09 Marzo 2022

In merito alla residenza fiscale delle persone fisiche

PAOLO COMUZZI

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Abstract

La sentenza della CTR per la Toscana (1153/2021) presenta profili di interesse sia con riferimento all’aspetto sostanziale della residenza fiscale delle persone fisiche sia con riferimento agli aspetti procedurali che riguardano il rapporto tra Amministrazione Finanziaria e contribuente in sede di verifica e poi nella successiva fase di contenzioso fiscale.

La sentenza prende in considerazione il tema della mancata compilazione del quadro RW da parte di una persona fisica che viene assunta essere un soggetto residente fiscale nell’ambito dello stato italiano (e quindi tenuto alla compilazione dello specifico quadro per quanto concerne le disponibilità detenute all’estero).

Il soggetto accertato, di nazionalità russa, resiste alla pretesa sanzionatoria dell’Agenzia delle Entrate (Agenzia di Lucca) contestando numerosi aspetti della decisione della CTP che aveva confermato la posizione dell’ufficio ed in particolare resiste sul punto della residenza fiscale.

 

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In merito alla residenza fiscale

La residenza fiscale (e questo sia con riferimento alle persone fisiche che alle persone giuridiche) è un tema centrale del diritto tributario considerato che l’ordinamento tributario italiano prevede una tassazione dei soggetti residenti con la regola del “world – wide principle” mentre per i non residenti chiede le imposte solo sui redditi prodotti nel territorio dello Stato ai sensi di una specifica norma del TUIR.

A carico dei soggetti residenti fiscali in Italia sono posti anche alcuni adempimenti dichiarativi che potremmo definire di carattere informativo (predisposizione del quadro RW) che consentano alla Amministrazione Finanziaria di avere un quadro preciso della posizione (non solo reddituale) del contribuente.

Di conseguenza accertare la posizione in merito alla residenza fiscale diviene un elemento fondamentale e del resto le cause che hanno investito la residenza fiscale di persone anche di chiara fama sono state numerose e hanno avuto conclusioni difformi.

Va posto in evidenza che gli step di carattere giuridico per accertare la posizione in merito alla residenza fiscale sono sempre duplici: 1) il primo prevede che l’accertamento della residenza fiscale sia operato tenendo conto della normativa interna (ovvero del TUIR) che stabilisce con chiarezza quando una persona fisica può essere considerata come residente fiscale; 2) il secondo concerne l’esame della convenzione contro le doppie imposizioni eventualmente in essere e che potrebbe derogare alle norme previste nel TUIR ed è cosa ovvia che le regola previste nelle convenzioni prevalgono (questo è fuori discussione) sulle regole del TUIR.

Ovviamente in assenza di una convenzione contro le doppie imposizioni il conflitto di residenza fiscale che potrebbe insorgere tra lo Stato italiano e lo Stato estero dovrebbe trovare soluzione solo tenendo conto delle norme del TUIR (e quindi si devono ignorare le norme dello stato estero sulla materia).

Nel caso portato alla nostra attenzione la CTP di Lucca ha considerato la persona fisica come residente fiscale in Italia in quanto: a) non era iscritto all’AIRE; b) ha presentato la dichiarazione dei redditi come soggetto residente fiscale in Italia; c) possiede numero quattro immobili in Italia; d) è legale rappresentante di una società in Italia; e) è titolare di utenze; f) ha una collaboratrice domestica in Italia.

Il ricorrente ovviamente contesta in modo totale questa conclusione e la relativa sentenza e lo fa con alcune affermazioni che hanno un certo rilievo.

La prima di queste affermazioni è che la CTP avrebbe preso in considerazione solamente la normativa interna al fine di dirimere la questione in merito alla residenza fiscale.

