18 Novembre 2019

I riti speciali

PROF. AVV. FEDERICO FRENI

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Abstract

Il Titolo V della Parte II del Codice di Giustizia Contabile è dedicato ai riti speciali, destinati, nelle intenzioni del legislatore, a snellire il rito ordinario, garantendo al contempo una rapida soddisfazione del credito erariale. Si assommano, nei riti speciali, esigenze di certezza del soddisfacimento della pretesa erariale ed esigenze di deflazione del contenzioso.

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Il rito abbreviato

Già con la legge n. 266 del 2005 e con il decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102 il legislatore aveva disciplinato un’ipotesi di definizione agevolata dei giudizi di responsabilità. In quei casi, tuttavia, la possibilità di definire il giudizio con un «patteggiamento contabile» era prevista soltanto in appello, mediante il pagamento di una somma compresa tra il 10 ed il 30% dell’importo del danno quantificato nella sentenza dalla Sezione territoriale. La giurisprudenza aveva, in ogni caso, provveduto ad assicurare i medesimi effetti di una definizione concordata della lite facendo ampio uso del potere riduttivo, la cui portata applicativa era stata estesa fino a ricomprendere, oltre che il potere di ridurre il quantum debeatur in relazione ad elementi oggettivi e soggettivi del caso concreto, anche il diverso potere di “concordare la pena” accettando il pagamento della minor somma disposto dal convenuto già nella fase pre-dibattimentale.

Il nuovo rito abbreviato, disciplinato dall’art. 130 del d.lgs. n. 174/2016, recepisce e fa propri i canoni della legislazione previgente, ampliando in modo significativo lo spettro di applicazione dell’istituto, in funzione «deflattiva della giurisdizione di responsabilità ed allo scopo di garantire l’incameramento certo ed immediato di somme risarcitorie all’erario»: a differenza degli istituti che lo hanno preceduto consente la definizione del giudizio di responsabilità tanto in primo grado quanto in appello. Il convenuto, chiamato a rispondere di un addebito di responsabilità (nei limiti di una imputazione che escluda il doloso arricchimento ai danni dell’erario), ove intenda definire il giudizio in primo grado, potrà offrire — a pena di decadenza nella comparsa di risposta – un importo sino al 50% del danno quantificato nell’atto di citazione; ove, invece, l’accesso al rito abbreviato intervenga in appello, la parte privata potrà offrire una somma non inferiore al 70%, del danno quantificato nell’atto di citazione. In esito all’offerta formulata dal convenuto (ovvero, dal condannato/appellato, ove proposta in appello), è onere della parte privata acquisire il previo e concorde parere del pubblico ministero: la norma pecca, sul punto, di una inescusabile genericità, omettendo di definire il procedimento in forza del quale la parte possa acquisire dapprima il parere del p.m., e quindi sottoporre la questione al Collegio. Non sembra dubbio che il parere del p.m. debba essere acquisito prima della trasmissione dell’istanza al Collegio: per l’effetto, istanze trasmesse in assenza del parere del p.m. potrebbero essere considerate, a ragione, inammissibili. Ricevuta l’istanza ed il parere del p.m., il presidente fissa con decreto comunicato alle parti un’udienza in camera di consiglio in occasione della quale il Collegio, sentite le parti, delibera in merito alla richiesta di accesso al rito abbreviato.

Si apre, in questa fase, un contraddittorio paritario tra le parti del giudizio: in occasione dell’udienza camerale, infatti, tanto il convenuto che il pubblico ministero sono chiamati a confrontarsi non solo sulla opportunità di accesso al rito, ma anche sulla quantificazione della somma da versare. Ove accolga la richiesta, il Collegio determina con ordinanza il quantum dovuto e stabilisce il termine perentorio (comunque non superiore a 30 giorni) entro il quale si dovrà effettuare il versamento. Il giudizio è definito con sentenza non impugnabile che accerti l’avvenuta cessazione della materia del contendere, ovvero che dichiari estinto il giudizio, una volta verificato l’avvenuto pagamento in unica soluzione della somma determinata dal collegio. In caso di mancato versamento della somma nel termine stabilito, ovvero ove la richiesta di accesso al rito abbreviato venga respinta, il giudizio prosegue con le forme ordinarie. La richiesta di rito abbreviato è, comunque, sempre inammissibile in caso di doloso arricchimento del danneggiato.

