16 Luglio 2020

Vicenda concessione Autostrade: più considerazioni giuridiche e meno “valutazioni”

CARLO CATARISANO

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Abstract

Dal tragico 14 agosto 2018 si parla molto della revoca della concessione ad Autostrade per grave inadempimento degli obblighi di manutenzione del Ponte Morandi, che era parte dei 2.854,6 Km che costituiscono l’infrastruttura autostradale affidata ad Autostrade con la convenzione unica del 12 ottobre 2017. Oggi che il nuovo Ponte sta per essere ultimato, collaudato e riaperto al transito, le sorti della concessione ritornato d’attualità in vista del soggetto che dovrà gestirlo. In più, nelle ultime ore, Governo e Autostrade sembrano in procinto di raggiungere un accordo. In questo articolo si analizza la vicenda cercando di separare il più possibile i “fatti” e le “valutazioni”.

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Non è questa la sede per un’articolata disamina della vicenda e delle problematiche connesse alle indagini penali in corso, atteso che 43 persone hanno perso la vita nel crollo e, più in generale, del più ampio progetto di riforma delle concessioni autostradali di cui il Parlamento periodicamente torna a occuparsi. Tuttavia l’accanimento di alcuni articoli di stampa impone di dar voce ai “fatti” che mancano negli articoli e non alle “valutazioni” che invece si sprecano grandemente, soprattutto in un momento di emergenza qual è quello attuale. I fatti di seguito indicati dovrebbero – come devono – condurre le valutazioni di carattere giuridico che dovrebbero – come devono – essere poste alla base di ogni decisione in merito alla vicenda in esame.

 

La convenzione del 2017: il testo

Non si può parlare di fatti, senza partire dal testo della convenzione del 2017, da cui risulta che:

i) Autostrade (concessionario) ha l’obbligo, tra l’altro, di: a) mantenere la funzionalità delle infrastrutture concesse (come detto 2.854,6 km) attraverso la manutenzione e la riparazione delle stesse (art. 3, comma 1, lett. b),); b) trasferire alla scadenza della concessione (31 dicembre 2038) la proprietà delle infrastrutture autostradali al Concedente “a titolo gratuito ed in buono stato di conservazione” (artt. 3, comma 6 e 4); c) esercitare, dopo la scadenza della concessione, l’amministrazione ordinaria delle infrastrutture in questione sino al trasferimento della gestione, con obbligo a carico del subentrante di indennizzarla (Autostrade) per le nuove opere assentite nel corso della concessione e non ancora ammortizzate;

ii) Autostrade è responsabile tanto verso i terzi per i danni ad essi cagionati in conseguenza dell’esecuzione dei lavori e delle attività connesse sollevando da ogni responsabilità il Concedente quanto nei confronti di quest’Ultimo per i danni subiti dallo Stesso a causa del danneggiamento o della distruzione totale o parziale di impianti ed opere, anche preesistenti, verificatisi nel corso di esecuzione dei lavori oggetto della concessione (art. 6 ter);

iii) il Concedente ha il potere di vigilanza, vale a dire di richiedere informazioni ed effettuare controlli in ordine al rispetto degli obblighi del Concessionario, potendo irrogare sanzioni in caso di mancata ottemperanza alle richieste di informazioni (artt. 7, 28 e 29) e penali (art. 30);

iv) il grave inadempimento del concessionario agli obblighi che su di esso incombono (e, in particolare, quello di mantenere la funzionalità delle infrastrutture mediante loro manutenzione) può comportare la decadenza della concessione secondo i tempi e i modi indicati (dalla contestazione e diffida ad adempiere entro 90 giorni alle controdeduzioni del concessionario; dal successivo termine ad adempiere entro 60 giorni pena la decadenza al decreto di decadenza del MIT di concerto con il MEF) e con le conseguenze ivi previste (subentro del Concedente in tutti i rapporti attivi e passivi di cui è titolare il concessionario previo pagamento di un importo corrispondente al valore attuale netto dei ricavi della gestione prevedibile al momento della decadenza sino alla scadenza naturale della concessione) (art. 9);

v) l’obbligo del Concedente di indennizzare il Concessionario, nel rispetto del principio dell’affidamento, in caso di recesso, revoca, risoluzione, cessazione anticipata dovuti anche a fatto del Concessionario e sospensione della loro efficacia sino al pagamento delle relative somme (art. 9 bis);

vi) con la sottoscrizione della convenzione, il Concedente e il Concessionario hanno rinunciato a tutti i contenziosi pendenti e futuri rinunciando ad ogni connessa pretesa (art. 38);

vii) l’efficacia della convenzione è subordinata “all’emanazione del decreto di approvazione ai sensi di legge” (art. 39).

