04 Dicembre 2020

L'eredità digitale

GRAZIA CANELLI

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Abstract

Tra le sfide del futuro vi è senz’altro quella di garantire e disciplinare il trasferimento mortis causa del patrimonio digitale, considerando tutte le caratteristiche tipiche dei c.d. beni digitali.

In mancanza di una disciplina legislativa adeguata, sono gli operatori giuridici a svolgere un ruolo fondamentale nella creazione di buone prassi e soluzioni mirate in tema di “eredità digitale”.

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Eredità Digitale e Prospettive Future

Nel mondo virtuale, la persona non è rappresentata dalla sua fisicità ma da quell’infinità di dati che, nel corso della vita, ha immesso in rete e che permangono anche successivamente alla morte fisica

Ad una identità fisica si è affiancata, se non sovrapposta, una “identità digitale”.

Stefano Rodotà, quasi venti anni addietro, parlò per la prima volta di “corpo elettronico”, interrogandosi sulla trasformazione dell’identità umana in rapporto all’uso della tecnologia

Gli interrogativi posti dall’Illustre Giurista sono oramai attualità ed il diritto, oggi, è chiamato ad assumere un ruolo determinante nel c.d. mondo digitale al fine di garantire la regolamentazione dei rapporti tra i soggetti, i beni e i dati che “vivono” in un ambiente “liquido” come quello del web.

 

Il concetto di morte nel mondo digitale

La c.d. morte digitale è un concetto evanescente (non potendosi affermare che esista una morte digitale analoga a quella biologica) e rende necessario ricondurre il fenomeno della permanenza dei dati in rete post mortem alla c.d. cancellazione, unica operazione in grado di garantire “l’oblio” (ossia l’indisponibilità dei dati) nel mondo digitale.

Il Reg. UE n. 679/2019 consente all’interessato (in vita) di richiedere ed ottenere la cancellazione dei propri dati personali ovvero di pianificare, anche ex ante, la sorte che i dati personali dovranno avere post mortem (c.d. diritto all’oblio).

Il legislatore italiano, dimostrandosi particolarmente sensibile al tema della morte digitale, attraverso il D. Lgs. n. 101 del 2018, ha inteso amplificare la portata del c.d. diritto all’oblio rispetto a quanto previsto dalla normativa europea. [1]

Tant’è vero che l’art. 2 terdecies, comma 1 – del D. Lgs. n. 101 del 2018 – stabilisce che i diritti di cui agli artt. 15 e 22 del Regolamento UE, riferiti ai dati personali di soggetti deceduti, possono essere esercitati “da chi ha un interesse proprio, o agisce a tutela dell’interessato, in qualità di suo mandatario, o per ragioni familiari meritevoli di protezione”. 

La normativa nazionale, pertanto, prevede la trasmissione mortis causa del diritto alla cancellazione (lo stesso diritto che sarebbe spettato in vita al defunto) a favore di tutti coloro che abbiano un legittimo interesse e, dunque, conferisce agli eredi la possibilità di decretare la morte digitale.

 

La natura del bene digitale: tra beni patrimoniali e personali

Il patrimonio digitale può essere composto da contenuti personali, intimi ed affettivi, e da beni digitali a carattere patrimoniale, ossia tutto ciò che assume una configurazione digitale (ma che non rientra nei dati personali) come supporti fisici, pc, chiavette che si trovino nella piena disponibilità del de cuius così come i contratti che regolano i rapporti di servizi via web, conti on – line, carte di credito, bitcoin etc.

I beni a contenuto patrimoniale si caratterizzano per il loro valore economico intrinseco e la facoltà di utilizzazione economica che attribuiscono al titolare, si pensi ai software, alle fotografie di un fotografo professionista, ai video di un filmmaker, ai progetti di un architetto presenti su un programma utilizzato per la progettazione etc. 

I beni a contenuto non patrimoniale (o personale, o familiare), invece, sono tutti quei beni suscettibili di essere considerati nella loro rispondenza ad interessi individuali, familiari, affettivi o sociali (i ritratti fotografici e/o i filmati di famiglia digitali, le corrispondenze via e-mail, le conversazioni elettroniche private).

Le due classi di beni, in molti casi, sono sovrapponibili ed un bene può avere contemporaneamente contenuto patrimoniale e personale. 

Si pensi, ad esempio, ai casi in cui una persona utilizza internet per lavoro. Si pensi al decesso di un soggetto che gestisce un celebre account social o ad un account YouTube, che genera grandi guadagni grazie alla pubblicità. In tali circostanze, l’identità digitale del de cuius assume ex se contenuto anche patrimoniale oggetto di successione ereditaria.