 

Il rito monitorio

Originariamente disciplinato nell’articolo 55 del Regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, il rito monitorio trovava applicazione nel giudizio di conto ai sensi del comma 1 del citato articolo 55, esteso, ai sensi del comma 2, anche ai giudizi di responsabilità amministrativa. L’istituto, pure esistente sin dagli anni ’30 del secolo scorso, è risultato di scarsissima applicazione: vuoi per l’esigua soglia di utilizzo stabilita dal legislatore (addebiti il cui importo non superasse Euro 5.000), vuoi per una scarsa conoscenza del rito e dei termini esatti della sua funzione. Il nuovo rito monitorio origina, dunque, dalla conclamata inefficienza dell’istituto nella sua configurazione originaria e, grazie all’adozione di correttivi economici e strutturali, si annuncia come strumento di ampia applicazione, foriero — negli auspici — di un rilevante effetto deflattivo.

Tanto nei giudizi di responsabilità che in quelli di conto, laddove l’addebito non superi l’importo di Euro 10.000, il Presidente della sezione giurisdizionale – prima dell’inizio del giudizio (rectius: prima dell’udienza di discussione) — può, sentito il p.m. procedente, determinare con decreto la somma da pagare, stabilendo un termine per l’accettazione da parte del convenuto e fissando contestualmente l’udienza di discussione in caso di non accettazione. Ricevuto il decreto le parti private sono invitate a prestare la propria adesione entro un termine perentorio determinato dallo stesso decreto. Si tratta, dunque, di un procedimento monitorio che si svolge in assenza di un contraddittorio tra le parti: per quanto la natura e la funzione dell’istituto suggeriscano una struttura snella e dinamica, desta una qualche perplessità la necessità per il Presidente del collegio di consultare previamente il solo p.m. procedente e non anche la parte privata. Mentre infatti la prospettazione accusatoria risulta certamente contenuta nell’atto introduttivo del giudizio, al contrario le difese del convenuto (che, in linea astratta, potrebbe non aver svolto alcuna deduzione ante causam, e che, invero, potrebbe disporre di elementi utili ad attenuare, ovvero ad escludere la responsabilità) non sono note all’atto della decisione presidenziale, che costituisce per la parte privata una determinazione compiuta da accettare, o meno, in assenza di qualsiasi interlocuzione. De jure condendo, sarebbe quindi auspicabile (pur nel rispetto dei canoni di sinteticità e di speditezza della procedura) la previsione di una soglia minima di contraddittorio: non può, infatti, in astratto escludersi che argomenti difensivi particolarmente incisivi possano incidere sulla determinazione concreta del quantum debeatur.

 In caso di espressa accettazione da parte del convenuto della somma stabilita, il Presidente dispone la cancellazione della causa dal ruolo e attribuisce forza di titolo esecutivo al proprio provvedimento, trasmettendone contestualmente copia al p.m. ed all’amministrazione danneggiata.

Al contrario, ove il termine si consumi senza esito, ovvero in caso di mancata espressa accettazione, ovvero, ancora, in caso di irreperibilità della parte, il giudizio prosegue secondo il rito ordinario. Da ultimo, il quinto comma dell’art. 132 ha cura di precisare che nei giudizi di responsabilità amministrativa, per il caso in cui il p.m. abbia convenuto in giudizio più soggetti ripartendo tra di essi la responsabilità, se l’accettazione non è data da tutti «il giudizio prosegue soltanto nei confronti dei non accettanti». Per il caso, invece, in cui la responsabilità risulti solidale ove l’adesione non sia prestata da tutti i convenuti la causa prosegue — necessariamente — anche nei riguardi di quanti abbiano accettato la definizione.

Riferimenti bibliografici

A. POLICE definizione concordata delle controversie e processo contabile in Foro amm. CdS, fasc. 12, 2003;

P. SANTORO Istanza di definizione agevolata del giudizio di responsabilità amministrativa e contrapposto appello del pubblico ministero contabile in Foro amm. CdS, 2007;

L. DE PETRIS definizione ante causam del giudizio amministrativo contabile: procedimento monitorio contabile e ricorso per decreto ingiuntivo ex art. 633 c.p.c. in Studi in memoria di Sergio Zambardi, Milano, 2015;

R. LORETO profili problematici del rito monitorio in Atti del seminario di aggiornamento sul tema “recenti interventi legislativi sul giudizio di responsabilità” Roma 29-31 marzo 2006.

 

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