Viviamo un tempo in cui tacere è diventato comodo.
In un mondo sovraesposto, iperconnesso e spesso polarizzato, le aziende tendono a rifugiarsi nella neutralità. Parlano di risultati, di innovazione, di crescita — ma evitano accuratamente di esporsi su ciò che davvero conta: la giustizia, la dignità, la libertà.
Eppure, come imprese, come leader e come cittadini, non possiamo ignorare ciò che accade fuori dalle nostre sale riunioni. Il linguaggio d’odio, il disprezzo della diversità, la riscrittura opportunistica del concetto di verità non sono questioni “esterne” al nostro mondo. Ne fanno parte. E in qualche modo ci interrogano.
La mia opinione, oggi più che mai, è che non si possa rimanere neutrali.
Prendere posizione significa riconoscere che ci sono soglie di umanità che non devono essere varcate. Che le parole non sono mai innocue, e che l’indifferenza — soprattutto se arriva da chi ha voce e visibilità — è una forma di complicità.
Abbiamo visto negli ultimi anni riemergere visioni del mondo che legittimano il rifiuto della differenza, che accusano l’inclusione di essere un ostacolo alla meritocrazia, che spacciano la sopraffazione per forza e l’arroganza per leadership. Non è questo il mondo che vogliamo contribuire a costruire.
Come Gruppo, abbiamo scelto di non essere spettatori.
Attraverso progetti, linguaggi e persone, cerchiamo di affermare un’idea diversa di impresa: capace di creare valore, sì, ma anche di generare consapevolezza, rappresentare pluralità, difendere diritti. Lo facciamo con coerenza, anche quando non è comodo. Anche quando non è richiesto.
Siamo orgogliosi, ad esempio, di aver dato centralità ai temi ESG prima che diventassero una sigla obbligata, di promuovere visioni della leadership fondate sull’etica e sulla competenza, di sostenere pratiche comunicative che non usano l’inclusione come strategia, ma come scelta culturale.
Essere coerenti è una scelta quotidiana.
Ed è una responsabilità che, come imprenditori, non possiamo più delegare. Perché ciò che scegliamo di non dire, in fondo, parla tanto quanto le nostre campagne e i nostri bilanci.
Il tempo in cui si poteva pensare che la tempesta passasse da sola è finito. Essere neutrali oggi è una forma di rinuncia. E noi, con tutti i limiti e le complessità del caso, abbiamo scelto da che parte stare.
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