Senza considerare che, tra i beni a contenuto patrimoniale o non patrimoniale, ve ne sono alcuni che rientrano tra le opere creative dell’ingegno (quali, ad esempio, le opere di uno scrittore, le fotografie digitali effettuate da un fotografo professionista, gli studi di un professore universitario o di un ricercatore, i disegni di un grafico, etc.) che soggiacciono ai criteri di delazione disciplinati dalla legge sul diritto d’autore (Legge n. 633/41 e successive modifiche).

 

Gli strumenti giuridici di trasmissione mortis causa del patrimonio digitale

La trasmissione del patrimonio digitale, in mancanza di una preventiva pianificazione, può rilevarsi complessa e difficoltosa. 

L’ordinamento italiano non prevede alcuno strumento giuridico specifico per il trasferimento mortis causa del patrimonio digitale, per cui si rende necessario avvalersi degli istituti già vigenti in materia di diritto successorio, adattandoli alla realtà tecnologica. 

Attualmente, il mandato post mortem exequendum è lo strumento più utilizzato per il trasferimento dei beni a contenuto personale. Tuttavia risulta, da solo, insufficiente al trasferimento dei beni digitali a contenuto patrimoniale oltre a presentare il rischio che il mandante possa sempre procedere a revocare il mandato post mortem, anche attraverso un comportamento concludente (art. 1733 e s.s. c.c.).

Diversamente colui che intenda disporre del proprio patrimonio, sia per i beni a contenuto patrimoniale sia di quelli a contenuto personale, potrebbe avvalersi del testamento e del c.d. legato di password. Tali istituti, però, risultano da soli inadeguati alla consegna delle credenziali di accesso a causa dell’onere di pubblicazione della scheda testamentaria nonché per ragioni di sicurezza. 

Altra soluzione potrebbe essere quella della figura dell’esecutore testamentario. Anche tale istituto soggiace ad una problematica insuperabile: quella dell’accettazione dell’incarico. L’incarico di esecutore testamentario può essere, infatti, liberamente accettato o rinunciato dalla persona nominata esecutore con la conseguenza che, nel caso in cui il nominato esecutore non voglia o non possa accettare l’incarico, le volontà testamentarie potrebbero restare inattuate. 

Ad oggi, individuare uno strumento che consenta di trasferire la c.d. “ricchezza digitale” è una vera e propria esigenza sociale, prima ancora che giuridica. Esigenza carpita da diversi servizi on – line che hanno sviluppato piattaforme automatizzate tali da consentire la pianificazione della sorte dei beni digitali post mortem, come servizi di conservazione delle credenziali, creazione di inventari digitali, etc .[2] 

 

Prospettive future: blockchain e testamento “intelligente”

Negli ultimi tempi una nuova tecnologia ha ottenuto il suo riconoscimento da parte del Legislatore. Si tratta di una tecnologia basata su registri distribuiti, comunemente nota come blockchain. Una blockchain è un registro digitale aperto e distribuito, in grado di memorizzare registrazioni di dati in modo sicuro, verificabile e permanente, concatenate in ordine cronologico, e la cui integrità è garantita dall’uso della crittografia

L’avvento della blockchain ha portato con sé lo sviluppo di una nuova modalità di esecuzione del contratto che ricade sotto la denominazione di smart contract, cioè di un contratto che viene direttamente eseguito dall’elaboratore elettronico senza alcuna interazione umana. Un algoritmo che consente di identificare le condizioni contrattuali, il loro adempimento e le relative conseguenze giuridiche.[3] 

Lo smart contract registrato su una blockchain, oltre a consentire un’identificazione dell’utente, garantisce che questo non venga disatteso, modificato o revocato grazie alla sua memorizzazione sotto forma di codice. 

Traslando il meccanismo della blockchain in ambito successorio c’è chi sostiene che lo smart contract potrebbe costituire una vera e propria nuova forma di testamento, il c.d. testamento intelligente, ed essere utilizzato per rendere automatica l’esecuzione del processo successorio.

Tuttavia, resterebbero aperte diverse problematiche relative alla validità del testamento e le sue modifiche, alla partecipazione alla rete blockchain degli eredi e dei legatari, alla tutela dei dati personali tra cui anche i dati biometrici, all’evoluzione tecnologica etc, etc.

Una tale soluzione, allo stato, appare futuristica sia dal punto di vista sociale ma, soprattutto, dal punto di vista giuridico. 

 

 

[1] Alessandro D’Arminio Monforte, La successione nel patrimonio digitale, Pacini Giuridica, 2020.

[2] Monforte, Nel panorama italiano sono solo due le piattaforme che si sono sviluppate per rispondere a tali esigenze: “eMemory” e “eLegacy” . Op. Cit.

[3] Lemme, Blockchain, Smart contract, privacy o del nuovo manifestarsi della volontà contrattuale, in AA. VV. Privacy digitale, riservatezza e protezione dei dati personali tra GDPR e nuovo Codice Privacy, a cura di E. Tosi, Giuffrè, 2019.

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