22 Aprile 2020

La sperimentazione clinica ai tempi del COVID-19: Stay Human

SERENA GIANVECCHIO

Immagine dell'articolo: <span>La sperimentazione clinica ai tempi del COVID-19: Stay Human</span>

Abstract

                                    Aggiornato 22.04.2020

L’emergenza Covid-19 ha attivato tutta la comunità scientifica al fine di collaborare per trovare una panacea che possa mettere un punto a questo triste capitolo del 2020. La corsa alla cura al Covid-19 ha però allarmato gli studiosi di etica di tutto il mondo poiché tale frenesia della ricerca può causare, come diretta reazione, una contrazione di quelli che sono gli altri diritti fondamentali dell’uomo. Occorre, perciò, far chiarezza su quale sia il più corretto processo da seguire in contesto emergenziale al fine di mettere in atto un equo bilanciamento di interessi e diritti.

 

***

La Dichiarazione di Helsinki del 1964, pietra angolare dell’etica nella ricerca biomedica, pone come principio generale “il dovere dei medici di tutelare la vita, la salute, la dignità, l’integrità, il diritto all’autodeterminazione, la privacy e la riservatezza dei dati personali dei soggetti coinvolti nella ricerca.

Emerge quindi tra i menzionati diritti da salvaguardare il diritto alla riservatezza dei dati personali.

Per garantire la salvaguardia di tale diritto, si devono prendere in considerazione le regole dettate fino ad oggi dal Parlamento Europeo in linea con la Dichiarazione di Helsinki nel 1964.

Tra queste rilevano, in particolare, il Regolamento 536/2014 (“Regolamento 536”) - che ha statuito precise disposizioni per ogni Stato Membro nella sperimentazione clinica dei medicinali per uso umano - ed il Regolamento 679/2016 in materia di protezione dei dati personali (“Regolamento 679”).

Secondo le norme in commento, quando si avvia un progetto di sperimentazione clinica bisogna anzitutto passarlo al vaglio del Comitato Etico territorialmente competente che dovrà valutare e, se del caso, approvare il progetto assicurandosi che vengano garantiti i principali diritti fondamentali dell’uomo nonché la riservatezza e la protezione dei dati personali dei soggetti interessati. In particolare, il Comitato Etico dovrà effettuare un’attività di risk e privacy assessment [1] valutando che:

  1. L’interessato sia prontamente informato sul trattamento sanitario a cui verrà sottoposto e che possa prestare un valido consenso a sottoporsi a tale trattamento;
  2. L’interessato sia informato sul trattamento di dati effettuato dall’ente promotore e dall’istituto clinico competente e possa esprimere il proprio consenso al trattamento dei dati per finalità di ricerca;
  3. L’ente sperimentatore adotti tutte le misure organizzative adeguate per proteggere i dati trattati per finalità di ricerca come, a titolo esemplificativo, la stipula di accordi con gli enti promotori del progetto di ricerca e con gli istituti clinici e la redazione di precise istruzioni per il trattamento di dati personali per i soggetti interni;
  4. L’ente sperimentatore adotti tutte le misure tecniche adeguate per proteggere i dati come, ad esempio, la cifratura, la pseudonimizzazione o l’anonimizzazione del dato;
  5. Sia effettuata una adeguata valutazione d’impatto sui diritti e le libertà degli interessati ex. art. 35 Regolamento 679.

Tuttavia, in un contesto emergenziale come quello che stiamo vivendo si potrebbe pensare che questo processo possa rallentare la corsa verso l’individuazione a stretto giro di una cura al virus

Così non è. In proposito, infatti, sono recentemente intervenuti l’European Medicin Agency[2] e, l’European Data Protection Board[3] mentre, a livello nazionale, l’AIFA[4] (Agenzia Italiana del Farmaco). Le menzionate Autorità hanno tutte confermato che, anche in un contesto emergenziale, deve essere messo in atto un risk e privacy assessment che valuti puntualmente i rischi in capo agli interessati al fine di una costante salvaguardia dei diritti dell’uomo.

Come possono quindi tali considerazioni tradursi in azioni pratiche per gli enti promotori?

L’ente promotore che vuole avviare un progetto di sperimentazione clinica dovrà dunque:

  1. avere preventiva approvazione del progetto da parte del Comitato Etico, tenendo presente che il comitato darà priorità alle valutazioni delle sperimentazioni cliniche sul Covid-19;
  2. ottenere il consenso informato degli interessati;
  3. informare e richiedere il consenso sul trattamento di dati personali per la finalità di ricerca, salvo che, come previsto dalle disposizioni nazionali questo non risulti impossibile o difficoltoso e il consenso non possa pregiudicare l’esito della ricerca;
  4. adottare adeguate misure di sicurezza (tecniche e organizzative) per proteggere i dati e i risultati delle analisi;
  5. effettuare una valutazione d’impatto ai sensi dell’art. 35 del Regolamento 679.

Inoltre, solo in contesti emergenziali, l’ente promotore potrà:

  1. raccogliere il consenso informato anche in forma orale in presenza di un terzo testimone imparziale;
  2. avere contatti diretti con i pazienti delle strutture sanitarie soggetti alla sperimentazione, al fine di non sovraccaricare l’effort delle menzionate strutture;
  3. consentire al personale del centro sperimentale o di enti specializzati di effettuare procedure di sperimentazione direttamente a casa del paziente - e non in apposita struttura sanitaria – qualora, si tratti di procedure cliniche non effettuabili altrimenti (c.d. Home health care).
  4. stipulare direttamente con gli enti specializzati accordi per il trattamento sanitario e il trattamento dei dati personali, in deroga alle disposizioni dell’EMA “Q&A: Good clinical practice”, senza coinvolgere le strutture sanitarie che solitamente fungono da intermediari tra le parti;
  5. sia esso ente pubblico o privato, trasferire i dati al di fuori dell’Unione Europea legittimando il trasferimento sulla base di un interesse pubblico rilevante, per garantire una cooperazione internazionale fino a che sussiste lo stato di emergenza. [5].

In conclusione, nonostante alcune deroghe volte a snellire gli oneri in carico alle strutture sanitarie, ad oggi sovraccariche, resta fermo il punto di vista dei principali attori europei e nazionali in materia: è necessario mettere al primo posto la salute dei cittadini garantendo però, allo stesso tempo, la sicurezza, la dignità, l’autodeterminazione nonché la riservatezza dei pazienti.

Perché la riservatezza dei dati personali non è una facoltà, ma un diritto primario della persona, che fa di uno stato uno Stato di diritto.

Il messaggio delle autorità è chiaro: Stay Human[6].

 

[1]             Art. 7 del Regolamento UE 536/2014

[2]             EMA, Guidance on the management of clinical trials during COVID-19 pandemic, 27 marzo 2020

[3]             EDPB, Guidelines 03/2020 on the processing of data concerning health for the purpose of scientific research in the context of the COVID-19 outbreak, 21 aprile 2020

[4]             AIFA, Gestione degli studi clinici in Italia in corso di emergenza COVID-19, 7 aprile 2020

[5]                    Cfr. pag.10, EDPB Guidelines 2/2018 on derogations of Article 49 under Regulation 2016/679, 25 maggio 2018

[6]                    Cit. tratta dal libro di Vittorio Arrigoni “Gaza. Stay Human” del 2009.

 

Altri Talks