 

Altri elementi di fatto: il procedimento per la decadenza della convenzione e il parere del gruppo di lavoro interistituzionale

In estrema sintesi, la convenzione in oggetto è stata strutturata in modo tale da consentire al Concessionario l’ammortamento degli investimenti per le infrastrutture autostradali oggetto della concessione entro il termine di durata della convenzione e da comporre tutte le controversie in essere tra le parti. Tale volontà consente di qualificare la convenzione stessa come accordo ai sensi dell’art. 11 della legge n. 241/90, per cui il riferimento all’affidamento del concessionario serve a ribadire la necessità per il Concedente di maggiore responsabilità nell’adozione di decisioni che possono far cessare gli effetti della convenzione stessa prima della sua naturale scadenza.

Ciò comporta necessariamente che anche i gravi inadempimenti agli obblighi convenzionali da parte del Concessionario siano accertati con un certo grado di certezza. In tale contesto, si segnalano due ulteriori elementi di fatto.

Il primo è l’avvio del procedimento per la decadenza della convenzione avviato il 16 agosto 2018 (vale a dire due giorni dopo il tragico crollo del Ponte Morandi), a cui il Concessionario ha risposto il 31 agosto 2018.

La contestazione del 16 agosto 2018 è stata integrata una prima volta il 20 dicembre 2018, dopo che la commissione tecnica nominata dal MIT che ha concluso i propri lavori con la consegna di una relazione tecnica il 14 settembre 2018 e una seconda volta il 5 aprile 2019, allorquando il MIT ha prospettato al Concessionario che in esito al procedimento la convenzione avrebbe potuto essere risolta per grave inadempimento. Entro il termine fissato (3 maggio 2019) il Concessionario ha controdedotto in merito alle contestazioni mosse.

Il secondo elemento (che si inserisce nel primo) è rappresentato dalla nomina, con D.M. n. 119 del 29 marzo 2019, di un gruppo di lavoro interistituzionale chiamato a supportare sul piano giuridico la Direzione del MIT \nella conduzione del procedimento sopraindicato e a redigere un motivato parere “che illustrasse tutte le possibili implicazioni, sotto il profilo giuridico, delle condotte o delle omissioni di ASPI, con particolare riferimento al perimento del viadotto Polcevera” (cfr. parere del 28 giugno 2019). Partendo dalla conclusioni, tale parere osserva che:

i) il crollo del Ponte Morandi rappresenta un inadempimento del Concessionario agli obblighi di custodia e restituzione di cui all’art. 1177 c.c. e di manutenzione di cui all’art. 3 della convenzione;

ii) tale inadempimento è grave in relazione all’interesse complessivo affidato alla cura del concedente;

iii) conseguentemente, il concedente ha il potere di risolvere unilateralmente la convenzione con provvedimento della Direzione generale sulle concessioni autostradali approvato dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell’economica e delle finanze;

iv) la risoluzione unilaterale presenta rischi di contenzioso e ricadute operative per effetto dell’opinabilità delle conclusioni di cui ai punti che precedono, e delle clausole della convenzione che prevedono l’obbligo di indennizzare e di risarcire il Concessionario per la cessazione anticipata della convenzione, clausole che, per il gruppo di lavoro, sarebbero invalide, anche se approvate per legge;

v) per far fronte alle criticità di cui al punto iv), potrebbe consigliare una diversa soluzione volta alla rinegoziazione della convenzione stessa;

vi) in ogni caso, il procedimento avviato il 16 agosto 2018 debba essere concluso.

 

Due elementi rilevanti del parere

In questa sede, mi concentrerò su due elementi del parere, l’applicazione dell’art. 1177 c.c. e la gravità dell’inadempimento, perché ritengo che siano due elementi rilevanti per le sorti della convenzione.

