04 Aprile 2022

Revoca illegittima e richiesta di risarcimento: bisogna saperlo chiedere...

FRANCESCA PETULLA'

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Abstract

La pronuncia del Consiglio di stato sez. VI 30 agosto 2021 n.6111 si segnala perché è l’ennesimo intervento del Consiglio di Stato sul tema del danno risarcibile da parte della P.A., tema che in questo momento storico si sta imponendo in modo prepotente. I giudici capitalizzano la giurisprudenza sul se e quando la P.A. è tenuta a risarcire e si concentrano sulla natura giuridica della pretesa risarcitoria al fine di definire il come si deve chiedere  il risarcimento da parte nostra in sede di giudizio. Ebbene, la parte che afferma di aver subito un danno in conseguenza della condotta altrui è tenuta a provare gli elementi costitutivi dell’illecito, nonché a dimostrare il pregiudizio subito.

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I profili della responsabilità civile della P.A. 

Va precisato preliminarmente, che la responsabilità civile si atteggia  in modo diverso a seconda che, oggetto della lesione sia un interesse oppositivo ovvero pretensivo: nel primo caso, occorre infatti accertare soltanto se l’illegittima attività dell’amministrazione abbia leso l’interesse alla conservazione di un bene o di una situazione di vantaggio già acquisita, mentre è in relazione al diniego o alla ritardata assunzione di un provvedimento amministrativo che occorre valutare, a mezzo di un giudizio prognostico, la fondatezza o meno della richiesta della parte, onde stabilire se la medesima fosse titolare di una mera aspettativa, come tale non tutelabile, o di una situazione che, secondo un criterio di normalità, era destinata ad un esito favorevole (cfr. Cass. civ., Sez. I, 13 ottobre 2011, n. 21170) (Consiglio di Stato, sez. IV, 22 gennaio 2019, n. 536)”.

In ragione di tali considerazioni, il Consiglio di Stato ritiene che la revoca della convenzione che regolava i rapporti di insegnamento tra due Università abbia determinato, per il ricorrente professore a contratto, una lesione configurabile alla stregua di un interesse legittimo oppositivo, in quanto il ricorrente era coinvolto nella regolazione stabilita dall’atto convenzionale, oltre che interessato alla conservazione del bene della vita che già gli era stato riconosciuto in via amministrativa. Una volta chiarito che il ricorrente è titolare di un interesse legittimo oppositivo, il Consiglio di Stato ritiene che, in caso di lesione di una simile posizione giuridica in ragione dell’adozione di un provvedimento illegittimo, non è necessario, a fini risarcitori, svolgere un giudizio prognostico di spettanza del bene della vita. Viene infatti, richiamato, un costante orientamento secondo cui “vero è che… l’obbligazione risarcitoria affonda le sue radici nella verifica della sostanziale spettanza del bene della vita ed implica un giudizio prognostico in relazione al se, a seguito del corretto agire dell’amministrazione, il bene della vita sarebbe effettivamente o probabilmente (cioè secondo il canone del <più probabile che non>) spettato al titolare dell’interesse (Consiglio di Stato, Sez. IV, 14 giugno 2018, n. 3657).

L’excursus giurisprudenziale. Si segnalano tre  passaggi chiave della pronuncia e precisamente:

