26 Luglio 2018

De-listing, diritto all’oblio e diritto di cronaca

GIAN PAOLO MARAINI

Immagine dell'articolo: <span>De-listing, diritto all’oblio e diritto di cronaca</span>

Abstract

Tra diritto al c.d. “de-listing” (art. 17 reg. UE 679/2016) e definizione del decalogo del rapporto tra diritto all’oblio e diritto di cronaca (Cass. 20 marzo 2018 n. 6919).

* * *

L’elaborazione giurisprudenziale e dottrinale, sia di ambito interno che comunitario, ha riconosciuto in modo sistematico il c.d. diritto all’oblio (right to be forgotten) che si enuclea in due principali distinte fattispecie anche per quanto attiene lo specifico ambito di applicazione e tutela: (i) “il rapporto tra diritto di cronaca, posto a servizio dell’interesse pubblico all’informazione, e diritto della persona a che certe vicende della propria vita, che non presentino più i caratteri dell’attualità, ovverosia che non siano più suscettibili di soddisfare un interesse apprezzabile della collettività a conoscerle, non trovino più diffusione da parte dei media” (Cass. 20 marzo 2018 n. 6919); (ii) il secondo ambito di tutela invece è finalizzato ad assicurare il diritto ad ottenere la rimozione, da elenchi, o archivi, o registri del proprio nominativo o di dati personali, fattispecie che quindi è strettamente correlata alla tutela del diritto di privacy, e che trova oggi espressa menzione e disciplina nell’art. 17 del Reg. UE 679/2016 entrato in vigore a far data dal 25 maggio 2018 (c.d. de-listing).

Cancellazione dei dati personali

Non è casuale che in un’era dove la tecnologia ha indotto alla ricerca, forse ossessiva, della costante necessità di condivisione di ogni aspetto della nostra esistenza, abbia trovato dignità e tutela il contrapposto diritto ad “essere dimenticato”, allo “oblio”.

Chiunque abbia avuto l’esperienza di iscriversi ad un social network e poi di recedere da tale iniziativa, si è scontrato con la difficoltà di vedere effettivamente cancellati dagli archivi dei motori di ricerca i dati (foto, condivisioni ecc..) condivisi durate tale esperienza.

L’art. 17 del reg. UE 679/2016 nel riconoscere il c.d. diritto alla “cancellazione” (de-listing) né ha enucleato i principi ed i confini. Il comma 1 del menzionato articolo stabilisce che “l’interessato ha diritto di ottenere dal titolare del trattamento la cancellazione dei dati personali che lo riguardano senza ingiustificato ritardo e il titolare del trattamento ha l’obbligo di cancellare senza ingiustificato ritardo i dati personali” se sussiste uno dei motivi indicati nella stessa norma (i.e. a) venir meno delle finalità che avevano giustificato il trattamento dei dati; revoca del consenso al trattamento; opposizione al trattamento ai sensi dell’art. 21 del regolamento; illecito trattamento dei dati; obbligo giuridico di cancellazione dei dati; raccolta dati per servizi a minori - art. 8 regolamento).

Il tema merita ovviamente maggior approfondimento ma interessa ora brevemente soffermarsi sul primo dei presupposti di cancellazione obbligatoria; il venir meno delle finalità che avevano indotto la necessità di raccolta e trattamento dei dati personali.

Il venir meno dell’interesse a tenere attivo un profilo social (i.e facebook, instagram, linkedin ecc.) è certamente uno dei casi in cui l’interessato ha il diritto a veder cancellato ogni dato condiviso durante l’uso del social network, al quale quindi si contrappone l’obbligo del titolare del trattamento a provvedere “senza ritardo” a tale cancellazione. L’obbligo alla cancellazione si estende anche ai motori di ricerca i quali devono quindi senza ritardo cancellare dai loro archivi ogni riferimento a tale pregressa esperienza di condivisione dell’interessato (il secondo comma dell’art. 17 stabilisce infatti che il titolare del trattamento è tenuto ad informare i titolari del trattamento che stanno trattando i dati personali della richiesta dell’interessato di cancellare qualsiasi link, copia o riproduzione dei suoi dati personali).

