29 Marzo 2021

Le nuove esigenze del lavoro agile e dinamico: il contratto di co-working

MAURA ROVETTI

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Abstract

L’emergenza pandemica dell’ultimo anno sta inevitabilmente mutando le dinamiche di gestione del tempo e dello spazio di lavoro. Il compimento della rivoluzione digitale, inoltre, ha contribuito a trasformare lo spazio adibito ad ufficio in un’entità dinamica e mobile, purché efficacemente connessa. Una delle risposte a queste nuove esigenze è il contratto di co-working.

Nato a San Francisco nel 2005, per dare la possibilità ai liberi professionisti di avere un posto stimolante per lavorare, creando un'occasione di incontro e collaborazione professionale, il coworking in Italia è una realtà piuttosto recente: esso consiste in una forma di condivisione degli spazi di lavoro che consente ai coworker di godere di una postazione lavorativa dotata di servizi strumentali.

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Il contratto di co-working

Il contratto di co-working è un negozio atipico - ossia non regolamentato dalla legge, ma che persegue interessi meritevoli di tutela ai sensi dell’art. 1322 cod. civ. - a causa mista.

L'oggetto del contratto è la disponibilità, a fronte del pagamento di un corrispettivo, della postazione lavorativa che può essere una sola scrivania attrezzata, uno spazio più ampio in una zona open o un ufficio vero e proprio, completamente attrezzato. Nel corrispettivo sono in genere incluse le spese per l'energia elettrica, la pulizia, la climatizzazione o il riscaldamento e l'utilizzo della toilette.

Parti dell'accordo sono:

  • il concedente (persona fisica o società) che dispone di un immobile idoneo a essere a suddiviso in postazioni per ufficio aperte o chiuse

e

  •  l'utilizzatore, o coworker, ossia il libero professionista che, avendo bisogno di un posto attrezzato per svolgere la propria attività professionale, ha la possibilità di disporre, per il tempo che gli occorre, di un suo spazio all'interno di un ambiente giovane e dinamico.

La durata del contratto di co-working è libera, nel senso che spetta alle parti decidere, in base alle esigenze del professionista e alla disponibilità degli spazi. Nulla vieta infatti di chiedere la disponibilità di uno spazio occasionalmente, tutti i giorni, per poche o più ore della giornata o addirittura di stabilire una durata su base mensile o annuale.

Le parti possono anche prevedere nel contratto una scadenza anticipata rispetto a quella pattuita, salvo preavviso all'altro contraente. L'importante è che tutta venga specificato dettagliatamente nel contratto.

Il contratto è a forma libera ma, per evitare problemi, è sempre preferibile stipulare il contratto di co-working per iscritto. In questo modo è possibile specificare gli spazi a disposizione, per quante ore, per quanto tempo, il costo del canone, quali servizi sono compresi nel contratto e quali sono esclusi e quali sono le regole di condotta da rispettare (divieto di fumo, obbligo d'indossare la giacca, ecc.)

I tipi contrattuali cui i contratti di co-working risulta maggiormente affine sono: il contratto di locazione e il contratto d’appalto di servizi.

Si veda, dunque, quali sono le differenze tra il co-working ed i summenzionati contratti tipici.

 

Il co-working e la locazione

Il Co-working ha in comune con il contratto di locazione la concessione del godimento di un bene a fronte del pagamento di un prezzo. Il coworker, infatti, corrispondendo un determinato canone mensile, ha diritto di godere di una postazione di lavoro, nonché di altre facility, come ad esempio le sale riunioni e le aree relax.

Tuttavia, se nella locazione il conduttore è detentore dell’immobile, nel co-working l’utilizzatore non godrà della piena disponibilità del bene, ma potrà unicamente utilizzare la postazione e le altre aree a sua disposizione secondo le modalità predeterminate dalle parti.

