel caso di specie, da alto tasso di discrezionalità tecnica, utilizzando i rimedi a tal fine messi a disposizione dall’ordinamento”. “Nel caso in esame ritiene il Collegio che, a fronte del superamento di due delle tre prove in modo brillante, ponga seri dubbi la correttezza del giudizio assegnato nella terza prova, pure dovendo essere ragguagliata alla ricerca del possesso di quei requisiti che denotano nel candidato una solida preparazione giuridica unitamente a capacità di analisi e argomentative, di cui il ricorrente ha dato senz’altro prova e che, nell’ambito di una doverosa valutazione complessiva del medesimo, non consente di valutare se siano stati rispettati in pieno i criteri generali al cui rispetto è tenuta la stessa Commissione che li ha stabiliti”.  Il TAR ha quindi concluso che in questa particolare situazione la mancanza di un’adeguata motivazione e di una valutazione “complessiva” della preparazione del candidato e considerando anche quanto emerso dal contenuto della perizia, possa ritenersi fondata la censura di manifesta irragionevolezza della bocciatura.

Nel secondo caso il TAR della Lombardia, Sez. III, con la sentenza n. 1887 pubblicata il 19 agosto scorso, ha annullato l’esito negativo di un corso di dottorato di ricerca, pervenuto all’esito della discussione della tesi finale davanti alla Commissione esaminatrice. Anche in questa vicenda il sindacato del giudice amministrativo ha colpito l’assenza di una motivazione approfondita, ritenuta imprescindibile a fronte di precedenti giudizi positivi espressi sulla medesima tesi da parte del collegio dei docenti e dalla terna di valutatori esterni prevista dalla disciplina del corso di dottorato.

Il terzo caso è quello che ha riguardato l’esame orale per l’esercizio della professione di commercialista e sulla quale si è pronunciato il Consiglio di Stato, in sede di appello cautelare, disponendo la ripetizione della prova davanti ad una commissione in diversa composizione (C. di S., sez. VI, ordinanza n. 3161 pubblicata il 21 giugno 2019), essendo risultato che le domande rivolte al candidato non fossero completamente aderenti agli argomenti previsti dalla disciplina della prova.

 

3. Se si è convinti che lo Stato di diritto sia tale solo se tutti gli ambiti del potere amministrativo possano essere oggetto di un controllo giurisdizionale, come nel nostro ordinamento prevede l’art. 113 della Costituzione, non si può che salutare con soddisfazione che il giudice amministrativo non abbia più alcuna ritrosia a sindacare in modo attento anche gli ambiti della c.d. discrezionalità tecnica. Né ci si può più accontentare della formula della sindacabilità nei soli casi di decisione palesemente abnorme. Il giudice deve poter controllare del buon uso del potere discrezionale e la correttezza degli accertamenti di fatto, assicurando il rispetto di tutte le regole procedimentali e la coerenza del contenuto della decisione con le risultanze dell’istruttoria.

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