  •  quello in cui si  è confermato “l’indirizzo giurisprudenziale, per cui il riscontrato illegittimo esercizio della funzione amministrativa non integra di per sé la colpa dell'Amministrazione, dovendo anche accertarsi se l'adozione o la mancata o ritardata adozione del provvedimento amministrativo lesivo sia conseguenza della grave violazione delle regole di imparzialità, correttezza e buona fede - alle quali deve essere costantemente ispirato l'esercizio dell'attività amministrativa - e si sia verificata in un contesto di fatto ed in un quadro di riferimento normativo tale da palesare la negligenza e l'imperizia degli uffici o degli organi dell'amministrazione ovvero se per converso la predetta violazione sia ascrivibile all'ipotesi dell'errore scusabile, per la ricorrenza di contrasti giurisprudenziali, per l'incertezza del quadro normativo o per la complessità della situazione di fatto (Consiglio di Stato, Stato, V, 9ottobre 2013, n. 4968; VI, 14 novembre 2014, n. 5600);
  • quello in cui si precisa che “per la configurabilità della colpa dell'Amministrazione assume rilievo, altresì, la tipologia di regola di azione violata: se la stessa è chiara, univoca, cogente, si dovrà riconoscere la sussistenza dell'elemento psicologico nella sua violazione; al contrario, se il canone della condotta amministrativa giudicata è ambiguo, equivoco o, comunque, costruito in modo tale da affidare all'Autorità amministrativa un elevato grado di discrezionalità, la colpa potrà essere accertata solo nelle ipotesi in cui il potere sia stato esercitato in palese spregio delle regole di correttezza e di proporzionalità;
  • ed infine quello in cui si afferma che  “ A fronte di regole di condotta inidonee a costituire, di per sé, un canone di azione sicuro e vincolante, la responsabilità dell'Amministrazione può, infatti, essere affermata nei soli casi in cui l'azione amministrativa abbia disatteso, in maniera macroscopica ed evidente, i criteri della buona fede e dell'imparzialità, restando ogni altra violazione assorbita nel perimetro dell'errore scusabile (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, 05 giugno 2019, n. 3799)”.

 

Il thema decidendum: la prova

Atteso ciò, la pronuncia giunge alla conseguente affermazione logica che sul piano processuale di riparto dell’onere della prova, inoltre, si chiarisce che, in caso accertata illegittimità di un atto amministrativo da cui sia derivato un danno, il privato che agisce per ottenere il risarcimento non è tenuto ad un particolare sforzo probatorio sotto il profilo dell’elemento soggettivo della fattispecie. Nello specifico, il privato può limitarsi ad allegare l’illegittimità dell’atto, mentre spetta alla Pubblica Amministrazione dimostrare di essere incorsa in errore scusabile. Al fine di riconoscere una simile presunzione di colpa in capo all’Amministrazione, però, occorre che sussista un contesto di fatto e un quadro di riferimento normativo tale da palesarne la negligenza e l’imperizia; è necessario, cioè, che l’Amministrazione abbia agito intenzionalmente o in violazione delle regole di correttezza, imparzialità e buona fede nell’assunzione del provvedimento viziato. D’altro canto, la responsabilità della P.A. deve essere negata, ove sia riconoscibile un errore scusabile per l’esistenza di contrasti giudiziari, per l’incertezza del quadro normativo di riferimento o per la complessità della situazione di fatto. (da ultimo su danno erariale per contrasto giurisprudenziale Corte dei Conti sez. Appello 14 gennaio 2022 n. 57)

Così, come si legge nella sentenza, “la violazione in cui è incorsa l’Amministrazione non poteva giustificarsi per la complessità della situazione fattuale, l’oscurità della normativa applicata o l’emersione di contrasti di giurisprudenza, derivando, invece, dall’inosservanza di disposizioni dal chiaro contenuto precettivo - attinenti alla comunicazione di avvio del procedimento e al dovere motivazionale -, operanti per qualsivoglia intervento di autotutela decisoria, discendenti dai principi del buon andamento e dell’imparzialità amministrativa, prescrittivi di canoni di comportamento suscettibili di imporsi a tutte le parti pubbliche nei rapporti con i privati amministrati. In siffatte circostanza, l’illegittimità provvedimentale, foriera di un danno ingiusto, non potrebbe ritenersi scusabile, con conseguente integrazione, anche sul piano soggettivo, degli elementi costitutivi dell’illecito civile della pubblica amministrazione” .

 

Brevissima e realistica conclusione

Considerazioni…..  non significa che la P.A. paga sempre e che tutto è automaticamente risarcibile, ma soprattutto che non tutto è risarcibile. Gli elementi soggettivi e oggettivi della colpa devono esser puntualmente allegati in giudizio.

 

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