17 Aprile 2024

Il principio di continuità della progettazione tra vecchia e nuova disciplina

FRANCESCA PETULLA'

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Abstract

Una criticabile pronuncia del Consiglio di stato ci offre lo spunto di riflessione su alcuni aspetti di novità del nuovo codice dei contratti in tema di progettazione.

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Il nuovo codice degli appalti è intervenuto sulla progettazione cercando di riportare a sistema tante piccole modifiche che nei decreti intervenuti collateralmente al precedente codice avevano qua e là introdotte piccole modifiche. In tal frangente, com’è noto, si è inserito anche il PNRR che ha dettato nuove disposizioni legate solo a quegli appalti, ma che sul versante progettazione costituiscono un banco di prova di semplificazione, si pensi al forte recupero della figura dell’appalto integrato.

L’operazione restyling fatta dal nuovo Codice per alcuni versi non è riuscita appieno ed ecco che la giurisprudenza sta fornendo indicazioni preziose per una miglior gestione dei procedimenti.

Sui temi si è espresso proprio il Consiglio di Stato sez. V con sentenza n. 3007 del 2 aprile 2024 in un caso che riguarda proprio la progettazione di un’opera finanziata con PNRR per la quale si è posto il problema di decidere se escludere dalla fara il progettista che aveva già elaborato un livello progettuale e quindi secondo i ricorrenti in chiara violazione dell’art. 24 comma 7 del precedente codice per l’indebito vantaggio competitivo all’interno di una gara per appalto integrato ai sensi dell’art. 48 del dl. 77/2021.

Ebbene, in tal contesto, i giudici non si pronunciano sulle questioni poste dai ricorrenti nello specifico ma cercano di dare una ricostruzione sistematica alla questione chiarendo innanzitutto la rilevanza di accedere ad una ricostruzione della progettazione in chiave unitaria valorizzando la continuità dei diversi livelli di progettazione nei lavori pubblici, per esigenze dovute a garantire continuità, celerità e coerenza del procedimento e al tempo stesso eliminare sul nascere questioni di conflitto di interesse. I giudici sottolineano dunque la rilevanza del principio di continuità rispetto l’ambito dei lavori pubblici e per farlo utilizzano i due codici, quello previgente, applicabile al caso di specie secondo il criterio ratione temporis, e quello attualmente vigente che seppur non applicabile viene utilizzato in via interpretativa in modo da rendere più esaustiva la loro decisione.

 

Affidamento dei livelli di progettazione e il conflitto di interesse

La pronuncia prende però le mosse proprio dal disposto dell’art. 24 co.7 D.lgs. 50/2016, norma certo non nuova, ma che si proponeva di assicurare l’indipendenza e imparzialità del progettista rispetto all’esecutore, “necessarie affinché il primo (progettista) possa svolgere nell’interesse della stazione appaltante la funzione di direzione dei lavori e di coordinatore della sicurezza nella fase dell’esecuzione dell’appalto.”.

Solo in tal ipotesi, il Collegio, confermando la giurisprudenza unanime, individua un’ipotesi di conflitto di interesse tale per cui le due fasi devono essere affidate a due operatori economici differenti.  Quando sussiste questa ipotesi di conflitto, la giurisprudenza ha chiarito che la stazione appaltante dovrà procedere all’esclusione dalla gara solo come extrema ratio, in virtù del principio di proporzionalità e della tassatività delle cause di esclusione. Per cui la stazione dovrà permettere alla concorrente di fornire la prova contraria, valutare poi i relativi allegati e solo, infine disporne l’esclusione o la revoca. Inoltre, il divieto potrà essere derogato, qualora il progettista dimostri che le conoscenze acquisite durante la fase della progettazione non incidono sulla concorrenza con gli altri operatori; “è almeno necessario che le stesse informazioni in possesso del progettista siano messe a disposizione di tutti gli altri candidati e offerenti, con la previsione di un termine per la ricezione delle loro offerte idoneo a consentire loro di elaborarle”.

 

Affidamento dei livelli di progettazione ad un unico progettista come chiave di svolta del conflitto di interesse

Le criticità dell’affidamento ad un unico soggetto come anche all’impresa delle diverse fasi di progettazione è tema noto e oltremodo spinoso. Tutto parte dalla famosa Legge Merloni che di fatto con un diktat vietava la commistione tra progettazione ed esecuzione e blindava la progettazione interna lasciando una remota possibilità di affidamento all’esterno ma comunque condizionata alla verifica di progettazione in via preliminare da parte di soggetti pubblici. Con diversi interventi il Legislatore ha cercato di riequilibrare la situazione consentendo gli affidamenti all’esterno.  Purtroppo si è via via registrata la prassi che ha voluto l’affidamento distinto dei diversi livelli progettuali affidati all’esterno, molte volte necessitata dalla circostanza che la disponibilità economica non consentiva l’affidamento unitario. Questi sono anche gli anni in cui si è visto proliferare la figura dell’accorso quadro utilizzato per gli affidamenti di progettazione, ipotesi che il primo codice dei contratti pubblici (de Lise) vietava.

In questo panorama si colloca l’art 23 co.12 del precedente codice il D.lgs. n. 50/2016, il quale prescrive che “le progettazioni definitiva ed esecutiva sono, preferibilmente, svolte dal medesimo soggetto, onde garantire omogeneità e coerenza al procedimento […] “. È inutile dire che come al solito nella linguistica giuridica l’avverbio “preferibilmente” ha creato perplessità in ordine alla propria obbligatorietà.

Sul punto, invece, come sottolineato nella sentenza, l’art. 41 co.8 lettera d) del dlgs. 36/2023 cambia formulazione e prescrive che“di regola, è redatto dallo stesso soggetto che ha predisposto il progetto di fattibilità tecnico-economica. Nel caso in cui motivate ragioni giustifichino l’affidamento disgiunto, il nuovo progettista accetta senza riserve l’attività progettuale svolta in precedenza.”

Al di là del tato terminologico, la questione rimane nel senso che l’affidamento congiunto spesso non è possibile perché la disponibilità finanziaria non è presente.

La questione però resta ferma per gli affidamenti degli incarichi di direttore dei lavori e coordinatore della sicurezza, perché mentre per la progettazione forse con la novella riusciremo a far affermare la prassi dell’affidamento congiunto per la direzione dei lavori e coordinatore della sicurezza questo non è così automatico.

Si tratterebbe di fare degli affidamenti tecnici integrali che però creano numerosi problemi soprattutto di definizione del budget a disposizione, perché come i tecnici ben sanno è solo a seguito della progettazione esecutiva che si può definire con certezza l’importo della direzione e del coordinamento.  A titolo esemplificativo si consideri che la questione è ben nota tanto che nel caso di appalto integrato all’art. 44 comma 2 si prescrive una motivazione che il RUP (Responsabile Unico di Progetto) deve rendere per la scelta di detta modalità esecutiva, in cui deve aver valutato anche l’aumento dei costi a seguito della progettazione.

 

Considerazioni conclusive

L’affermazione del principio di continuità della progettazione si rileva oltremodo importante perché è in grado di eliminare sul nascere tutte le questioni relative dei conflitti di interessi e incompatibilità che nelle distinte gare per l’affidamento dei due livelli di progettazione spesso si creano nella fase di verifica delle dichiarazioni rese ai sensi dell’art. 95 del citato codice.  Ma è al momento solo un’affermazione di principio che si deve sposare con le mille problematicità che vi sono quando si deve fare la programmazione di un’opera a partire dalla prima attività cioè la redazione del documento di fattibilità tecnica economica e il reperimento della disponibilità finanziaria.

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