Si tratta di una considerazione che è certamente corretta sul piano teorico (e giuridico) in quanto, essendo vigente tra Italia e Russia una convenzione contro le doppie imposizioni, la CTP di Lucca avrebbe dovuto motivare la decisione secondo i seguenti step logici: a) determinare la posizione del soggetto ai sensi della normativa interna (e se avesse concluso per la non residenza ai sensi della normativa interna era inutile qualsiasi esame ulteriore della fattispecie); b) esaminare la conclusione raggiunta tenendo conto anche della convenzione contro le doppie imposizioni in essere ed indicando in modo chiaro se il dettato convenzionale confermava la posizione in merito alla residenza fiscale o consentiva di escludere che la persona fisica fosse da considerare come residente in Italia.

E’ proprio sulle regole convenzionali che la persona fisica vorrebbe fare leva per ottenere la riforma della sentenza di 1° grado ed in particolare il ricorrente vorrebbe insistere sul concetto di abitazione permanente (una delle famose “tie breaker rule” previste nella convenzione).

Il soggetto sostiene che il conflitto di residenza avrebbe dovuto risolversi guardando a queste regole dirimenti e quindi facendo prevalere, al termine dell’esame, il punto della nazionalità (in questo caso russa).

La CTR indica che, a fronte di quanto portato dall’Agenzia ed esplicitato in primo grado, il contribuente non ha fornito una adeguata documentazione probatoria della propria asserzione e quindi conclude per la residenza fiscale in Italia.

Per concludere sul punto diciamo che certamente gli elementi portati alla attenzione della CTP dall’Agenzia di Lucca sono forti anche se taluni di questi hanno carattere di presunzione e non forniscono alcuna certezza.

In questo ambito presuntivo vanno collocati sia il tema della iscrizione all’AIRE (che è un elemento che serve a segnalare una residenza estera ma non a fornire una certezza circa la stessa) e la dichiarazione dei redditi compilata e presentata come residente fiscale (e la dichiarazione è sempre revocabile).

Al contrario di maggior forza, per fondare la esistenza di una posizione come residente fiscale in Italia, sono gli altri quattro elementi portati dall’Agenzia delle Entrate, elementi che lasciano intendere una presenza del soggetto nello Stato italiano e quindi la sua condizione di residente fiscale.

Si tratta certamente di elementi fattuali ma questo è certamente corretto in quanto la dimostrazione della condizione di residente fiscale non è qualche cosa di teorico ma richiede una precisa indicazione degli elementi di fatto che portano a questa conclusione (come del resto avvenuto in tutte le sentenze che hanno preso in considerazione questa specifica materia).

Per concludere diciamo che secondo la nostra opinione la decisione della CTR per la Toscana appare corretta sul piano sostanziale e fondata anche con riferimento agli aspetti di carattere procedurale come diremo nel seguito.

 

In merito agli aspetti procedurali

Appare del tutto corretta l’affermazione della CTR per la Toscana secondo cui non possono essere presi in considerazione ulteriori documenti portati dal contribuente nel momento in cui risulta che lo stesso si è ben guardato dal presentarli all’Agenzia nel momento in cui è stato chiamato a fornire chiarimenti e anche nel giudizio di primo grado ha evitato di presentarli ai giudici.

In questa situazione specifica il contribuente non può certamente pretendere (salva la dimostrazione del fatto a lui non imputabile) di avvalersi di documenti che ha pensato di non portare al vaglio dell’ufficio in sede precontenziosa e dei giudici di primo grado.

 

Conclusioni

La decisione della CTR appare corretta sul piano metodologico in quanto la stessa ha:

  1. preso in considerazione la norma interna in tema di residenza fiscale;
  2. ha dato conto della esistenza di una convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Russia;
  3. ha escluso che il dettato convenzionale portasse ad una conclusione diversa rispetto a quella formulata;
  4. negato la presentazione al giudice di documenti che in precedenza il contribuente non aveva prodotto in sede di “discussione” con l’ufficio ed in sede di giudizio avanti alla CTP di Lucca.

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