14 Luglio 2021

La qualificazione giuridica della cessione di cubatura, una querelle a lieto fine

FABIO SPINELLI BARRILE

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Abstract

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza del 9 giugno 2021, n. 16080, hanno stabilito che la cessione di cubatura costituisce un atto “immediatamente traslativo di un diritto edificatorio di natura non reale a contenuto patrimoniale” e pertanto assoggettato ad imposta proporzionale di registro con aliquota al 3% ex art. 9 della Tariffa allegata al TUR, nonché, in caso di trascrizione e voltura, ad imposte ipocatastali in misura fissa ai sensi del d.lgs. n. 347/1990.

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La qualificazione giuridica del contratto di cessione di cubatura e i suoi risvolti fiscali

Come noto, il contratto di cessione di cubatura costituisce l’accordo concluso tra proprietari di fondi tra loro in prossimità ed aventi destinazione urbanistica, mediante il quale la parte cedente, rinunciando dietro corrispettivo allo sfruttamento della cubatura realizzabile sul proprio terreno, distacca la facoltà inerente al suo diritto dominicale di costruire e, formando un diritto a sé stante, lo trasferisce definitivamente all'acquirente.

Orbene, stante la peculiarità di tale contratto, da tempo la giurisprudenza si è interrogata circa la qualificazione giuridica di detta cessione. In particolare, secondo un primo orientamento la cessione di cubatura andrebbe qualificata quale atto traslativo di un diritto reale, il cui oggetto sarebbe costituito dal diritto di edificare quale manifestazione del diritto di proprietà. Secondo un contrapposto indirizzo, invece, l’accordo tra le parti si tradurrebbe nell’impegno del cedente a far sì che la PA rilasci nei confronti del cessionario un permesso di costruire per cubature maggiorate e dunque dovrebbe essere qualificato come un contratto ad effetti meramente obbligatori.

La diversa qualificazione giuridica del contratto in esame riveste particolare rilevanza pratica sotto l’aspetto fiscale in ragione delle sue implicazioni ai fini delle imposte indirette. Ed infatti, relativamente all’imposta di registro, qualora si dovesse aderire al primo indirizzo, troverebbe applicazione l’imposta con aliquota al 9%, prevista gli per gli “atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento” dall’art. 1 della Tariffa allegata al d.P.R. n. 131/1986, (di seguito “TUR”), contrariamente, nel caso in cui si dovesse propendere per il secondo orientamento, la cessione sarebbe assoggettata ad imposta nella misura del 3% ex art. 9 della medesima Tariffa “per gli atti diversi da quelli altrove indicati aventi per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale. Allo stesso modo, per le imposte ipocatastali, ai sensi del d.lgs. n. 347/1990, l'adesione alla prima tesi comporterebbe l’applicazione delle imposte in misura proporzionale, mentre in base alla seconda impostazione l’atto di cessione sarebbe assoggettato ad imposte in misura fissa.

Anche in ragione dei suoi considerevoli risvolti dal punto di visita fiscale, la risoluzione della questione è stata sottoposta al vaglio delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.

 

L’esame dei contrapposti orientamenti e le criticità rilevate dalle Sezioni Unite

Ebbene, allo scopo di determinare la corretta qualificazione giuridica della cessione di cubatura, le Sezioni Unite hanno attentamente analizzato i due opposti orientamenti emersi nel tempo.

In particolare, è stato innanzitutto riscontrato che l’indirizzo secondo cui la cessione di cubatura costituirebbe un atto traslativo di un diritto reale, seppur abbia il pregio di valorizzare lo sfruttamento edilizio del suolo quale utilità intrinseca del fondo, non risulta esente da criticità. Ed infatti, il diritto oggetto di cessione non sembra riconducibile ad alcun diritto reale tipico. Non potrebbe anzitutto assimilarsi al diritto di superfice poiché difetta l’alterità tra il proprietario del suolo e quello della costruzione. Allo stesso modo, non potrebbe ricondursi allo schema delle servitù per una pluralità di ragioni. In primis, il carattere di assolutezza ed immediatezza proprio dei diritti reali è irrimediabilmente contraddetto dalla necessaria emissione di un provvedimento discrezionale della PA. In secondo luogo, il comportamento attivo del cedente finalizzato al rilascio del provvedimento amministrativo è incompatibile con il principio secondo cui “servitus in faciendo consistere nequit”. E inoltre, perché si possa configurare una servitù, mancherebbe il requisito della vicinitas. Se infatti è vero che non è richiesta la necessaria contiguità dei fondi, non è neppure sufficiente la loro appartenenza alla medesima zona urbanistica.

