24 Dicembre 2019

Gli incarichi professionali della pubblica amministrazione

FRANCESCO PAOLO BELLO

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Abstract

L’articolo affronta il dibattito che segue l’introduzione del nuovo “codice appalti” sulla definizione degli incarichi professionali affidati dalla Pubblica Amministrazione. Gli interpreti, tra cui ANAC, Consiglio di Stato, Corte dei Conti e CNF, sono divisi tra incarico fiduciario ed evidenza pubblica.

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La nuova normativa D. lgs. 50/2016

La tematica relativa all’affidamento di incarichi professionali da parte della Pubblica Amministrazione, da sempre al centro di un acceso dibattito dottrinale e giurisprudenziale, è tornata a costituire oggetto di confronto a seguito dell’entrata in vigore del D. lgs. n.50/2016.

Prima di approfondire gli spunti di riflessione forniti dalla nuova normativa in materia, è opportuno, però, ricordare le ragioni del dibattito che da tempo interessa questa materia.

Il conferimento di incarichi legali in favore di Pubblica Amministrazione vede da sempre contrapposte la necessità di ricorrere a formule che privilegino il risparmio di spesa in osservanza dei principi costituzionali di buon andamento e trasparenza e l’esigenza di instaurare con il professionista un rapporto fiduciario, tenendo conto della complessità della causa e dell’esperienza dallo stesso maturata.

 

Le interpretazioni della normativa previgente (D. Lgs 163/2006)

La normativa previgente di cui al vecchio Codice (D. Lgs. n.163/2006) collocava la disciplina dei servizi legali nell’ambito dei cosiddetti contratti esclusi, in tutto o in parte, dall’applicazione delle procedure a evidenza pubblica secondo gli artt. 20 e 21.

Questo aveva consentito agli interpreti di operare un discrimen tra il singolo incarico professionale - riconducibile, in ragione del carattere fiduciario della scelta, allo schema proprio del contratto di prestazione d’opera intellettuale ex art. 2230 c.c. – e l’attività di assistenza e consulenza giuridica, caratterizzata da una specifica organizzazione di mezzi e persone che prescindesse dalle episodiche esigenze difensive dell’Ente e attenesse, in virtù della complessità dell’oggetto e della durata predeterminata, la più ampia categoria degli appalti di servizi (così, Cons. Stato, Sez. V, n.2730/12).

Un orientamento minoritario invece riconduceva il patrocinio legale agli incarichi professionali esterni disciplinati dall’art. 7, co. 6, T.U. pubblico impiego in virtù della natura di adempimento obbligatorio ex lege del conferimento dell’incarico difensivo e dell’assenza, sul punto, di margini di discrezionalità in capo alla Pubblica Amministrazione.

Le criticità evidenziate dagli interpreti in ordine al prevalente criterio distintivo cui si è accennato (prima fra tutte, la mancata rilevanza attribuita dal legislatore nazionale, a differenza di quello comunitario, del carattere imprenditoriale o meno dell’attività) sembravano essere state superate dalla formulazione del nuovo Codice dei contratti pubblici.

 

I principi del nuovo codice

L’art. 17, comma 1, lett. d), del D. Lgs. n.50/2016 nell’elencare tra i settori esclusi i servizi legali ha specificato - con carattere innovativo rispetto al passato - l’esatta portata della categoria, ricomprendendovi sia la rappresentanza legale sia la consulenza fornita in vista di un procedimento giurisdizionale, a prescindere dalla natura isolata ovvero sistematica dell’attività difensiva svolta in favore dell’Ente.

Di qui la necessità del rispetto, anche in sede di conferimento del singolo incarico legale, dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità e pubblicità che devono informare l’affidamento dei contratti pubblici, per quanto “esclusi” ai sensi dell’art. 4, D. lgs. n.50/2016 (in questo senso si è espressa l’ANAC con la determina n.1158/2016).

 

La posizione dell’ANAC

Con il documento di consultazione propedeutico all’adozione delle Linee Guida n.4, pubblicato lo scorso aprile, l’ANAC ha evidenziato la compresenza, alla luce dell’attuale quadro normativo, di due modalità alternative per il conferimento di incarichi legali.

Di regola, la scelta del legale dovrebbe avvenire a valle di una procedura comparativa tra professionisti qualificati iscritti in appositi elenchi oggetto di adeguata pubblicità, sulla base di criteri non discriminatori e nel rispetto del principio di rotazione.

Solo in via del tutto eccezionale sarebbe, invece, possibile ricorrere all’affidamento diretto, con determinazione dei relativi compensi secondo i parametri professionali ex D.M. n.55/2014 o di un confronto di congruità con precedenti incarichi analoghi.

Sempre che, medio tempore, non ottenga l’approvazione della Camera il d.l. fiscale sul c.d. equo compenso, che proprio di recente ha registrato la bocciatura dell’Autorità Antitrust, atteso che un tale meccanismo, «idoneo a reintrodurre un sistema di tariffe minime, peraltro esteso all'intero settore dei servizi professionali, non risponde ai principi di proporzionalità concorrenziale».

In ogni caso, il paventato rischio di legittimare una competizione al ribasso tra professionisti e, sotto distinto ma connesso profilo, l’esigenza di assicurare, alla luce del principio di efficacia dell’attività amministrativa e nell’interesse dello stesso Ente, la qualità della prestazione, hanno indotto però un parziale ripensamento della impostazione pubblicistica appena illustrata.

 

L’opinione del Consiglio di Stato

Così il Consiglio di Stato, con il parere n.2109/2017, si è espresso negativamente in ordine al contenuto delle predette Linee Guida e ne ha di fatto impedito l’adozione finale.

I Giudici di Palazzo Spada, ferma restando in ogni caso la necessità di «acquisire sulle indicazioni fornite dalle linee guida il parere del Consiglio nazionale forense, quale ente pubblico di rappresentanza istituzionale dell'avvocatura italiana», hanno evidenziato la necessità di valorizzare il carattere fiduciario del mandato difensivo, anche in relazione alla complessità dell’oggetto e alle competenze richieste per l’espletamento dell’incarico professionale.

La timida apertura verso una concezione dell’affidamento di incarichi legali fondata sull’intuitu personae ha subito tuttavia una battuta d’arresto con la posizione più recente della Giurisprudenza contabile, la quale, ponendo l’accento sulla più ampia nozione di appalto, fatta propria dalle direttive europee, rispetto a quella rinvenibile nel codice civile, ha indiscriminatamente confermato la riconducibilità degli incarichi legali ai contratti ex art. 17, D. Lgs. n.50/2016, stante «l’impossibilità di considerare la scelta dell’avvocato esterno all’ente come connotata da carattere fiduciario», in ragione della preminente esigenza di «assicurare il migliore utilizzo delle risorse pubbliche», (Si veda Corte Conti, Sez. Reg. Controllo Emilia-Romagna, n.156/2017).

A tanto è seguita la precisazione che la procedura comparativa dovrà comunque avvenire tra operatori qualificati iscritti in elenchi articolati in settori di competenza e dal carattere aperto, atteso che «non sarebbe comunque legittimo prevedere un numero massimo di iscritti».

Il quadro normativo, tratteggiato qui nei suoi punti essenziali, è dunque in attesa di un intervento chiarificatore da parte dell’ANAC, chiamata, oggi più che mai, ad operare un delicato bilanciamento tra i principi di buon andamento e trasparenza dell’azione amministrativa e la nuova rilevanza attribuita dalla riforma dell’ordinamento forense alla figura dell’avvocato quale garante, ai sensi dell’art. 24 Cost., della tutela della effettività dei diritti.

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