26 Marzo 2018

Impianti di Produzione di energia elettrica ed Enti locali: misure di compensazione

CHIARA PREVITERA

Immagine dell'articolo: <span>Impianti di Produzione di energia elettrica ed Enti locali: misure di compensazione</span>

Abstract

Il business plan di un impianto di produzione di energia elettrica, oltre alle normali voci relative all’investimento, dovrà necessariamente tenere conto di oneri che attengono ai rapporti con gli enti locali. In questo ambito, nonostante un quadro normativo tutto sommato chiaro, non è sempre facile per l’investitore trovare il giusto equilibrio, anche tenuto conto delle aspettative, non sempre necessariamente fondate come vedremo, delle controparti pubbliche.

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Il Legislatore ha già in passato riconosciuto in capo agli enti locali il diritto di pretendere dalle imprese ospitate misure di compensazione ambientale, a titolo di contribuzione per il mancato diverso utilizzo delle aree interessate e per poter eseguire interventi di riequilibrio ambientale. Mi riferisco a:

  • l’art. 3 della L. 55/2002, che prevede la facoltà della Regione di “promuovere accordi tra il proponente e gli enti locali interessati …. per l’individuazione di misure di compensazione e riequilibrio ambientale”;
  • l’art. 4, comma 4, del D.P.C.M. 27/12/1988 che, ai fini della redazione dello Studio di Impatto Ambientale, richiedeva genericamente di descrivere gli “interventi tesi a riequilibrare eventuali scompensi indotti sull’ambiente”;
  • l’allegato A dell’Accordo 5 settembre 2002 (Conferenza unificata Stato-Regioni e Stato-Città ed Autonomie Locali), dove si dava atto che: “le regioni e gli enti locali territorialmente interessati dalla localizzazione di nuovi impianti di produzione di energia elettrica … (omissis) possono, al fine di assicurare la sostenibilità ambientale e territoriale, accompagnare l’autorizzazione degli impianti alla contestuale conclusione di accordi con il proponente che individuino misure di compensazione e riequilibrio ambientale.

La genericità di tali previsioni, ha spinto il Legislatore a intervenire ulteriormente sul tema degli oneri di compensazione, con la L. 239/2004, di riordino del settore energetico, con cui ha posto un obbligo preciso, limiti temporali e quantitativi determinati e, infine, predefiniti enti locali destinatari (Comune e Provincia).

Così, la  L. 23.8.2004 n. 239 prevede che “I proprietari di nuovi impianti di produzione di energia elettrica di potenza termica non inferiore a 300 MW che sono autorizzati dopo la data di entrata in vigore della presente legge corrispondono alla regione sede degli impianti, a titolo di contributo compensativo per il mancato uso alternativo del territorio e per l'impatto logistico dei cantieri, un importo pari a 0,20 euro per ogni MWh di energia elettrica prodotta, limitatamente ai primi sette anni di esercizio degli impianti. La regione sede degli impianti provvede alla ripartizione del contributo compensativo tra i seguenti soggetti: a) il comune sede dell'impianto, per un importo non inferiore al 40 per cento del totale; b) i comuni contermini, in misura proporzionale per il 50 per cento all'estensione del confine e per il 50 per cento alla popolazione, per un importo non inferiore al 40 per cento del totale; c) la provincia che comprende il comune sede dell'impianto”; una precisa delimitazione degli importi contributivi (contributo, calcolato con riferimento all'incremento di potenza derivante dall'intervento, è ridotto alla metà) e di tempo (tre anni) viene prevista anche nei casi di “ripotenziamento dell’impianto”. La norma però non si limita a fissare l’entità delle misure compensative e il loro periodo di obbligatorietà, ma, come in passato, lascia liberi gli enti locali di stipulare accordi volontari con le imprese ospitate, specificando che “Il contributo non è dovuto in tutti i casi in cui vengono stipulati gli accordi di cui al comma 5 o risultino comunque già stipulati, prima della data di entrata in vigore della presente legge, accordi volontari relativi a misure di compensazione”.

Sebbene il Legislatore precisi la “facoltatività” degli accordi compensativi, lascia pur sempre il produttore in una situazione di incertezza e, spesso, i valori indicati dalla normativa, vengono usati dagli enti locali come condicio sine qua non dell’autorizzazione o come base di discussione di accordi volontari di ben diverse entità.

Ne è un esempio il caso del Comune di Aprilia, che ha impugnato l’autorizzazione alla costruzione ed esercizio di una centrale turbogas da situare nel suo territorio, per la mancata previsione di misure di carattere compensativo o di riequilibrio ambientale a carico del soggetto proponente, da introdurre mediante una pre - intesa.

Il T.A.R. del Lazio, III sez., con pronuncia n. 2121/2008, ha ritenuto tale censura infondata, argomentando: “Ed invero, anche a prescindere dalla dichiarata pendenza di trattative per addivenire ad un accordo compensativo, occorre sottolineare come l’art. 1, III comma, della legge n. 55/02 stabilisca che la Regione “può” promuovere accordi tra il proponente e gli enti locali interessati per l’individuazione di misure di compensazione e di riequilibrio ambientale.

La lettura congiunta delle norme richiamate, oltre a sottolineare il carattere “opzionale” di tali accordi, nel collocare l’obbligo di “contribuzione compensativa” in connessione con l’esercizio dell’impianto, evidenzia altresì che, “in ogni caso, lo stesso accordo compensativo non è in rapporto di presupposizione logica e diacronica con l’autorizzazione alla costruzione ed esercizio della centrale, e dunque la sua mancanza non si pone come fatto preclusivo dell’autorizzazione stessa”.

Chiarito il carattere “facoltativo” degli accordi compensativi, l’investitore può legittimamente negoziare con l’ente locale la previsione di specifici obblighi in capo a quest’ultimo in relazione alla destinazione dei contributi erogati al fine del riequilibrio ambientale e a beneficio della collettività locale; utile sarebbe la previsione di rendicontazioni periodiche a carico dell’ente e, perché no, un obbligo di restituzione nel caso di mancato rispetto da parte dell’ente dell’impegno di veicolazione.

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