27 Novembre 2018

Il beauty contest digitale. Vi racconto da dove nasce 4cLegal

ALESSANDRO RENNA

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Abstract

Negli anni mi è stato chiesto diverse volte come è nato 4cLegal. Più che raccontare una storia di ideali, resilienza e fortuna, può valere la pena di condividere alcuni dei ragionamenti più significativi che stanno alla base di quello che amiamo chiamare il Mercato Legale 4.0.

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4cLegal nasce da alcune esperienze che ho avuto la fortuna di osservare quando facevo l’avvocato. Eviterò riferimenti puntuali per opportune ragioni di riservatezza, ma posso dire che diversi furono i colleghi e i clienti che contribuirono alla nascita del nostro progetto, talvolta anche in modo involontario.

Alla fine del 2013:

  1. gli inviti a partecipare ai beauty contest erano frequenti e gli studi, nel riceverli, erano tutto sommato contenti. Certo avrebbero preferito un incarico diretto, ma il beauty contest era considerato, già allora, qualcosa di abbastanza “normale”. Una parte non irrilevante del fatturato di certi studi proveniva in effetti da incarichi acquisiti proprio a valle di procedure competitive;
  2. i motivi per cui le aziende ricorrevano al beauty contest non mi sembravano una semplice “moda”. Mi vennero indicati compliance con il modello 231/2001, individuazione del professionista oggettivamente migliore, controllo costi e diligenza nella selezione. Tutti motivi di valore strutturale e certamente condiviso;
  3. le inefficienze del processo di beauty contest nella sua versione tradizionale erano palesi. Mi rimase impresso vedere una direzione legale redigere un file excel per incolonnare i riscontri forniti dai diversi studi nelle loro offerte, totalmente diverse per struttura, livello di approfondimento e tipologia di proposte. Ore sprecate dalla direzione legale solo per poter essere nella posizione di comparare le diverse offerte ricevute. Francamente assurdo.

Questi elementi mi fecero pensare che una piattaforma digitale in grado di efficientare e semplificare il processo potesse essere una buona idea per le aziende -facilitate nel coinvolgere gli studi legali con un semplice click e nel confrontare le offerte grazie a un file “sinottico” autogenerato- ma anche per gli studi, interessati alle nuove opportunità offerte dalla dimensione digitale.

Più o meno sulla base di questi elementi mi confrontai con il partner di un importante Studio legale. “Non può funzionare, per lo meno in Italia”, fu la sentenza. Ne uscii abbastanza deluso ma cercai anche di capire le ragioni dello scetticismo. In effetti:

  1. i giuristi d’impresa avrebbero potuto ritenere il beauty contest, elevato a standard di mercato, come una limitazione della discrezionalità tipica nella scelta di un avvocato;
  2. parte dell’avvocatura avrebbe potuto ritenere il beauty contest, addirittura in versione digitale, come una minaccia al rapporto fiduciario tipico della relazione con il cliente;
  3. non risultavano progetti analoghi, il che non è sempre qualcosa di cui rallegrarsi… (il motivo poteva essere che -a seguito di valutazioni più profonde di quelle che ero in grado di fare io- un simile progetto presentasse limiti o criticità pregiudiziali).

Svolsi dei ragionamenti molto semplici. In effetti:

  1. disporre di più offerte e scegliere quindi con più informazioni in mano non dovrebbe rappresentare un limite alla discrezionalità ma, anzi, una possibilità di esercitarla più consapevolmente;
  2. la fiducia non dovrebbe fondarsi soltanto sulla relazione personale o, in qualche misura, sulla difficoltà per l’acquirente di servizi legali di individuare e valutare delle alternative rispetto agli attuali “fiduciari”. La base della fiducia, in un’accezione seria e profonda, dovrebbe essere il merito, mentre la concorrenza dovrebbe servire per confermare (e non per minacciare) la fiducia;
  3. la mancanza di un progetto come (quello che si sarebbe poi chiamato) 4cLegal era dovuta essenzialmente alla conservatività del mercato legale e alla sua naturale ritrosia verso l’innovazione. In fin dei conti, la disintermediazione attraverso i marketplace digitali che rendono trasparente il processo di incontro tra domanda e offerta era qualcosa di abbastanza comune: l’acquirente deve essere nella posizione di scegliere il prestatore di un servizio sulla base di un set informativo completo e analitico, da valutare attraverso lo schema cognitivo tipico della “comparazione”. Il mercato legale -pur con le sue peculiarità- non dovrebbe fare eccezione.

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Una vicenda, tuttavia, diede la “spallata” finale.

In quel periodo mi capitò di venire a conoscenza di un errore professionale molto grave compiuto da uno studio legale nello svolgimento di un incarico e il responsabile della direzione legale dovette spiegare l’accaduto al proprio amministratore delegato (peraltro fresco di nomina).

Notai che il primo punto del memorandum del responsabile della direzione legale fu che la scelta dello studio era avvenuta sulla base di un beauty contest tracciabile, nel quale quello studio era risultato oggettivamente il migliore sotto profili esperienziali ed economici. La scelta di affidare l’incarico a quello studio non era dovuta ai pregressi rapporti (pur esistenti) ma a ragioni oggettive e tracciabili. Questo fu molto importante per non configurare nessuna culpa in eligendo in capo alla direzione legale e mi rimase molto impresso.

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L’innovazione non va certo incentivata con argomenti basati sul “timore” o sul “rischio”, ma è bene riflettere su come l’evoluzione del giurista d’impresa passi anche attraverso il superamento delle zone di comfort e l’affermazione di nuovi standard manageriali.

Del pari, sullo studio incombe la sfida dell’aziendalizzazione: marketing, comunicazione, pubblicità, rete e reputazione sono concetti da coniugare velocemente. La convinzione che si debba “fare qualcosa” è diffusa, ora si tratta di capire cosa e investire nella giusta direzione.

È caduto un meteorite, ma un mercato legale più bello è già realtà.

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