09 Febbraio 2022

L'accertamento del concorso del professionista negli illeciti tributari del contribuente

LUIGI CRITELLI

Immagine dell'articolo: <span>L'accertamento del concorso del professionista negli illeciti tributari del contribuente</span>

Abstract

I compensi professionali anche laddove lauti non costituiscono un vantaggio diretto di un illecito.

Il Giudice Tributario non può limitarsi a rilevare l'esistenza di sentenze penali in materia di reati tributari, recependone, senza motivazione critica, le conclusioni ma può tener conto, utilizzandoli, dei contenuti dichiarativi resi dai testi assunti nel relativo dibattimento penale.

***

I fatti ed il primo grado di giudizio

La decisione in commento trae origine dalla notifica di plurimi atti di irrogazione sanzioni emessi per essersi accertate ai sensi dell'art. 9 del D. Lgs. 472/97 le responsabilità di una professionista che, in concorso con altri soggetti avrebbe contribuito, attraverso un sistema fraudolento, alla realizzazione di una serie di illeciti tributari e contributivi.

La Commissione Tributaria Provinciale di Milano respingeva i ricorsi proposti dalla professionista affermando la regolarità dell'attivazione del contraddittorio endoprocedimentale e l’accertamento del ruolo della ricorrente nella frode sulla scorta di elementi quali e-mail scambiate dalla stessa, il possesso di scritture contabili, lo svolgimento di consulenze mirate a favore dei soggetti costituiti per il compimento della frode.

Per la prima Commissione non si trattava di una mera consulenza fiscale ma di una condotta finalizzata al compimento di un meccanismo fraudolento, dunque sussumibile sotto l'ambito applicativo dell'art. 9 D.Lgs. 472/97 e non sarebbe invocabile il principio della c.d. riferibilità esclusiva alla persona giuridica delle sanzioni amministrative tributarie a norma dell'art. 7 del D.L. 269/03 (convertito con L. 326/03), tenuto conto che nella fattispecie in esame sarebbe comprovato il carattere simulato del meccanismo fraudolento e dei soggetti ivi coinvolti a fronte del vantaggio finale per le persone fisiche coinvolte.

 

La pronuncia di secondo grado in ordine all'accertamento della corresponsabilità del professionista

Il gravame proposto dalla professionista veniva accolto in quanto veniva ritenuto fondato in via assorbente il quarto motivo svolto consistente nella violazione e falsa applicazione degli artt. 9 e 11 D.Lgs. 472/97 e dell'art. 7 D.L. 269/03, in ordine all'affermazione del concorso della ricorrente, anche per dolo e colpa grave, nell'illecito contestato alle società contribuenti.

Per la Commissione di secondo grado la motivazione dei primi giudici è risultata apparente, generica e senza alcun riferimento a elementi specifici a sostegno del concorso del professionista, non solo dal punto di vista di condotte chiare e specifiche, ma anche sotto il profilo della sussistenza del dolo o della colpa grave richiesta dall'art. 11 D.Lgs. 472/97 nell'ipotesi di concorso della persona fisica in illeciti commessi da società di capitali o enti.

Gli elementi in atti dimostravano l'atteggiamento inconsapevole della professionista desumibile:

a) da servizi amministrativi resi personalmente e direttamente dalle impiegate dello studio professionale in rapporto alle impiegate -loro corrispondenti- delle società contribuenti

b) dal tenore e contenuto di un'intercettazione telefonica

c) dal comportamento tenuto dalla professionista nei confronti di alcune cooperative laddove, non appena venuta a conoscenza del mancato versamento dell’IVA determinata dalla società di elaborazione dati, non aveva esitato a rimettere l'incarico

Secondo la Commissione Regionale non risultava neppure un vantaggio diretto della professionista visto che l'Ufficio lo aveva genericamente individuato negli asseriti lauti compensi professionali percepiti non altrimenti ottenibili ed invece:

-tali compensi non avrebbero dovuto essere qualificati come "lauti” e “non altrimenti ottenibili" visto che una teste aveva rappresentato gli enormi volumi di fatture e dati e dichiarato che la tariffa applicata non era per nulla anomala rispetto alle tariffe applicate ad altri clienti e che l'Ufficio non aveva svolto comparazioni con tariffe medie praticate da professionisti per prestazioni simili, né effettuato indagini sulle tariffe applicate da quella professionista ad altri propri clienti

