15 Dicembre 2021

La nuova rilevanza dei reati doganali

SARA ARMELLA

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Abstract

Il contrabbando torna ad assumere rilevanza penale e costituire presupposto per la responsabilità amministrativa dipendente da reato. Con l’inclusione degli illeciti doganali tra il novero dei “reati presupposto” le imprese che effettuano acquisti dall’estero, per conto proprio o come intermediari, dovranno svolgere un’attività di tipo preventivo volta ad individuare le aree aziendali più a rischio e condurre un’analisi dettagliata al fine di individuare possibili condotte illecite che la società potrebbe commettere in ambito doganale.

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La ri-criminalizzazione del reato di contrabbando

Il legislatore nazionale, con il d.lgs. 75/2020 è intervenuto in modo specifico sui delitti doganali, consumati o tentati, che si considerano violazioni direttamente lesive degli interessi finanziari dell’Unione Europea. In particolare, ha attributo rilevanza penale a tutti gli illeciti doganali, in precedenza depenalizzati, puniti con la sola sanzione della multa o dell’ammenda, qualora l’ammontare dei diritti di confine dovuti sia superiore a 10.000 euro.

Come è noto, il c.d. decreto depenalizzazione ha previsto la trasformazione di tutti i reati doganali puniti con la sola sanzione della multa o ammenda in illeciti amministrativi, ad eccezione di talune condotte criminose, come il reato di contrabbando aggravato, in considerazione del bene giuridico tutelato. È solo a seguito della modifica introdotta dal d.lgs. 75/2020, al fine di dare attuazione alla direttiva “Pif”, che gli illeciti doganali tornano a costituire ipotesi autonome di reato, limitando l’applicazione dell’istituto della depenalizzazione alle sole ipotesi di contrabbando semplice qualora l’ammontare dei diritti di confine non superi l’importo previsto dalla legge.

A tal riguardo, il legislatore nazionale oltre a prevedere la ri-criminalizzazione delle fattispecie che integrano il reato di contrabbando “semplice”, ha disposto l’inclusione degli illeciti di contrabbando tra il novero dei “reati presupposto ai fini dell’accertamento della responsabilità amministrativa dipendente da reato.

Come è noto, il d.lgs. 231/2001 disciplina la responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi e prevede una serie presidi da utilizzare per limitare il coinvolgimento dell’ente nel caso in cui vengano commesse condotte illecite dai dipendenti dell’azienda.

 

Un ulteriore aggiornamento al modello di organizzazione

In particolare, l’adozione di un adeguato modello di organizzazione e di gestione con una serie di protocolli che disciplinano e definiscono la struttura aziendale, costituisce condizione necessaria ai fini della riduzione del rischio di commissione di illeciti penali. Si tratta di un modello da adottare per consentire alle imprese e società di essere dispensate dai reati imputati ai propri dipendenti ed è attraverso la compilazione di detto modello, che l’ente può richiedere l’esclusione o la limitazione della propria responsabilità derivante da uno dei reati elencati nella norma.

È ben evidente che il modello riguarda la gestione del rischio di reato con l’obiettivo di disciplinare l’eventuale conflitto che potrebbe nascere tra gli interessi economici dell’azienda e gli interessi che il legislatore intende proteggere tramite la previsione della disciplina dei reati indicati dal d.lgs. 231/2021. A tal riguardo, le imprese che effettuano acquisti da Paesi extra europei, per conto proprio o di altre imprese, dovranno svolgere attività di tipo preventivo, volta ad individuare le aree aziendali più a rischio e condurre un'analisi in merito a possibili condotte illecite che la società potrebbe commettere.

Con la nuova rilevanza penale attribuita al contrabbando semplice e l’inserimento dei reati doganali quale presupposto per l’applicazione del d.lgs. 231 del 2001, ai sensi del nuovo articolo 25 sexiesdecies, viene disciplinata la responsabilità amministrativa degli enti nel caso in cui venga perfezionato reato di contrabbando. Il trattamento sanzionatorio previsto dalla norma comporta l’inflizione di sanzioni pecuniarie e, a prescindere dall’ammontare dei diritti di confine evasi, l’applicazione di ulteriori sanzioni interdittive, come il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, l’esclusione o eventuale revoca di agevolazioni, finanziamenti o sussidi e il divieto di pubblicizzare beni o servizi.

A seguito della previsione normativa che introduce i reati doganali tra i reati presupposto per l’applicazione del d.lgs. 231/2001, nasce, l’esigenza di limitare possibili rischi legali e si rende opportuna una più approfondita attività di compliance aziendale per le imprese, attraverso l’aggiornamento del modello organizzativo 231.  

 

Il reato di contrabbando

Il reato di contrabbando è disciplinato dagli artt. 282 e ss. del d.p.r. 43/1973 Tuld e si perfeziona con la condotta di chiunque sottrae, anche con il semplice tentativo, merci estere al pagamento dei diritti di confine. Invero, al fine della realizzazione di tale delitto, risultano presupposti necessari la condotta dolosa, ossia la volontarietà del comportamento nel commettere l’illecito ai sensi dell’art. 42 c.p., il nesso di causalità tra l’evento posto in essere e la condotta e l’offensività di questa nei confronti del bene giuridico protetto che, nel caso dei delitti di contrabbando, è configurabile nelle risorse finanziarie dell’UE. L’assenza anche di uno solo di questi requisiti, non potrà considerarsi rilevante ai fini del perfezionamento del reato di contrabbando.  

Sono diverse le fattispecie disciplinate dalla legge che definiscono l’illecito del contrabbando, tra queste la movimentazione delle merci attraverso il confine di terra in violazione della vigilanza doganale negli spazi doganali, la movimentazione delle merci tramite laghi di confine, per via aerea o per mare in assenza di autorizzazioni obbligatorie, o il caso di merci movimentate nelle zone extra – doganali. Inoltre, nel novero dei reati di contrabbando contenuti dell’elencazione del Tuld sono punite tutte le condotte riguardanti la movimentazione dei beni ammessi a regimi speciali, come merci importate con agevolazioni doganali, detenute in depositi doganali, ammesse ad importazioni o esportazioni temporanee.

A tal riguardo, le condotte che configurano il delitto di contrabbando sono punite sia nel caso in cui i beni non siano sottoposti al controllo che precede l’introduzione della merce oltre un confine doganale (c.d. contrabbando extraispettivo) sia nel caso in cui, sebbene la merce sia sottoposta alle normali procedure doganali, si riscontri una discordanza tra i valori enunciati e quelli accertati frutto di un comportamento fraudolento posto in essere dall’operatore con l’obiettivo di sottrarre le merci al pagamento dei diritti di confine (c.d. contrabbando intraispettivo).

Con la nuova rilevanza penale attribuita al contrabbando semplice ed alla luce delle recenti disposizioni normative occorre adottare specifiche procedure di contenimento del rischio doganale in particolare alle imprese che operano nel panorama internazionale, al fine di mitigare i potenziali rischi di commissione di illeciti di contrabbando.

Le aziende che svolgono operazioni doganali all’estero dovranno procedere ad una nuova mappatura dei rischi ed integrare il modello organizzativo 231 per individuare con maggiore facilità le aree di rischio derivanti dalla riforma.

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