15 Marzo 2021

Speciale Brexit 1° parte: L’Accordo di libero scambio

SARA ARMELLA

Immagine dell'articolo: <span>Speciale Brexit 1° parte: L’Accordo di libero scambio</span>

Abstract

Con la fine del periodo transitorio, dal 1° gennaio 2021 sono tornate le frontiere doganali tra Unione europea e Regno unito. L’Accordo di libero scambio siglato lo scorso dicembre attenua (ma non annulla) gli effetti della reintroduzione delle procedure doganali negli scambi tra i due blocchi. L’intesa è provvisoriamente in vigore dal 1° gennaio 2021 e stabilisce il divieto, per il Regno Unito e per l’Unione europea, di applicare dazi doganali, sia all’importazione che all’esportazione.  Nella prima parte di questo speciale cominciamo ad analizzare gli effetti della Brexit nel nuovo quadro del commercio internazionale

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Il ritorno delle dogane

Dal 1° gennaio 2021, con la fine del periodo transitorio, la Brexit è realtà. Uno degli effetti immediati di tale storico passaggio è il ritorno delle procedure doganali e delle frontiere tra Regno Unito e Unione europea.

Il Regno Unito non è più parte del mercato unico e dell’unione doganale europea e gli scambi commerciali tra i due blocchi non sono più trattati come operazioni intracomunitarie, bensì come vere e proprie operazioni doganali.

Per evitare l’impatto di un’uscita senza intese tra UE e UK (c.d. scenario “No deal”), è intervenuto in extremis l’Accordo di libero scambio (Trade and Cooperation Agreement, in prosieguo anche TCA o l’Accordo) che stabilisce le nuove regole delle relazioni commerciali. Il TCA, ufficialmente siglato il 30 dicembre 2020 e in vigore provvisoriamente già dal 1° gennaio 2021, delinea il nuovo quadro giuridico di riferimento per le relazioni internazionali tra i due ex partner internazionali

A differenza degli altri Accordi di libero scambio conclusi dall’Unione europea, che generalmente mirano a garantire l’integrazione economica e commerciale tra i Paesi contraenti, l’intesa raggiunta con il Regno Unito segna il passaggio da uno scenario di piena integrazione a una vera e propria separazione. L’Accordo cerca di attenuare gli effetti della rottura che, in assenza di regole concordate, avrebbe inevitabilmente prodotto conseguenze estremamente negative anche nelle relazioni commerciali. 

Il TCA presenta forti peculiarità, sotto diversi punti di vista: per la prima volta un accordo commerciale europeo entra in vigore provvisoriamente senza avere ricevuto l’approvazione dal Parlamento europeo e, sempre per la prima volta, l’accordo azzera integralmente dazi, quote e contingenti doganali.

Un altro significativo profilo che distingue il TCA dagli altri accordi riguarda gli aspetti procedurali. Di regola, i tempi necessari per il completamento delle procedure di ratifica di un Accordo commerciale consentono alle imprese di effettuare i necessari approfondimenti, per conoscere e valutare adeguatamente l’impatto applicativo delle nuove regole, a beneficio della compliance e della ottimale pianificazione dei flussi commerciali. 

Il TCA, invece, seppure preceduto da una lunga fase transitoria, si caratterizza per essere entrato in vigore a titolo provvisorio ancora prima della sua ratifica, ad appena una settimana dalla firma e a poche ore di distanza dalla pubblicazione del testo in Gazzetta Ufficiale, pregiudicando ogni attività di compliance e pianificazione da parte delle imprese.

 

Dal mercato unico al libero scambio

La conclusione dell’Accordo, molto enfatizzata anche dai media, nasconde una serie di importanti fattori di discontinuità.

In primo luogo, va considerata la significativa differenza tra l’essere parte di un’unione doganale ed essere un Paese sottoscrittore di un accordo di libero scambio.

Essere un Paese membro di un’unione doganale, infatti, comporta la totale assenza di dazi, limitazioni, controlli e confini interni. Ciò assicura un’estrema semplificazione degli scambi. Quando un determinato bene si trova (legittimamente) all’interno del territorio dell’UE, acquisisce lo status doganale di bene unionale e può dunque muoversi liberamente, senza frontiere e senza nessun tipo di controllo, né documenti quali prove di origine o certificazioni tecniche. Negli scambi all’interno di un’unione doganale, la movimentazione dei beni deve essere accompagnata soltanto da una fattura e da un documento di trasporto, mentre non sono richiesti altri adempimenti o procedure

Del tutto diversa è la condizione giuridica dei prodotti che provengono da un altro Paese appartenente a un’area di libero scambio. In tal caso, inevitabilmente, la movimentazione integra un’esportazione doganale nel Paese di partenza e un’importazione doganale nel Paese di arrivo: si tratta di due passaggi doganali distinti, che si realizzano con due diverse autorità nazionali, ciascuna delle quali rispetta regole e standard propri. 

Ancor più significativo è il fatto che l’istituzione di un’area di libero scambio non comporta l’assenza dei dazi doganali. Perché ciò accada, grava sugli operatori il rispetto delle regole di origine preferenziale e la prova di tale origine. 

L’area di libero scambio, pertanto, rende necessari molti adempimenti da parte delle imprese. Il trattamento preferenziale, rappresentato dall’assenza di tariffe e di contingenti all’importazione, non rappresenta la regola, bensì l’eccezione.

Per poter fruire dell’azzeramento dei dazi, infatti, è necessario che il prodotto sia realizzato nel rispetto degli standard di origine previsti dall’Accordo e che l’importatore sia in grado di fornire la prova dell’origine preferenziale del bene. Per le imprese che esportano è fondamentale l’analisi del proprio prodotto e la tracciabilità dei vari componenti e delle lavorazioni che hanno contribuito al bene finale. Se il bene Ue non rispetta le regole di origine preferenziale previste dall’Accordo, sarà soggetto al pagamento dei dazi alla Dogana UK. 

Sono più di centomila le imprese italiane che operano con il Regno Unito e, tra queste, si stima che circa quarantamila non hanno mai effettuato operazioni doganali, avendo sempre commerciato esclusivamente con Paesi dell’Unione europea. Per il tessuto imprenditoriale italiano, caratterizzato da molte medie e piccole imprese, il TCA rende necessari diversi adeguamenti, dal punto di vista della contabilità e della tracciabilità dei prodotti. 

In particolare, gli operatori devono poter fornire al loro rappresentante doganale una serie di dati fondamentali per la redazione della dichiarazione doganale di importazione o di esportazione, quali la classifica, l’origine e il valore della merce, avendo cura anche di ottenere tutte le autorizzazioni e certificazioni tecniche richieste per quel determinato tipo di prodotto.

Di estrema importanza è anche la circostanza per cui lo svolgimento di operazioni doganali può determinare significative responsabilità in materia penale.

Nella seconda parte dello speciale cominceremo ad analizzare le nuove regole dell’origine preferenziale.

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