22 Marzo 2019

Proprietario incolpevole: a quali condizioni sussiste l’obbligo di pagare la bonifica

ALESSANDRO KINIGER

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Abstract

Nell’opinione comune si ritiene che qualora il responsabile della contaminazione non sia individuabile, i costi delle attività di risanamento siano automaticamente sopportati dal proprietario dell’area, ancorché incolpevole dell’inquinamento. Esistono, in verità, specifiche condizioni che permettono al Comune di rivalersi legittimamente verso il soggetto non responsabile.

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Giurisprudenza

A fare data dalla sentenza della Corte di Giustizia 4 marzo 2015 (causa C-534/13), l’applicazione del principio del chi inquina paga non ha più risentito delle incertezze che avevano caratterizzato alcuni orientamenti interpretativi precedenti.

Che gli interventi di bonifica debbano essere realizzati dal soggetto responsabile, ovverosia da colui al quale sia imputabile, anche soggettivamente, la compromissione ambientale, costituisce oggi un dato pressoché inequivoco. Allo stesso modo, è pacificamente riconosciuta la mera facoltà del proprietario incolpevole, di attivarsi per risanare il proprio sito contaminato da terzi. Con la sentenza n. 502/2018 il Consiglio di Stato ha infatti chiarito che: 

«Quando un fenomeno di inquinamento non è ascrivibile alla sfera di azione del proprietario medesimo, va escluso il coinvolgimento coattivo del proprietario dell'area inquinata, nelle attività di rimozione, prevenzione e messa in sicurezza di emergenza: al più tale soggetto potrà essere chiamato, nel caso, a rispondere sul piano patrimoniale e a tale titolo potrà essere tenuto al rimborso delle spese relative agli interventi effettuati dall'autorità competente nel limite del valore di mercato del sito, determinato dopo l'esecuzione di tali interventi, secondo quanto desumibile dal contenuto dell'art. 253 del codice dell'ambiente.»

La sentenza è coerente con quanto disposto dall’art. 245 comma 2 del d.lg. 152/2006, a mente del quale:

«Fatti salvi gli obblighi del responsabile della potenziale contaminazione di cui all'articolo 242, il proprietario o il gestore dell'area che rilevi il superamento o il pericolo concreto e attuale del superamento della concentrazione soglia di contaminazione (CSC) deve darne comunicazione alla Regione, alla Provincia ed al Comune territorialmente competenti e attuare le misure di prevenzione secondo la procedura di cui all'articolo 242. […]. È comunque riconosciuta al proprietario o ad altro soggetto interessato la facoltà di intervenire in qualunque momento volontariamente per la realizzazione degli interventi dì bonifica necessari nell'ambito del sito in proprietà o disponibilità».

Nonostante il chiaro dato normativo, come interpretato dalla maggior parte dei giudici di Palazzo Spada, rispetto agli interventi da realizzarsi nell’immediatezza dell’evento potenzialmente in grado di contaminare un sito si registrano ancora orientamenti contrastanti, con particolare riferimento al rapporto tra misure di prevenzione e di messa in sicurezza d’emergenza (MISE): per il Consiglio di Stato, infatti, «ai sensi dell'art. 245, comma 2 del D.Lgs n.152 del 2006, la messa in sicurezza di un sito inquinato non ha di per sé natura sanzionatoria, ma consiste in una misura di prevenzione dei danni e rientra, pertanto, nel genus delle precauzioni, in una col principio di precauzione vero e proprio e col principio dell'azione preventiva, che gravano sul proprietario o detentore del sito da cui possano scaturire i danni all'ambiente e, non avendo finalità ripristinatoria, non presuppone l'accertamento del dolo o della colpa in capo al proprietario» (sent. n. 81/2019; così anche la sent. n. 1089/2017).

Quest’ultima, e ad avviso di chi scrive non corretta, sovrapposizione dei due istituti non è però il tema del presente contributo.

