09 Novembre 2018

Patent box: prime esperienze di ruling

DOMENICO RINALDI

Immagine dell'articolo: <span>Patent box: prime esperienze di ruling</span>

Abstract

L’Agenzia delle Entrate (AE) sta chiudendo i Patent Box ruling relativi al periodo d’imposta 2015.

Al contempo, durante questi procedimenti, l’AE ha definito alcune prassi operative che hanno sciolto numerosi dubbi, sorti all’ inizio dell’entrata in vigore di questa agevolazione fiscale. Nel presente articolo esporremo alcune di queste prassi con riferimento all’impiego del Residual Profit Split Method, constatate durante i ruling. Il lavoro si articola nei seguenti paragrafi:

- Sintesi illustrativa del Patent Box e della funzione del “ruling”;

- I dubbi applicativi;

- Sintesi illustrativa del metodo “Residual Profit Split” ed esempi di prassi applicative.

* * *

Sintesi illustrativa del Patent Box e della funzione del “ruling”

L’agevolazione fiscale c.d. “Patent Box”, disciplinata dall’l’articolo 1, commi da 37 a 45, legge n. 190/14 e dal D.M. del 28/11/2017, consente alle imprese di escludere dalla base imponibile, ai fini delle imposte dirette, il 50% dei redditi derivanti dall’utilizzo di software protetto da copyright, di brevetti industriali, di disegni e modelli, nonché del c.d. “know how”. Il metodo per determinare il reddito attribuibile a detti beni è individuato attraverso un apposito accordo con l’Agenzia delle Entrate (c.d. “ruling”).

I dubbi applicativi

L'articolo 12 del decreto menzionato chiarisce che nella determinazione del contributo economico dei beni immateriali agevolati si debba fare riferimento agli “standard internazionali rilevanti elaborati dall'Ocse con particolare riferimento alle linee guida in materia di prezzi di trasferimento”. Con la Circolare n.11/2016 dell’AE, con riferimento a dette linee guida, occorre rifarsi al metodo “CUP” o, in subordine, al metodo “Residual Profit Split” (RPS). Tuttavia, nell’applicazione pratica di queste metodologie, sono sorti sin dall’inizio molti dubbi, in quanto la Circolare non è scesa nei dettagli più operativi. La firma dei primi ruling ha permesso di codificare alcune prassi che, probabilmente, diventeranno uno standard per il futuro. Nello specifico, i dubbi maggiori erano sorti proprio con riferimento all’applicazione del metodo RPS.

Sintesi illustrativa del metodo “Residual Profit Split” ed esempi di prassi applicative

La Circolare n.11/2016 ha chiarito che gli step per implementare detto metodo sono i seguenti:

- “individuazione del reddito di impresa da ripartire tra le diverse funzioni aziendali”;

in sostanza, l’AE vuole che sia prodotto un bilancio analitico, a livello dei conti elementari della contabilità generale da ripartire per destinazione tra le singole funzioni aziendali. Tipicamente, le funzioni sono Produzione, Vendita, R&D e Spese Generali. Ogni singolo conto deve trovare posto in una o più di queste funzioni. Il totale delle Spese Generali andrà riallocato sulle singole funzioni, trovando un’adeguata allocation key. Ad esempio, si potrebbe utilizzare il rapporto tra spese del personale destinato alla produzione rispetto al totale del costo del personale. Naturalmente, la scelta dell’allocation key va scelta in relazione al contesto aziendale specifico;

- “remunerazione delle funzioni cosiddette routinarie, tenendo conto dei principi e delle indicazioni contenute nelle Linee Guida Ocse e applicando, pertanto, i metodi e criteri previsti nelle stesse”;

operativamente, si tratta di individuare un PLI (Profit Level Indicator) di mercato relativo ad aziende che siano comparabili alle funzioni di Produzione e di Vendita. Ad esempio, per la funzione di Produzione, si dovrà scegliere un campione di aziende, dello stesso settore industriale della tested party, che svolgono attività produttiva senza l’ausilio di attività di ricerca e sviluppo o qualsivoglia impiego di beni immateriali. Solo così il campione potrà essere comparabile ad una funzione di produzione “isolata” dal resto delle funzioni aziendali. La conseguenza è che sovente il campione sarà costituito da aziende “terziste” di società più grandi che sviluppano il prodotto. Tuttavia, non per tutti i settori industriali è possibile trovare un campione del genere. Ad esempio, può capitare che le imprese terziste siano in massima parte imprese individuali o società di persone, vale a dire aziende i cui dati contabili non sono disponibili al pubblico. Inoltre, potrebbe capitare che il campione individuato sia costituito da aziende di dimensioni eccessivamente piccole (in termini di valori di conto economico) rispetto alla “tested party”, ponendo problemi di comparabilità. Consapevole di queste complicazioni, l’Agenzia delle Entrate, per le piccole e medie imprese, sta proponendo di accettare benchmark predefiniti dall’Agenzia stessa in funzione dei codici ATECO, in modo tale da rendere più semplice il contraddittorio e liberare i contribuenti da onerose indagini statistiche;

- “determinazione dell’extraprofitto derivante dall’utilizzo di tutti i beni intangibili e degli eventuali altri fattori che contribuiscono alla creazione di valore, individuato come differenza tra risultato economico della società e remunerazione delle funzioni routinarie”; una volta individuati i PLI di mercato (in autonomia o accettando quelli dell’AE), sarà possibile determinare il profitto delle singole funzioni. Ad esempio, avendo determinato il Markup On Total Cost di mercato (EBIT/Totale Costi di produzione) di aziende svolgenti solo attività produttiva, e il Return on Sales di mercato (EBIT/Ricavi) delle aziende che svolgono solo attività di distribuzione, sarà possibile attribuire un profitto specifico alle singole funzioni di Produzione e di Vendita. Sottraendo dall’EBIT di Conto Economico il Profit della Funzione Produzione e quello della Funzione Vendita, si otterrà il Profitto attribuibile alla Funzione R&D.

- “individuazione di tutti i beni intangibili e degli altri eventuali fattori cui può essere riferito il predetto extraprofitto e selezione del bene intangibile (o dei beni intangibili) oggetto di agevolazione”;

Ad esempio, se è presente un marchio (per cui non è stata richiesta l’agevolazione) per il quale si sostengono spese di sviluppo, si presume che anche il marchio contribuisca a generare utile, per cui il Profitto R&D non può essere attribuito esclusivamente ai soli beni immateriali oggetto della richiesta di agevolazione.

- “imputazione della quota parte di extra-profitto attribuibile al bene intangibile (o beni intangibili) oggetto di agevolazione, isolando la quota parte di extra-profitto attribuibile ad altri fattori che contribuiscono alla creazione di valore”.

L’individuazione del profitto attribuibile al marchio può essere fatta scegliendo un’opportuna allocation key. Per esempio, si potrebbe calcolare il rapporto tra spese di sviluppo marchio (es. pubblicità) e il totale delle spese R&D. Questo coefficiente, moltiplicato per il Profitto R&D, può rappresentare la quota di utile attribuibile al marchio. Sottraendo dal profitto R&D la quota di profitto attribuibile al marchio, si otterrà il Profitto agevolabile ai fini Patent Box.

Altri Talks