17 Aprile 2019

Il diritto all'oblio nelle recensioni online

VINCENZO FONZO

Immagine dell'articolo: <span>Il diritto all'oblio nelle recensioni online</span>

Abstract

Negozi, ristoranti, alberghi e professionisti non possono appellarsi al diritto all'oblio per chiedere che spariscano dalla rete recensioni o commenti sgradevoli. A sollevare il caso un noto chirurgo plastico che... 

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Una recensione è per sempre!

Si potrebbe commentare così la recente pronuncia del Tribunale di Roma che in questi giorni ha segnato un precedente significativo nell'era digitale sancendo l'importanza per l'interesse dell'utente.

Il diritto all'oblio su internet sancito e istituito dalla Corte di Giustizia Europea per tutelare il passato dei cittadini in rete non può valere per un negozio, un ristorante o un professionista che offra un servizio al pubblico.

Prevale di più l'interesse generale che quello del singolo e le recensioni che lo riguardano possono anche essere negative prevalendo il diritto di critica degli utenti. Ormai è abitudine consolidata ed in forte crescita quella di consultare siti online prima di scegliere un ristorante dove cenare, un albergo, articoli di ogni genere nonché liberi professionisti a cui affidarsi .

A sollevare il caso è stato il ricorso di un chirurgo plastico romano, infastidito per alcune recensioni negative che lo sconsigliavano apparse sul suo profilo di Google My Business, servizio che permette agli utenti di recensire ogni genere di attività.

Il Tribunale di Roma ha respinto la richiesta di cancellazione dei commenti negativi del chirurgo, affermando che :" il diritto di critica può essere esercitato anche in modo graffiante e con toni aspri", dunque chi offre un servizio al pubblico deve accettare le critiche, mentre Google non è obbligata a filtrare i contenuti degli utenti.

Ogni servizio ha le sue regole e ogni portale può migliorare la qualità delle recensioni, vigilando ed eliminando quelle a pagamento ma il diritto all'oblio, alla luce di questa pronuncia, vale per il cittadino non per un negozio o un’attività professionale.

L'uso distorto e l'abuso di recensioni online non veritiere è un problema molto sentito e di grandi dimensioni oggi e non si può pensare di risolverlo affidandosi al valente lavoro della magistratura o alla buona volontà dei singoli. E' necessaria una forte affermazione del principio di responsabilità.

Il primo passo che i portali devono compiere per radicare un sistema i cui prevalgono le vere recensioni, scritte dai veri clienti, che raccontano una vera esperienza e un deciso blocco alle recensioni anonime e agli username di comodo.

La vittoria di Google costituisce un precedente significativo per decine di servizi online e milioni di esercenti o professionisti italiani che ogni giorno vengono recensiti, da Tripadvisor ad Amazon alle pagine My Business di Google.

Il significato della decisione non farà gioire gli esercenti, che contestano le logiche dei siti di recensioni come Tripadvisor ma pur senza citare indagini di mercato e richiamare i principi chiave sanciti dalla Costituzione, come libertà di espressione e d'impresa, sembra riconoscere il cambiamento in atto della nostra società.

 

Come crearsi una buona reputazione digitale?

Dalle riflessioni sin qui condotte è emerso un aspetto particolarmente significativo da tenere in considerazione ai fini degli ulteriori approfondimenti che si tenterà di compiere sull'argomento: chiunque, quale singolo o membro di un’istituzione o gruppo sociale, può nel mondo digitale veicolare e, al ricorrere di determinate circostanze, contribuire alla formazione o al consolidamento di una determinata opinione sul suo conto. Il connotato dell’interattività della Rete consente, infatti, a ciascun individuo di inserire informazioni sul proprio conto e conseguentemente, di basare la formazione della reputazione su un insieme di informazioni che rispecchino in gran parte l’idea che il soggetto ha di sé.

La reputazione digitale può, quindi, assumere la valenza di strumento utilizzabile dall’interessato anche per soddisfare interessi economici. Si pensi al caso di un operatore del mercato digitale: potendo modulare la formazione del giudizio altrui attraverso l’inserimento sulla Rete di informazioni sulla propria attività ovvero monitorando quelle presenti, l’imprenditore può di fatto influenzare le scelte del mercato cui si rivolge. Godere sulla Rete di una buona reputazione è, come già evidenziato, essenziale per chi voglia operare sul mercato digitale. Nella società dell’informazione la reputazione digitale è quindi destinata ad assumere una sempre maggiore rilevanza, quale fattore capace di incidere sul processo produttivo, ragion per cui sempre più operatori economici investiranno in reputazione al fine di accrescere e consolidare la posizione sociale vantata sul mercato.

 

Il valore economico di una buona reputazione

La dimensione economica della reputazione, genericamente intesa, è un tema particolarmente dibattuto nell’esperienza giuridica nordamericana, nella quale ormai da diversi decenni si parla, in contesti economici e aziendali, di "reputational interests". In particolare, gli studiosi di law & economics si sono interrogati sul valore rappresentato dalla reputazione e sugli strumenti giuridici volti a conservarla. Nella letteratura americana, inoltre, è rinvenibile una copiosa produzione sui profili attivi e passivi connessi al processo di reificazione della reputazione in ambito aziendalistico. Particolare attenzione è stata dedicata alle "reputational sanctions", consistenti nella pubblicità della sanzione comminata all’impresa a seguito di un illecito penale, cui si riconosce una maggiore efficacia deterrente rispetto alle tradizionali modalità sanzionatorie, proprio in virtù del valore riconosciuto alla reputazione in ambito economico.

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