La responsabilità del proprietario incolpevole

Siamo soliti affermare che il proprietario incolpevole della contaminazione del proprio sito, in caso di mancata attivazione del responsabile, ha interesse a realizzare la bonifica in prima persona per non perdere la disponibilità dell’area. Siamo altresì soliti affermare questi principi con una perentorietà che all’orecchio del non esperto generano un’eccessiva quanto superficiale semplificazione. Quasi che, nell’inerzia del responsabile, il proprietario incolpevole sia chiamato a rispondere sempre, subito e comunque. Non è così. Occorre infatti siano soddisfatte due specifiche condizioni, oltre alla decisione del proprietario di non esercitare la facoltà allo stesso riconosciuta dall’art. 245 comma 2 ultimo periodo riportato.

Va innanzitutto ricordato che ai sensi dell’art. 250 del d.lg. 152/2006, nell’ipotesi di mancata individuazione del responsabile, o di mancata esecuzione degli interventi in esame da parte di quest’ultimo, e sempreché non provveda spontaneamente il proprietario incolpevole (o altri soggetti interessati), la bonifica deve essere eseguita dal comune territorialmente competente:

«Qualora i soggetti responsabili della contaminazione non provvedano direttamente agli adempimenti disposti dal presente titolo ovvero non siano individuabili e non provvedano né il proprietario del sito né altri soggetti interessati, le procedure e gli interventi di cui all'articolo 242 sono realizzati d'ufficio dal comune territorialmente competente […]». 

Perché il proprietario incolpevole sia chiamato a subire i costi della bonifica serve pertanto, come prima condizione, la realizzazione d’ufficio della bonifica da parte del Comune, circostanza questa piuttosto infrequente, anche in presenza di fondi regionali utili ad anticipare le somme per il risanamento. 

In secondo luogo, le spese sostenute per effettuare gli interventi di bonifica potranno essere recuperate dal Comune «solo previo motivato provvedimento il quale giustifichi, tra l'altro, l'impossibilità di accertare l'identità del soggetto responsabile ovvero quella di esercitare azioni di rivalsa nei confronti del medesimo soggetto ovvero la loro infruttuosità» (TAR Roma, Sez. I-quater, 11 dicembre 2018, n. 11974).

Il Comune deve quindi sempre ed imprescindibilmente avviare e concludere un procedimento amministrativo - nel rispetto delle previsioni della legge n. 241/1990 (comunicazione di avvio, istruttoria approfondita, pieno contraddittorio, congrua motivazione) – per verificare l’esistenza e la solvibilità del responsabile della contaminazione.

Un procedimento che deve pertanto essere coordinato con quello rimesso in capo alla Provincia ai sensi dell’art. 244, per il quale «la provincia, ricevuta la comunicazione di cui al comma 1, dopo aver svolto le opportune indagini volte ad identificare il responsabile dell'evento di superamento e sentito il comune, diffida con ordinanza motivata il responsabile della potenziale contaminazione a provvedere ai sensi del presente titolo».

Un procedimento, infine, che dovrà poi necessariamente considerare i principi che regolano la trasmissione della responsabilità ambientale. Tra questi, quello per cui, in caso di fusione per incorporazione di società, si ha «un fenomeno di successione a titolo universale per effetto del quale l'incorporante [subentra] in tutti gli obblighi (compreso quello di bonifica) connessi alla posizione di garanzia assunta ex lege dall'autore dell'inquinamento a causa della sua pregressa condotta» (Così, recentemente, il Consiglio di Stato, sent. n. 5814/2018). Senza dimenticare quello per il quale la responsabilità ambientale è soggetta alle regole di successione tra persone fisiche: «la responsabilità ambientale ricade pertanto in capo al soggetto che ha tenuto l’azione o l’omissione e si trasferisce iure successionis da questo ai suoi eredi» (Consiglio di Stato n. 765/2016).

Conclusione

Da quanto sopra consegue che il proprietario incolpevole potrà essere chiamato a rimborsare le somme spese per la bonifica d’ufficio solo qualora il procedimento comunale sia concluso con esito negativo rispetto alle azioni esercitabili verso il responsabile. A propria tutela, il Comune potrà esercitare l’azione di rivalsa (T.A.R. Puglia Lecce Sez. III Sent., 22/02/2017, n. 325) assistita, ai sensi dell’art. 253, da onere reale e privilegio speciale (T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, 13/06/2017, n. 1326). Il tutto, «nei limiti del valore dell'area bonificata».

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