21 Novembre 2022

Dichiarazioni di sostenibilità e censure di greenwashing

EMANUELA DE SABATO

Immagine dell'articolo: <span>Dichiarazioni di sostenibilità e censure di greenwashing</span>

Abstract

Il greenwashing consiste notoriamente nell’utilizzare espedienti e messaggi commerciali per far credere di aver adottato politiche rispettose della sostenibilità nonostante le attività poste in essere siano in realtà superficiali, poco sistemiche e poco radicate. Talvolta simili messaggi hanno anche lo scopo di distogliere l'attenzione da dinamiche aziendali che creano impatti negativi.

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Comunicare il perseguimento della sostenibilità può portare un vantaggio reputazionale e competitivo rispetto ai concorrenti, migliorando l’immagine dell’azienda e assicurandole una veste ritenuta encomiabile.

Ecco perché il greenwashing suscita disapprovazione e malcontento innanzitutto in quegli imprenditori che invece dedicano tempo, competenze e investimenti per introdurre strategie aziendali volte a creare un impatto positivo e un beneficio sugli stakeholder e quindi a perseguire il traguardo globale della sostenibilità.

Ma anche i consumatori sono sempre meno disposti ad accettare dichiarazioni pubblicitarie idonee a creare equivoci o contenenti promesse aziendali prive di riscontri e azioni credibili.

Da un punto di vista normativo, nel nostro ordinamento la diffusione di notizie di sostenibilità vaghe, non verificabili e comunque non veritiere è idonea a costituire:

- atti di concorrenza sleale ai sensi dell’art. 2598 n. 3 c.c., che – a fronte della prova di aver subito un danno - possono portare obblighi risarcitori;

- pratiche commerciale scorretta (cfr. in particolare gli artt. 18, 20 e 21 Cod. Consumo): le informazioni generiche relative a impegni di sostenibilità assunti dall’imprenditore prive di un qualche riscontro nelle condotte concretamente attuate è indice della violazione dei principi generali di buona fede e correttezza, in quanto i comportamenti non coerenti con le affermazioni e quindi con le rassicurazioni fornite possono arrecare pregiudizio in chi ha confidato nel rispetto di tali dichiarazioni di sostenibilità, che dovrebbero invece essere vincolanti per chi le divulga;

- pubblicità ingannevole, ossia “qualsiasi pubblicità che in qualunque modo, compresa la sua presentazione, è idonea ad indurre in errore le persone fisiche o giuridiche alle quali è rivolta o che essa raggiunge e che, a causa del suo carattere ingannevole, possa pregiudicare il loro comportamento economico ovvero che, per questo motivo, sia idonea a ledere un concorrente” (cfr. art. 2 lett. b) d.lgs. 2 agosto 2007 n. 145): su questo specifico aspetto ha potere di controllo, sanzionatorio e inibitorio l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.

- comportamento rilevante ai sensi del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale, implementato dall’Istituto dell’Autodisciplina pubblicitaria, che all’art. 12 (introdotto nel 2014) prevede che “La comunicazione commerciale che dichiari o evochi benefici di carattere ambientale o ecologico deve basarsi su dati veritieri, pertinenti e scientificamente verificabili. Tale comunicazione deve consentire di comprendere chiaramente a quale aspetto del prodotto o dell’attività pubblicizzata i benefici vantati si riferiscono” e che chi si vale della pubblicità deve essere in grado di dimostrare “la veridicità dei dati, delle descrizioni, affermazioni, illustrazioni e la consistenza delle testimonianze usate” (art. 6). Quando la comunicazione commerciale non appare conforme al Codice, in seguito all’esame del Giurì, il Comitato di Controllo può invitare alla modifica ed emettere perfino ingiunzione di desistenza.

Da un punto di vista processuale, in Italia, la materia è approdata per la prima volta davanti all’Autorità giudiziaria ordinaria con l’ordinanza del Tribunale di Gorizia n. 712 del 25 novembre 2021 emessa nell’ambito di un procedimento cautelare (e quindi d’urgenza) instaurato dalla società milanese Alcantara s.p.a. contro la Miko s.r.l. per una serie di comunicazioni relative a una microfibra molto utilizzata dalla Miko. Il tribunale aveva censurato le comunicazioni di sostenibilità e il richiamo alle virtù ecologiche e di protezione dell’ambiente utilizzate da Miko per pubblicizzare la sua microfibra ritenendole generiche, superficiali e prive di riferimenti e prove a fondamento delle stesse affermazioni.

A quanto consta peraltro è stato accolto il reclamo di Miko e il tribunale ha revocato l’ordinanza per mancanza di periculum (requisito essenziale in un cautelare), ossia mancanza della prova del concreto rischio di perdita di clienti a causa della presunta ingannevolezza dei messaggi oggetto del giudizio.

A prescindere dallo specifico esito, peraltro, la pronuncia è importante perché:

- sancisce il momento a partire dal quale il greenwashing arriva anche davanti all’autorità giudiziaria ordinaria;

- dimostra quanto la comunicazione di sostenibilità (green claim) debba ormai essere improntata a criteri di rigore, veridicità, accuratezza, dimostrabilità, verificabilità scientifica, rifuggendo la mancanza di informazioni e di prove, la superficialità o la falsità del messaggio, l’ambiguità o la carenza di evidenze;

- attesta che sempre più spesso pubblico, consumatori e i concorrenti chiederanno chiarimenti su come le politiche aziendali valorizzate come favorevoli per l’ambiente abbiano davvero un impatto positivo.

E non è certo un caso se il 30 marzo 2022 la Commissione Europea ha emanato una proposta di Direttiva di modifica della Direttiva 2005/29/CE in tema di pratiche commerciali scorrette (Direttiva recepita in Italia con il d.lgs. 146/2007 che è intervenuto sugli artt. 18ss. del Codice del Consumo), nella quale si propone, tra l’altro, un’integrazione dell’allegato 1 relativo alle Pratiche Commerciali considerate in ogni caso sleali con i seguenti due punti:

4bis: Making a generic environmental claim for which the trader is not able to demonstrate recognised excellent environmental performance relevant to the claim.

4ter: Making an environmental claim about the entire product when it actually concerns only a certain aspect of the product.

Si conferma la volontà anche a livello europeo di vietare agli operatori economici i riferimenti generici alla sostenibilità in mancanza di argomenti documentabili e veritieri e le dichiarazioni relative alle prestazioni ambientali future senza includere impegni e obiettivi chiari, oggettivi e verificabili e senza un sistema di monitoraggio indipendente.

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