27 Maggio 2020

Emergenza COVID-19: LIMITI AGLI AIUTI DI STATO per le imprese in difficoltà

FRANCESCO DE SANTI

Immagine dell'articolo: <span>Emergenza COVID-19:  LIMITI AGLI AIUTI DI STATO per le imprese in difficoltà</span>

Abstract

                              Aggiornato al 27/05/2020

Breve riflessioni sulle limitazione all’acceso agli aiuti di stato per l’emergenza Covid-19 in relazione con la disciplina europea in merito. 

Nella disciplina d’emergenza il richiamo alle norme europee introduce il divieto di aiuti alle imprese in difficoltà al 31.12.2019. In merito la disciplina europea fa un rimando alla legge fallimentare italiana e quindi alle imprese in stato di “insolvenza” al fine 2019, situazione di non semplice definizione ed inquadramento.

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È subito importante segnalare che i benefici (aiuti di stato) previsti dalla normativa di emergenza si applicano nel rispetto dei limiti e delle condizioni previsti dalla Comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020 C(2020) 1836 final «Quadro temporaneo per le misure di aiuti di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19» e successive modifiche.

La Commissione considererà ammissibili tali aiuti purché siano soddisfatte tutte le seguenti condizioni:

  • l'importo complessivo dell'aiuto non superi gli 800 000 Euro per impresa. L'aiuto può essere concesso sotto forma di sovvenzioni dirette, agevolazioni fiscali e di pagamento o in altre forme, quali anticipi rimborsabili, garanzie, prestiti e partecipazioni, a condizione che il valore nominale totale di tali misure rimanga al di sotto del massimale di 800 000 Euro per impresa; tutti i valori utilizzati devono essere al lordo di qualsiasi imposta o altro onere;
  • l'aiuto non può essere concesso a imprese che si trovavano già in difficoltà al 31 dicembre 2019.

Agli aiuti concessi alle imprese dei settori dell'agricoltura, della pesca e dell'acquacoltura si applicano, oltre alle condizioni di cui al punto 22, lettere da b) ad e), le seguenti condizioni specifiche:

  • l'aiuto complessivo non deve superare i 120.000 Euro per ciascuna impresa operante nel settore della pesca e dell'acquacoltura o 100.000 Euro per ciascuna impresa operante nel settore della produzione primaria di prodotti agricoli;
  • gli aiuti concessi alle imprese operanti nella produzione primaria di prodotti agricoli non devono essere stabiliti in base al prezzo o al volume dei prodotti immessi sul mercato;

(si veda l’intera comunicazione per gli ulteriori dettagli – link).

Tenuto conto che il legislatore ha espressamente escluso le “imprese che si trovavano già in difficoltà” dalla possibilità di richiedere gli aiuti di Stato, è indispensabile comprendere quando un’impresa è ritenuta in difficoltà. La definizione è fornita dall’art. 2, punto 14, del regolamento (UE) n. 702/2014 e nell'articolo 3, punto 5, del regolamento (CE) n. 1388/2014: è considerata in difficoltà l'impresa che soddisfa almeno una delle seguenti circostanze:

a) nel caso di una società a responsabilità limitata (diversa da una PMI costituitasi da meno di tre anni), che abbia perso più della metà del capitale sociale sottoscritto a causa di perdite cumulate. Ciò si verifica quando la deduzione delle perdite cumulate dalle riserve (e da tutte le altre voci generalmente considerate come parte dei fondi propri della società) dà luogo a un importo cumulativo negativo superiore alla metà del capitale sociale sottoscritto. Ai fini della presente disposizione, per “società a responsabilità limitata” si intendono in particolare le tipologie di imprese di cui all'allegato I della direttiva 2013/34/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (24) e, se del caso, il “capitale sociale” comprende eventuali premi di emissione;

b) nel caso di una società in cui almeno alcuni soci abbiano la responsabilità illimitata per i debiti della società (diversa da una PMI costituitasi da meno di tre anni), qualora abbia perso più della metà dei fondi propri, quali indicati nei conti della società, a causa di perdite cumulate. Ai fini della presente disposizione, per “società in cui almeno alcuni soci abbiano la responsabilità illimitata per i debiti della società” si intendono in particolare le tipologie di imprese di cui all'allegato II della direttiva 2013/34/UE;

c) qualora l'impresa sia oggetto di procedura concorsuale per insolvenza o soddisfi le condizioni previste dal diritto nazionale per l'apertura nei suoi confronti di una tale procedura su richiesta dei suoi creditori;

d) qualora l'impresa abbia ricevuto un aiuto per il salvataggio e non abbia ancora rimborsato il prestito o revocato la garanzia, o abbia ricevuto un aiuto per la ristrutturazione e sia ancora soggetta a un piano di ristrutturazione;

e) nel caso di un'impresa diversa da una PMI, qualora, negli ultimi due anni:

i) il rapporto debito/patrimonio netto contabile dell'impresa sia stato superiore a 7,5 e

ii) il quoziente di copertura degli interessi dell'impresa (EBITDA/interessi) sia stato inferiore a 1,0.