In sostanza al fine di superare le osservazioni del Concessionario secondo cui “il solo parametro normativo in forza del quale compiere atti di contestazione nell’ambito del rapporto concessorio sarebbe dato dall’articolo 8 della Convenzione… il cui procedimento ivi delineato andrebbe sempre e comunque osservato” (cfr. pag. 26 del parere), il parere osserva “che la Convenzione unica del 2007 si inscriva in un quadro normativo più ampio, nel quale si deve tenere conto primariamente delle pertinenti disposizioni del citato codice dei contratti pubblici (in specie il decreto legislativo n. 163 del 2006) e del codice civile, dal primo richiamato all’articolo 2, comma 4”.

In sostanza si richiama il codice appalti del 2006 per giustificare l’applicazione del codice civile. È bene precisare che, in base all’art. 2, comma 4, del codice appalti del 2006, “Per quanto non espressamente previsto nel presente codice, l'attività contrattuale dei soggetti di cui all'articolo 1 si svolge nel rispetto, altresì, delle disposizioni stabilite dal codice civile”. Tuttavia, occorre considerare anche il comma 3 di tale articolo, secondo cui “Per quanto non espressamente previsto nel presente codice, le procedure di affidamento e le altre attività amministrative in materia di contratti pubblici si espletano nel rispetto delle disposizioni sul procedimento amministrativo di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e integrazioni”. La legge n. 241/90 all’art. 11 stabilisce che agli accordi integrativi o sostitutivi del provvedimento amministrativo - vale a dire quegli accordi in base ai quali in accoglimento di osservazioni e proposte presentate dai soggetti che partecipano al procedimento amministrativo (interessati), “l’amministrazione procedente può concludere, senza pregiudizio dei diritti dei terzi, e in ogni caso nel perseguimento del pubblico interesse, accordi con gli interessati al fine di determinare il contenuto discrezionale del provvedimento finale ovvero in sostituzione di questo” – “si applicano, ove non diversamente previsto, i princìpi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti in quanto compatibili” (art. 11, comma 4).

Ciò vuol dire che agli accordi integrativi/sostitutivi del provvedimento amministrativo possono applicarsi i principi sulle obbligazioni e i contratti in quanto compatibili. È quindi quantomeno dubbio che si applichi tout court il codice civile e, a maggior ragione, l’art. 1177 c.c.

Tale disposizione prevede che “l’obbligazione di consegnare una cosa determinata include quella di custodirla fino alla consegna”. Il parere assume che tale disposizioni si applichi al Concessionario in ragion del “previsto obbligo di consegna dell’infrastruttura autostradale alla scadenza della concessione, e dunque di consegna di una cosa determinata, ponga a carico di ASPI il correlato e coessenziale obbligo di custodia previsto in generale dall’articolo 1177 codice civile”. Secondo il parere, “il crollo del Ponte… ha determinato l’impossibilità di restituire ovvero consegnare al subentrante nella concessione tale determinato bene: una impossibilità definitiva... per legge imputabile al debitore, a meno che quest’ultimo non provi il fatto liberatorio, dimostrando che il crollo sia dovuto a causa a lui non imputabile… a nulla vale richiamare, da parte di ASPI, la propria manifestata disponibilità a ricostruire il Ponte crollato. È ben evidente, per un verso, che per tale via ASPI avrebbe ricostruito un bene diverso rispetto a quello che aveva l’obbligo di custodire, avete caratteristiche nuove e differenti rispetto a quelle del ponte originario… e per altro verso, la ricostruzione a cura di ASPI non avrebbe impedito la soluzione di continuità nella funzionalità della rete autostradale e, dunque, l’impossibilità di usufruire del Ponte per un tempo considerevole… Il tema della ricostruzione del viadotto prospettato da ASPI, a ben vedere, si lega con quello della definitività dell’inadempimento… Il crollo del Ponte Morandi ha determinato all’evidenza il definitivo inadempimento… delle già ricordate obbligazioni di custodia e (ri)consegna della medesima infrastruttura (e dunque di una cosa determinata)… La definitiva perdita del bene oggetto di custodia, peraltro, ha determinato un grave pregiudizio alla continuità del servizio gestito dal Concessionario…”.

