17 Gennaio 2023

La situazione della professione forense a Milano e l’importanza dell’innovazione digitale

REDAZIONE

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Abstract

La situazione della professione forense a Milano, come testimoniano anche i dati, è tra le migliori in Italia ed è in linea con tutti i maggiori mercati europei. Il percorso intrapreso dagli avvocati milanesi testimonia l’importanza della digitalizzazione quale elemento fondamentale per rimanere al passo con i tempi e inserirsi all’interno di un percorso di sviluppo sostenibile che sia capace di essere in linea con i parametri ESG.

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Il quadro generale in Italia

Lo scorso aprile il Rapporto sull’Avvocatura italiana 2022, redatto in collaborazione con il CENSIS, ha scattato una fotografia poco ottimistica della professione forense in Italia che risente inevitabilmente degli anni di pandemia e delle nuove situazioni di incertezza in ambito geopolitico. I numeri, infatti, attestano un calo del 6% del reddito medio annuo degli avvocati che in Italia si attesta sui 37.785 euro.

Tra i dati raccolti dalla ricerca spicca una novità: per la prima volta il numero degli avvocati diminuisce in termini assoluti. Altro dato allarmante riguarda la percentuale di avvocati, pari al 32,8%, che sta prendendo in considerazione la possibilità di lasciare la professione. La motivazione principale che spinge a ipotizzare di lasciare la professione è per il 63,7% dei casi il ridotto riscontro economico a fronte dei costi eccessivi che l’attività comporta.

 

La situazione della professione forense a Milano

Scendendo più nel dettaglio, la situazione della professione forense a Milano è sicuramente una delle migliori all’interno della penisola. Laddove il reddito medio annuo degli avvocati è sceso nel 2020 del 6%, il calo registrato a Milano è del solo 3%. Questo fa sì che il reddito medio di un avvocato milanese, pari a 86.634, sia più del doppio del reddito medio nazionale (37.785 euro), mentre a Roma il reddito medio è pari a 54.740 euro, a Torino di 47.401 euro, a Genova di 52.872 euro, a Firenze di 42.496 euro, a Napoli di 30.128 e a Palermo di 27.328 euro. Questi dati proiettano a pieno titolo gli avvocati milanesi alla pari con i maggiori mercati europei. Infatti, stando alle nostre ricerche, il reddito medio di un avvocato in Francia è di 77.000 euro, mentre quello di un barrister in UK è di 71.000 euro. La situazione degli avvocati milanesi costituisce un’eccezione all’interno del contesto italiano. Tuttavia, per comprendere appieno questa singolarità è necessario analizzare il contesto di riferimento, i problemi e le sfide del futuro.

 

L’importanza della digitalizzazione

È evidente che la pandemia ha esacerbato le debolezze strutturali già presenti, sottolineando le difficoltà di tutti quegli studi legali e professionali che non sono riusciti a elaborare modelli di business adeguati ai cambiamenti del mercato. Sotto questo punto di vista, uno degli aspetti a risultare determinante in questi anni è stato il livello di investimento in digitalizzazione.

La crisi ha reso indispensabile un adeguamento delle competenze e del modo di fare business, stravolgendo sia gli strumenti operativi della professione forense, sia le modalità relazionali con il cliente. Anche l’indagine dell’Osservatorio Professionisti e Innovazione Digitale PoliMi ha testimoniato un aumento della spesa in tecnologia per avvocati (+2,9%) nel 2021, ma comunque inferiore a quello delle aziende (+4,1%).

L’aumento della spesa in tecnologia è infatti il più alto rispetto a quello degli altri studi professionali, laddove la spesa dei consulenti del lavoro ha visto un aumento del +2,5%, mentre i commercialisti hanno visto scendere gli investimenti in ICT del -5,4%. Tuttavia, gli avvocati restano ancora quelli che investono meno in ICT, in media 8.950 euro, contro i 10.350 euro dei consulenti del lavoro, gli 11.450 euro dei commercialisti e 25.050 degli studi multiprofessionali.

Un dato che testimonia ancora una volta come solo i grandi studi legali siano stati in grado di guidare la transizione dei processi di digitalizzazione, senza farsi travolgere dagli eventi. Secondo la ricerca, infatti, gli studi legali mostrano una buona sensibilità per le tecnologie gestionali ordinarie, ma sono pochi coloro che prestano attenzione alle tecnologie più avanzate. L’89% degli studi si è dotato di sistemi di videoconferenza, ma solo il 44% ha introdotto servizi per la dematerializzazione dei documenti e ancor meno, il 33% ha ampliato la possibilità di lavorare da remoto. Infine, solo il 26% ha introdotto tecnologie per migliorare l’efficienza interna.

 

Evidenze dalla piattaforma 4cLegal: una conferma del successo degli studi milanesi

Una cartina di tornasole può essere rintracciata anche nei nostri dati che confermano un alto livello di digitalizzazione negli studi legali milanesi. L’accesso e l’utilizzo di una piattaforma di Legal Procurement digitale, come quella di 4cLegal, denota una certa predisposizione e familiarità rispetto all’introduzione di strumenti digitali innovativi e rappresenta per queste ragioni un buon indicatore dello stato di salute dell’avvocatura italiana. La piattaforma, infatti, viene utilizzata dalle imprese e dalle pubbliche amministrazioni per gestire digitalmente processi di qualifica e selezioni degli avvocati. Ad oggi sono oltre 12.500 i professionisti iscritti, provenienti da 55 Paesi di cui 8.500 in Italia attivi in 147 fori (il 3,5% del totale degli avvocati in Italia).

Su un totale di 998 studi registrati in Italia, il 19% ha sede a Milano. Inoltre, è molto interessante notare come le 5 maggiori imprese per numero di procedure coinvolgano per il 60% dei casi Studi legali milanesi.

Inoltre, gli studi legali a Milano denotano una maggior predisposizione alla sostenibilità come testimonia anche l’alto numero di richieste per il servizio di ESG Accreditation di 4cLegal. Il digitale, infatti, è parte fondamentale della Sostenibilità Environmental, Social e Governance, in quanto agevola tra le altre cose un corretto work- life balance e una maggiore inclusione sociale attraverso l’adozione di nuovi modelli di collaborazione, diminuisce gli spostamenti, dematerializza i processi, e rende più facili e trasparenti le attività di monitoraggio. Anche in questo caso i dati in nostro possesso sono molto lusinghieri: su 310 Studi professionali che hanno accreditato/stanno accreditando le loro policy ESG[1], 200 sono italiani e, di questi, 80 sono basati a Milano (40%).

 

[1] Queste le policy ESG più ricorrenti: adozione e concreta implementazione di un sistema di raccolta differenziata, adozione e concreta implementazione di una policy per l’uso minimale di carta/stampa, partecipazione dello Studio a iniziative pro bono / sostegno ad enti no profit / donazioni annuali e simili, adozione e concreta implementazione di una policy che persegua la parità di genere e l’inclusione, adozione e concreta implementazione di una policy idonea a tutelare la sicurezza e riservatezza dei dati e delle informazioni, anche dei clienti, in conformità alle normative e alle best practice applicabili.

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