-pur ammettendosi la circostanza dei lauti compensi, essa non sarebbe stata comunque qualificabile come vantaggio diretto poiché l'art. 11 c.1 D.Lgs. 472/97 si esprime esclusivamente in termini di vantaggi diretti da parte del concorrente derivanti dall'illecito commesso dalla società. I compensi professionali non sono, infatti, un vantaggio diretto di un illecito ma un corrispettivo per dei servizi/prestazioni pacificamente prestati dalla società di elaborazione dati

 

La pronuncia di secondo grado in ordine all'utilizzabilità ed interpretabilità delle risultanze istruttorie del dibattimento penali e delle conclusioni

Rilevava, peraltro, il Collegio come il Giudice Tributario possa tener conto, utilizzandoli, dei contenuti dichiarativi resi dai testi assunti nel parallelo dibattimento penale. Ed invero, è stato già affermato dalla S.C. di Cassazione che nel processo tributario, il Giudice può fondare il proprio convincimento in materia di responsabilità fiscale anche su elementi presuntivi, con una sua autonoma valutazione del quadro indiziario complessivo esaminato dal Giudice penale, poiché né le sentenze penali hanno efficacia di giudicato nel processo tributario, né in questo la legge pone limitazioni (salvo che per le prove orali, non ammesse ex art. 7 D.Lgs. 546/92) alla prova della situazione soggettiva controversa; ne discende che il Giudice Tributario non può limitarsi a rilevare l'esistenza di sentenze penali in materia di reati tributari, recependone, senza motivazione critica, le conclusioni (Cass. 20860/10). Il Giudice, del resto, ai fini del proprio convincimento, può autonomamente valutare ogni elemento dotato di efficacia probatoria e, dunque, anche le prove raccolte in un processo penale e le dichiarazioni verbalizzate dagli organi di polizia giudiziaria in sede di sommarie informazioni testimoniali, e ciò anche se sia mancato il vaglio critico del dibattimento in quanto il procedimento penale è stato definito ai sensi dell'art. 444 cod. proc. pen., potendo la parte, del resto, contestare, nell'ambito del giudizio civile, i fatti così acquisiti in sede penale (Cass. 2168/13).

Concludendo, l'estraneo, al pari del dipendente o di altro soggetto legato da un rapporto organico con la società, non può concorrere ed essere chiamato a rispondere in solido per le sanzioni irrogate all'ente, tranne nei casi in cui l'Ufficio dimostri che la commissione della violazione da parte dell'estraneo persona fisica risponde a un interesse esclusivamente proprio e quindi sia sanzionabile la persona fisica autrice della violazione che non abbia agito nell'interesse della società, ma abbia perseguito un interesse proprio o comunque diverso da quello sociale (Cass. 12334/19), ovvero che abbia artificiosamente costruito una società per fini illeciti e personali, poiché in tal caso la persona giuridica è una mera fictio creata nell'interesse della persona fisica esclusiva beneficiaria delle violazioni (Cass. 10975/19 ; Cass. 5924/17 ; Cass. 19716/13).

La Suprema Corte di Cassazione ha recentemente confermato tale orientamento (ordinanze 9448, 9449, 9450 e 9451 del 22.05.2020) ribadendo il principio secondo cui, ai sensi dell'art. 7 D.L. 260/03, conv. in L. 326/03, le sanzioni amministrative gravano esclusivamente sulla persona giuridica contribuente titolare del rapporto tributario, con esclusione della responsabilità a titolo concorsuale delle persone fisiche, indipendentemente dalla sussistenza di un rapporto organico delle medesime con l'ente, mentre sono sanzionabili, ex art. 9 D.Lgs. 472/97, i concorrenti esterni rispetto alla violazione tributaria commessa da soggetti privi di personalità giuridica.

 

Per la commissione di secondo grado, l'Ufficio non ha dunque provato che la professionista avesse commesso violazioni per ottenere vantaggi diretti diversi da quelli sociali né provato che si fosse creata una struttura fittizia nell'interesse della persona fisica esclusiva beneficiaria delle violazioni.

Altri Talks