Il parere ritiene il Concessionario inadempiente non avendo dimostrato che il crollo non è a sé imputabile, essendosi limitato ad affermare che “non risulta ancora possibile formulare ipotesi certe e attendibili sulle cause del crollo” e, quindi, essendosi sottratto “nei fatti all’onere probatorio” (cfr. pag. 38 del parere), considerato anche che “tutti i lavori svolti negli anni alle opere costituenti l’infrastruttura autostradale non hanno impedito il crollo del viadotto Polcevera; e ciò è sufficiente per concludere che l’avvenuta esecuzione dei lavori di manutenzione… non può costituire prova liberatoria della responsabilità del Concessionario” (cfr. pag. 39 del parere). Del resto, il Gruppo di lavoro “è dell’avviso che il crollo del viadotto Polcevera, certamente dovuto a un cedimento strutturale dell’opera, dimostri a sufficienza l’inaffidabilità dell’intero sistema di monitoraggio, valutazione e manutenzione, lungamente ripercorso da ASPI nelle proprie controdeduzioni”. Il parere sembra insistere anche sul venir meno della fiducia del Concedente nel Concessionario.

 

La soluzione della risoluzione unilaterale: i problemi

Così riassunti i due aspetti su cui si incentra il parere (per stessa ammissione del parere opinabili) per sostenere la soluzione di risoluzione unilaterale, ritengo tale soluzione non sia corretta perché omette di considerare alcuni elementi rilevanti, vieppiù laddove si voglia giungere ad una soluzione di bilanciamento/rinegoziazione della convenzione pure prospettata dal parere.

Da un lato, il parere non considera che la convenzione, quale accordo ex art. 11 della legge n. 241/90, peraltro benedetto con legge, comporta l’applicazione dei principi civilistici in quanto compatibili. La risoluzione per omessa custodia sembra quindi sproporzionata nell’economia dei rapporti disciplinata con la convenzione che, come detto, ha risolto i contenziosi in essere tra le parti.

Sembra anche sproporzionata in relazione alla previsione della convenzione che importa la responsabilità del Concessionario per la distruzione anche totale di impianti e opere preesistente (art. 7). In tale contesto, senza sminuire l’oggettiva consistenza del crollo del Ponte (al di là delle 43 vittime), si deve considerare che l’infrastruttura crollata ha un’incidenza limitata rispetto agli oltre 2.800 km di infrastrutture autostradali concesse. A limite potrebbe comportare la cessazione della convenzione per il tratto A10 in cui ricade il ponte crollato. In secondo luogo, e in termini più generali, è notorio che le perizie sull’accertamento delle cause del crollo non sono ancora disponibili e che l’attribuzione del crollo al cedimento strutturale non è di per sé stesso indice della responsabilità del Concessionario, sino a quando non si comprenderà, in ipotesi, cosa abbia causato il cedimento e se vi siano eventuali corresponsabilità del Concedente sulle cause che hanno determinato l’evento.

In terzo luogo, al di là dell’efficacia o meno delle clausole di risarcimento/indennizzo per la cessazione anticipata della convenzione, il trasferimento della concessione al Concedente, conseguente alla risoluzione della convenzione (e alla revoca della concessione) comporta il trasferimento in capo a quest’ultimo di tutti i rapporti attivi e passivi e, quindi, una gestione diretta dello Stato nel settore.

Ciò senza considerare i possibili profili di illegittimità dell’art. 35 del decreto legge 30 dicembre 2019, n. 162 che ha ridisegnato, in ottica favorevole al Concessionario, le conseguenze economiche della revoca, decadenza o risoluzione delle concessioni autostradali.

Mi sembra peraltro paradossale l’ipotesi prevista dalla stessa norma di far subentrare ANAS nelle more della selezione del nuovo concessionario, considerato che anche la gestione delle infrastrutture in mano ad ANAS è stata funestata da episodi simili, quali il crollo del cavalcavia sulla Milano-Lecco, in cui perse la vita un automobilista travolto dal crollo. Se si è garantisti con ANAS non credo non si possa esserlo con Autostrade.

Concludo questa breve analisi, rilevando che la vicenda così complessa della concessione Autostrade e tragica per le vittime del Ponte Morandi dovrebbe suggerire il ricorso ad una soluzione di bilanciamento/rinegoziazione della convenzione, così come indicato anche nel parere, magari nell’ottica di reale apertura concorrenziale del settore delle concessioni autostradali come da tempo richiesto dalle autorità di regolazione.

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