Di contro, le Sezioni Unite hanno altresì rilevato che anche l’opposto orientamento, secondo cui la cessione sarebbe un contratto ad effetti meramente obbligatori, dove il cessionario acquista il diritto solo a seguito del provvedimento amministrativo, desta non poche perplessità. In particolare, è stato osservato che tale tesi, attribuendo importanza preminente al provvedimento della PA, rischia di degradare la volontà dei privati ad una mera attività preliminare all’esercizio del potere amministrativo. Sembrerebbe così sminuita una disposizione patrimoniale in realtà particolarmente rilevante tanto per i suoi effetti giuridici quanto economici.

 

Il contributo interpretativo dell’art. 2643 n.2-bis) C.C.

Dati questi presupposti, le Sezioni Unite, al fine di risolvere la dibattuta questione in commento, hanno ritenuto che un importante contributo interpretativo si debba trarre dall’introduzione dell’art. 2643 n. 2-bis) c.c., ai sensi del quale sono soggetti a trascrizione “i contratti che trasferiscono, costituiscono o modificano i diritti edificatori comunque denominati”. Ed infatti, secondo la Suprema Corte, da detta disposizione si ricavano una serie di implicazioni che non consentono né di ricondurre la cessione di cubatura nell’ambito degli atti traslativi di un diritto reale, né di ritenere il provvedimento amministrativo prevalente rispetto alla volontà delle parti. Un primo argomento di carattere sistematico è costituito dal fatto che l’elencazione di cui all’art. 2643 c.c. non presuppone che gli atti trascrivibili siano necessariamente a effetti reali, né che il diritto oggetto di cessione abbia natura reale, posto che gli atti traslativi di diritti reali sono già trascrivibili sulla base della disciplina generale e che, allora, l’introduzione del n. 2-bis) per i diritti edificatori non avrebbe altrimenti avuto ragion d’essere. In secondo luogo l’espressa qualificazione dei diritti edificatori quali, appunto, “diritti” non consente di assimilarli a interessi legittimi o a beni, questi ultimi a loro volta oggetto di diritti. Infine, la collocazione dell’istituto dei diritti edificatori nell’ambito degli atti soggetti a trascrizione denota che di tali diritti è possibile disporre esclusivamente per contratto. Ne risulta sconfessata quindi la tesi secondo cui l’effetto traslativo della cessione si determinerebbe per effetto del provvedimento amministrativo anziché dell’autonomia negoziale delle parti.

 

Il principio di diritto enunciato dalle sezioni Unite con la Sentenza 9 giugno 2021, n. 16080

Sulla base di tali considerazioni, dunque, le Sezioni Unite, con la sentenza del 9 giugno 2021, n. 16080, hanno finalmente posto fine alla querelle circa la natura giuridica della cessione di cubatura stabilendo che costituisce un atto “immediatamente traslativo di un diritto edificatorio di natura non reale a contenuto patrimoniale.

Pertanto, in forza del principio di diritto enunciato, le Sezioni Unite, sotto il profilo civilistico, hanno statuito che il contratto non richiede la forma scritta ad substantiam ex art. 1350 c.c. ed è trascrivibile ai sensi del n. 2 bis) dell’ art. 2643 c.c., mentre, per quanto concerne i risvolti fiscali, hanno precisato che l’atto di cessione è assoggettato ad imposta proporzionale di registro con aliquota al 3% ex art. 9 della Tariffa allegata al TUR, nonché, in caso di trascrizione e voltura, ad imposte ipocatastali in misura fissa ai sensi del d.lgs. n. 347/1990.

 

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