Pertanto, mancando in capo al coworker la disponibilità totale bene e conseguentemente il diritto di impedire le ingerenze altrui, egli non deve osservare il dovere di diligenza del conduttore: il coworker, dunque, non sarà responsabile per la conservazione del bene e non dovrà occuparsi della cura e della manutenzione del bene stesso.

Egli sarà unicamente tenuto a restituire la postazione nello stato di fatto in cui gli è stata consegnata ed è considerato responsabile esclusivamente per quei danni arrecati ai locali, agli arredi e agli impianti del bene per fatto proprio.

Inoltre, rispetto alla locazione, il Co-working gode di maggiore elasticità temporale: la durata del contratto di co-working è, infatti, decisa liberamente dalle parti che possono, peraltro, regolare consensualmente anche le tempistiche per il recesso.

Tali profili differenziali permettono la possibilità di stipula di contratti di co-working anche nel caso in cui vi siano clausole che vietano la sublocazione presenti nel contratto di locazione tra il proprietario dell’immobile e il conduttore; pertanto, risulta possibile l’utilizzo di tale forma contrattuale anche in presenza di un divieto di sublocazione.

 

Il co-working e l’appalto di servizi

Unitamente alla concessione in godimento del bene, come già evidenziato, i contraenti del contratto di co-working sono soliti pattuire anche una serie di ulteriori e distinte prestazioni, che parrebbero invece doversi sussumere sotto la diversa tipologia contrattuale dell’appalto di servizi.

Il riferimento va chiaramente a tutte quelle prestazioni accessorie ed ultronee rispetto al mero godimento della postazione, che vanno dai servizi di connessione wi-fi fino all’erogazione di luce e riscaldamento.

È indubbio che tali prestazioni vadano ricollegate al contratto d’appalto di servizi, definito come quel contratto col quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un servizio verso un corrispettivo in danaro.

L’utilizzatore di un’area organizzata a ufficio, infatti, non si rivolge ad una delle varie società operanti nel settore per ottenere in locazione un bene; il suo interesse è quello di ottenere, dietro pagamento di un prezzo, un vero e proprio ufficio servito. Volontà del cliente contraente è, in altri termini, quella di demandare ad un terzo tutte quelle attività di equipaggiamento, cura e manutenzione di cui l’ufficio necessita per poter essere efficiente ed operativo.

 

Gli adempimenti burocratici

L’apertura di uno spazio di co-working presuppone una semplice richiesta in Questura, alla quale si applica la regola del silenzio assenso, che si perfeziona in sessanta giorni.

 

Il regime fiscale

Sotto il profilo fiscale, il contratto di co-working è assimilabile ad una generica prestazione di servizi. Con la conseguenza trova applicazione l’imponibilità Iva con aliquota 22%.

 

Registrazione in caso d’uso del contratto di utilizzo di spazi attrezzati

La registrazione è un elemento indispensabile qualora dovessero sorgere controversie tra le parti.

In tal caso, il contratto deve essere registrato presso un ufficio territoriale dell’Agenzia delle Entrate, con l’applicazione dell’imposta di registro in misura fissa, in ragione del principio di alternatività Iva – imposta di registro, di cui all’art. 40 del DPR n 131/86.

L’obbligo di registrazione sorge, altresì, nel caso in cui le parti decidano di redigere il contratto nella forma di scrittura privata autenticata o di atto pubblico.

 

In definitiva, i vantaggi del co-working

  • la possibilità di utilizzare uno spazio lavorativo già pronto all’uso e dotato di servizi comuni aggiuntivi;
  • la possibilità di godere di un’ampia autonomia negoziale nella redazione del contratto;
  • la possibilità di poter usufruire di un regime di imponibilità Iva (al posto dell’esenzione Iva delle locazioni commerciali);
  • la possibilità di stabilire convenzionalmente lo scioglimento anticipato del contratto;
  • la possibilità, per il coworker, di dedurre fiscalmente  il corrispettivo, a fronte dell’emissione di una fattura.

 

 

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