E’ quindi bene verificare con attenzione se vi siamo o meno il diritto alla percezione dell’aiuto, in particolare il punto c) escludere le imprese che soddisfino “le condizioni previste dal diritto nazionale per l'apertura nei suoi confronti di una tale procedura (ndr procedura concorsuale per insolvenza) su richiesta dei suoi creditori”.

La disciplina italiana è ovviamente quella della L.F. (considerato il rinvio dell’entrate in vigore del codice della crisi) e pertanto l’art. 5 L.F. “Stato d'insolvenza. L'imprenditore che si trova in stato d'insolvenza è dichiarato fallito. Lo stato d'insolvenza si manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni.”

La definizione dello stato di insolvenza, è questione ancora dibattuta. L’ultima sentenza in merito della Cassazione (Cassazione civile sez. VI, 20/01/2020, (ud. 22/10/2019, dep. 20/01/2020), n.1069) rileva che “lo stato d'insolvenza richiesto ai fini della pronunzia dichiarativa del fallimento dell'imprenditore non è escluso dalla circostanza che l'attivo superi il passivo e che non esistano conclamati inadempimenti esteriormente apprezzabili. In particolare, il significato oggettivo dell'insolvenza, che è quello rilevante agli effetti della L. Fall., art. 5, deriva da una valutazione circa le condizioni economiche necessarie (secondo un criterio di normalità) all'esercizio di attività economiche, e si identifica con uno stato di impotenza funzionale non transitoria a soddisfare le obbligazioni inerenti all'impresa esprimendosi, secondo una tipicità desumibile dai dati dell'esperienza economica, nell'incapacità di produrre beni con margine di redditività da destinare alla copertura delle esigenze di impresa (prima fra tutte l'estinzione dei debiti), nonché nell'impossibilità di ricorrere al credito a condizioni normali, senza rovinose decurtazioni del patrimonio.” Sussiste “lo stato d'insolvenza derivante dalla mancanza di risorse finanziarie della società a fronte delle obbligazioni inadempiute, considerando irrilevante la consistenza immobiliare della stessa società fallita che non consente, oggettivamente, di far fronte nell'immediatezza alle suddette obbligazioni, ed implicando solo un soddisfacimento futuro ed incerto nel quantum, con la relativa liquidazione.

L’art. 15 L.F. prevede che “Non si fa luogo alla dichiarazione di fallimento se l'ammontare dei debiti scaduti e non pagati risultanti dagli atti dell'istruttoria prefallimentare è complessivamente inferiore a euro trentamila.”

Ciò rilevato secondo il combinato disposto delle norme del D.L. rilancio (IRAP art. 24 comma 3, Crediti d’imposta per i canoni di locazione art. 28, comma 9, Aiuti diretti art. 54 comma 1, aiuti sotto forma di garanzia art. 55, comma 1, Aiuti sotto forma di tassi d'interesse agevolati per i prestiti alle imprese art. 56, comma 1, Credito d'imposta per l'adeguamento degli ambienti di lavoro Art. 120 comma 5), all’art. 2, punto 14, del regolamento (UE) n. 702/2014 e all'articolo 3, punto 5, del regolamento (CE) n. 1388/2014, agli art. 5 e 15 L.F. non possono essere concessi aiuti a imprese fallibili che al 31.12.2019 si trovavano in stato di insolvenza con debiti scaduti superiore a 30.000,00.

Dobbiamo in merito ricordare che il nostro ordinamento punisce l’indebita percezione di erogazioni pubbliche (ex art. 316-ter c.p.): “Chiunque mediante l'utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero mediante l'omissione di informazioni dovute, consegue indebitamente, per sé o per altri, contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dalle Comunità europee è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. La pena è della reclusione da uno a quattro anni se il fatto e' commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio con abuso della sua qualità o dei suoi poteri.

Quando la somma indebitamente percepita è pari o inferiore a 3.999,96 euro si applica soltanto la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro da 5.164 euro a 25.822 euro. Tale sanzione non può comunque superare il triplo del beneficio conseguito”.

Si consiglia quindi la massima attenzione nella predisposizione delle richieste di aiuto e nel fornire tutte le informazioni necessarie per la valutazione della possibilità di accedere all’aiuto di Stato; ribadiamo infatti che non possono essere concessi aiuti a imprese fallibili che al 31.12.2019 che si trovavano in stato di insolvenza con debiti scaduti superiore a 30.000,00 o che comunque si trovino in una delle altre condizioni di difficoltà previste dalla normativa Europea. In considerazione dell’estrema delicatezza della questione, dunque, è sempre consigliata l’assistenza di un professionista che valuti attentamente lo stato dell’impresa.

 

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