Il diritto alla cancellazione trova solo gli specifici limiti enunciati nel terzo comma della norma: a) quando il trattamento dei dati sia necessario per l’esercizio del diritto alla libertà di espressione e di informazione (tema che si ricollega al rapporto tra diritto all’oblio e diritto di cronaca; vedi infra); b) in caso di adempimento di un obbligo legale al trattamento; c) per motivi di interesse pubblico nel settore della sanità pubblica; d) ai fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica o a fini statistici ma nel solo caso in cui l’esercizio del diritto di cancellazione rischi di “rendere impossibile o pregiudicare gravemente” le suddette finalità ed interessi generali di ricerca e archiviazione (norma che si presta però a non facili ed univoche interpretazioni e quindi applicazioni); e) l’accertamento, l’esercizio o la difesa di un diritto in sede giudiziaria.

Bilanciamento tra il diritto all’oblio e i diritti generali di cronaca

Al distinto, ma collegato, tema del difficile confronto, e della non sempre agevole conciliazione, tra il diritto fondamentale di tutela della legittima aspettativa di veder interrotta la diffusione di fatti o notizie che attengono alla sfera personale con i diritti generali di cronaca, critica ed archiviazione, è invece dedicata la recente pronuncia della Cass. 20 marzo 2018 n. 6919 (in ilfamiliarista.it fasc. 29 giugno 2018). La pronuncia si segnala non solo per la dotta e chiara citazione dei precedenti sia comunitari che nazionali che si sono espressi sui principi e temi del diritto all’oblio, ma per l’apprezzabile finalità di definire un decalogo che consenta di enucleare delle regole atte a trovare un bilanciamento tra i suddetti contrapposti diritti. In base ai principi espressi dalla Cassazione infatti il diritto fondamentale all’oblio può subire una compressione a favore del diritto di cronaca solo in presenza di precisi presupposti: “1) il contributo arrecato dalla diffusione dell’immagine o della notizia ad un dibattito di interesse pubblico; 2) l’interesse effettivo ed attuale alla diffusione dell’immagine o della notizia (per ragioni di giustizia, di polizia o di tutela dei diritti e dell’altrui libertà, ovvero per scopi scientifici, didattici o culturali), da reputarsi mancante in caso di prevalenza di un interesse divulgativo o, peggio, meramente economico o commerciale del soggetto che diffonde la notizia o l’immagine; 3) l’elevato grado di notorietà del soggetto rappresentato, per la peculiare posizione rivestita nella vita pubblica e, segnatamente, nella realtà economica o politica del paese; 4) le modalità impiegate per ottenere e nel dare l’informazione, che deve essere veritiera (poiché attinta da fonti affidabili, e con diligente lavoro di ricerca), diffusa con modalità non eccedenti lo scopo informativo, nell’interesse del pubblico, e scevra da insinuazioni o considerazioni personali, si da evidenziare un esclusivo interesse oggettivo alla nuova diffusione; 5) la preventiva informazione circa la pubblicazione o trasmissione della notizia o dell’immagine a distanza di tempo, in modo da consentire all’interessato il diritto di replica prima della sua divulgazione al grande pubblico.”

Quindi, in sintesi, la contrazione del diritto all’oblio in favore del diritto di cronaca si giustifica non solo quando la notizia mantenga i presupposti che ne avevano legittimato l’originaria pubblicazione (verità, continenza e utilità sociale: decalogo del diritto di cronaca espresso sin dalla Cass. 18 ottobre 1984 n. 5259) ma quando sussistano gli ulteriori requisiti di attualità, effettività, continenza e notorietà e sia comunque preservato il diritto di replica dell’interessato.

Altri Talks