06 Giugno 2018

Indicizzazione degli articoli: una questione formale

LORENZO GARBI

Immagine dell'articolo: <span>Indicizzazione degli articoli: una questione formale</span>

Abstract

L’articolo che segue spiega come sia possibile migliorare la reperibilità di alcuni articoli online non influenzandone in alcun modo il contenuto, ma solo l’estetica. Regola generale: il motore di ricerca funziona esattamente come il cervello umano!

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Cominciamo da una domanda semplice: quante volte, durante una ricerca su Google, sei andato a vedere risultati oltre la terza pagina?

In realtà, la stragrande maggioranza degli utenti non esplora pagine oltre la prima: una decina di risultati in tutto, a fronte di qualche centinaio di milioni di possibilità che il motore di ricerca mette a disposizione in una frazione di secondo. Google, per ovviare a questa situazione e incentivare gli utenti a non fermarsi in superficie, sta vagliando la possibilità di eliminare le pagine diverse dalla prima per sostituirle con la dicitura generica – e, almeno negli intenti, meno penalizzante – “Altri risultati”: potrebbe essere presto una realtà l’esistenza di una sola pagina di risultati a scorrimento infinito.

Riuscire a includere i propri contenuti nei primi dieci risultati utili diventa quindi vitale se si vuole riuscire a raggiungere il proprio pubblico. Un professionista può usare il web come gigantesca cassa di risonanza per espandere il proprio business, fare networking, farsi conoscere. Diventa quindi fondamentale sapere come il motore di ricerca sceglie quali risultati privilegiare e quali destinare alle pagine meno importanti.

In parole povere, il motore di ricerca (nella maggior parte dei casi Google) monitora continuamente il web. Se trova delle pagine nuove assegna loro un punteggio, aggiornando allo stesso tempo quello delle pagine già ispezionate. Ogni volta che un utente lancia una ricerca, il motore comprende – sulla base di algoritmi e formule statistiche -  cosa si vuole ottenere a partire da parole cercate e da altre informazioni (per esempio l’ora, la data, il device con cui si lancia la ricerca…), e restituisce risultati sulla base dei punteggi che ha attribuito alle pagine, partendo da quello reputato migliore, che finisce in cima alla lista. Per farla ancora più breve, Google crea un indice dei risultati da sottoporre all’utente.

Quando si scrive un articolo, scriverlo bene non basta. L’obiettivo è quello di attrarre più utenti possibile sui contenuti prodotti, calamitandoli sul proprio sito internet. Ci sono diversi accorgimenti che fanno aumentare il valore che Google attribuisce all’elaborato, la cui cura richiede tempo ed energie non inferiori alla stesura stessa del pezzo. Di seguito ne esaminiamo alcuni che contribuiscono, insieme a tanti altri fattori, a soddisfare la sete di visibilità dell’utente. Questo lavoro di limatura del testo va sotto il nome di Search Engine Optimization. Per amici e nemici, semplicemente SEO.

Le parti importanti di un articolo

L’ultima cosa da credere è che scrivere un articolo per la stampa sia la stessa cosa di scrivere un articolo per il web (cfr. Avvocati e web: alcune regole per la scrittura on line, di Mario Alberto Catarozzo).

Cercando su Google “ottimizzare un testo per il web” ci piove addosso una serie di blog e contenuti che trattano questa tematica. Come già detto, i fattori e le variabili che determinano la popolarità di un contenuto sono tantissimi, dunque ogni articolo può trattare solo una parte del problema. Quanto segue non fa eccezione e va a esaminare alcune parti “vitali” di un testo.

Le parole che compongono titoli e sottotitoli, ad esempio, sono speciali per il motore di ricerca. Esattamente come per la mente umana quando si legge un libro è più facile memorizzare a che capitolo siamo arrivati piuttosto che l’esatta pagina, Google riconosce titoli e sottotitoli e le parole che li compongono sono tenute in considerazione molto più che le altre parti scritte. È opportuno, allora, includere nei titoli alcune parole chiave che “rappresentano” l’articolo. Questo pezzo, ad esempio, parla di indicizzazione. Ecco quindi che questa parola compare nel titolo. Se un utente dovesse ricercare la parola “indicizzazione”, Google, a parità di tutto il resto, premierebbe questo articolo rispetto ad un altro che non contiene tale parola nel titolo.

Un ruolo fondamentale è giocato anche dalle parti speciali del testo: grassetti, corsivi, elenchi puntati saltano all’occhio umano con più immediatezza rispetto al testo normale. Funziona allo stesso modo per il motore di ricerca, che attribuisce più peso specifico a queste parti di testo. Ecco perché occorre non esagerare con i grassetti: evidenziare soltanto le parti più importanti permette all’articolo di non perdere valore assegnandolo a parole meno importanti. Ed è fondamentale utilizzare i corsivi per riprendere parti citate testualmente: il cervello umano attribuisce maggiore enfasi alle parole in corsivo, e questo Google lo sa.

È anche importante ribadire i concetti chiave: continuando a prendere come esempio questo articolo, parole come “Google”, “motore di ricerca”, “indicizzazione” sono volutamente ripresi più volte perché anche questo aiuta nel processo di SEO. Il concetto, famoso fin dall’antichità, è che “repetita iuvant”!

Infine una menzione per le immagini: inserire visual ad effetto in un articolo è un ottimo modo per catturare l’attenzione del lettore. Se questi contenuti vengono corredati di un nome, che richiama le parole chiave già ribadite nel titolo, il messaggio che queste veicolano si rafforza ulteriormente, a tutto vantaggio della reperibilità online.

Al prossimo articolo!

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