17 Ottobre 2019

Protocollo d'intesa sul Mercato Legale 4.0: intervista a Tommaso Ventre

GIACOMO GIUDICI

Immagine dell'articolo: <span>Protocollo d'intesa sul Mercato Legale 4.0: intervista a Tommaso Ventre</span>

Abstract

Lo scorso primo di ottobre 4cLegal, ANUTEL (Associazione Nazionale Uffici Tributi Enti Locali) e AIGA (Associazione Italiana Giovani Avvocati) hanno presentato un “Protocollo d’intesa” in cui vengono delineati i principi fondamentali del Mercato Legale 4.0: aperto, trasparente e fondato sul merito. Il fatto che tre player così importanti all’interno del mercato legale (ANUTEL rappresenta circa 4.500 enti; AIGA conta più di 12.000 iscritti) abbiano formulato un documento che esprime una visione comune sulla professionalità degli avvocati e il rapporto con gli enti con cui lavorano è certamente un fatto rilevante, nonché la base per future collaborazioni. In questa intervista, il Professor Tommaso Ventre -che ha seguito lo sviluppo del Protocollo sia in qualità di membro di Anutel sia di accademico- commenta il documento.

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Professor Ventre, ci può offrire una valutazione complessiva del Protocollo? Perché è significativo?

Con il Presidente Tuccio (di ANUTEL n.d.r.) stavamo studiando come l’Associazione potesse assistere gli Enti nella difficile fase di affidamento degli incarichi legali. Facendo un’analisi delle best practice, ho individuato 4cLegal come possibile partner in questa rivoluzione copernicana in materia. Il contatto con Alessandro Renna e il feeling sui temi è stato immediato. Mesi di studio e di confronto hanno portato a quello che può essere il primo passo di un cambiamento epocale. Penso che il documento possa rappresentare un chiaro ed efficace “manifesto” a cui ognuno potrà fornire il proprio contributo sia in termini di contenuti sia in termini di propagazione. E parlo di “manifesto” e di “rivoluzione” volutamente, conscio della portata “eversiva” di questi termini e quindi anche delle ostilità che l’approccio seguito potrà incontrare. La forza del documento sta, tuttavia, nella volontà dei sottoscrittori di stimolarne l’applicazione partendo dal basso e da due fronti importanti: da un lato ci sono più della metà dei Comuni italiani, dall’altra 12.000 avvocati. Ecco: se le Associazioni riusciranno a fare metabolizzare i principi che hanno elaborato alle proprie “basi” avremo contribuito a favorire un cambiamento sostanziale di mentalità e di approccio!

Provi ora a selezionare invece un singolo punto, o principio, che trova particolarmente appropriato, o che ha promosso particolarmente, e ci spieghi perché.

La promozione della cultura della legalità, della trasparenza e della professionalità nella selezione dei professionisti affidatari di incarichi tributari e legali in genere. Le cronache sempre più frequentemente narrano di episodi eclatanti nell’affidamento di incarichi legali. Da una parte sul fronte della non corretta individuazione del professionista incaricato e dall’altra sul fronte dell’utilizzo dell’incarico legale quale strumento di mercimonio corruttivo. La strumentalizzazione di una professione nobile come quella legale è insopportabile da chi pratica la legge come esperienza di vita. Al di là della degenerazione del fenomeno, purtroppo viviamo un’epoca in cui le leggi sono complesse e difficili da applicare e quindi trasporre in parole chiare e semplici una buona prassi diventa un dovere civico. E così accorciare le leggi e semplificarle può passare anche attraverso la mera enunciazione di principi come quello della “promozione della cultura della legalità, della trasparenza e della professionalità nella selezione dei professionisti” perché, in fondo, al di là dei chilometri di libri che si possono incolonnare sul tema, tutto quello di cui discutiamo trova il suo fondamento nel buon andamento e nell’imparzialità della P.A., sancito dall’art. 97 della Costituzione.

Il Protocollo parla del mercato legale corporate, e in quanto tale si concentra soprattutto sulla domanda (gli enti pubblici e privati) e l'offerta (i professionisti e gli studi professionali). Come dimostra il suo coinvolgimento, però, anche il ruolo dell'accademia è importante per darvi forma. Pensa che potrebbe essere una buona idea accogliere dei Dipartimenti di Giurisprudenza tra i firmatari?

Assolutamente si. Ma non solo Giurisprudenza, penso anche a tutti i Dipartimenti e agli insegnamenti che trasversalmente sono protagonisti della rivoluzione di cui stiamo discutendo, dall’informatica al marketing per i servizi legali! Sposo in pieno la tesi di Richard Susskind, secondo cui l’evoluzione digitale è oramai un processo inevitabile che deve essere accolto come sfida e opportunità per il futuro perché permetterà, lasciando i lavori più faticosi e meno gratificanti nelle mani della robotica, di accedere a conoscenze sempre più vaste, che daranno all'uomo l’opportunità di crescere sempre più. I robot e l’intelligenza artificiale saranno solo nuovi strumenti nelle mani dei professionisti del futuro e quindi occorrerà imparare ad utilizzarli allo stesso modo in cui si impara a consultare un codice. Penso che l’Università oggi abbia il dovere di reclamare il suo ruolo di protagonista anche in questo ambito. Quando mi sono appassionato allo studio di questa problematica mi sono sentito “bizantino” pur essendo io abbastanza “tecnologico”. Ho letto testi fondamentali che mi hanno fatto comprendere come il futuro sia dietro l’angolo e l’evoluzione digitale stia permeando i servizi legali alla stessa velocità con cui oggi invece di digitare un numero diciamo “Ok Google” o “Hey Siri, chiama…”.

Sempre a proposito di Università: i principi e i contenuti del Protocollo possono in qualche modo entrare a far parte di qualche percorso di formazione a beneficio dei giuristi del presente e del futuro?

Le professioni legali come le conosciamo oggi sono destinate ad un radicale cambiamento. Le conoscenze sono oramai un dominio comune. Il sapere è in rete. Ma la democraticità della pubblicazione sul web fa sì che questi saperi possano risultare fonti di insidie e divenire pericolosi. Oggi più che mai, in un mondo in rapida evoluzione, più della nozione fine a se stessa c’è la necessità di insegnare metodi e principi. In questo le Università devono essere in grado di anticipare e precorrere i tempi e formare adeguatamente le generazioni future. I principi che il Protocollo ha lanciato e le buone prassi che lo stesso involve potrebbero rappresentare senz’altro un esempio di studio. Per certi versi, al di là della previsione dei corsi di studi che a volte è difficile da superare, giocherà un ruolo fondamentale l’approccio innovativo e la sensibilità dei docenti nel portare gli studenti ad affacciarsi alla finestra del futuro prossimo venturo. Ho avuto il piacere di essere con Alessandro Renna in alcuni incontri fatti presso le Università e dal confronto nato con i docenti e con gli studenti sono nate idee e spunti di approfondimento interessanti. E così auspicherei la condivisione del protocollo anche a livello individuale, di singolo docente! Ecco, se l’Università non si evolverà nel suo approccio rischierà di coniare ancora gettoni per il telefono mentre il mondo intero chiama un numero con la voce….

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