22 Maggio 2020

La navetta aziendale come soluzione sociale al sovraccarico del Trasporto Pubblico Locale

GIULIO ELLESE

Immagine dell'articolo: <span>La navetta aziendale come soluzione sociale al sovraccarico del Trasporto Pubblico Locale</span>

Abstract

L’articolo si pone come obiettivo quello di evidenziare nei contesti “Fase 2” e “dopo COVID”  il potenziale ricoperto dal servizio di navetta aziendale sotto i profili di convenienza in capo al lavoratore, al datore di lavoro, e alla collettività, ed evidenziando alcune delle problematiche legate alla sua implementazione.

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Introduzione

L’Emergenza COVID è stato un fulmine a ciel sereno, che ha imposto la riscrittura dei nostri stili di vita, e del modo di lavorare. Per restare a casa si è incentivato il lavoro agile[1], ma chi è incompatibile è stato cassaintegrato oppure ha continuato a doversi recare fisicamente in azienda. Ora che la “Fase 2” è giunta, sorge un dubbio spontaneo: Come faranno ad andare a lavorare tutte quelle persone che non possono fare a meno della presenza fisica in azienda?

Continuare il necessario distanziamento sociale ha imposto una revisione delle prassi e delle istruzioni operative sia dentro lo stabilimento, che sui mezzi pubblici. Le aziende che si occupano di T.P.L.[2] si sono adeguate alle indicazioni governative[3], dotando mezzi e fermate di apposite segnaletiche per indicare ai passeggeri i percorsi da seguire, e i posti occupabili.

Nonostante i necessari potenziamenti del servizio, sarà necessario fronteggiare una drastica riduzione dei posti: il Gruppo Torinese Trasporti, ad esempio, ha dichiarato sul proprio sito che «è infatti consentita la salita a bordo di massimo 20 passeggeri sui bus da 12 metri e di 30 persone sui bus da 18 metri e sui tram.»[4]. Un maggior numero di utenti in attesa alle fermate, e un notevole incremento del traffico saranno le probabili conseguenze di una simile riduzione del numero di passeggeri (quando rispettata), per la durata della minaccia SARS-CoV-2.

 

Welfare aziendale e tragitto casa-lavoro

Far fronte alle esigenze dei lavoratori pendolari, che fino al 9 marzo si erano recati al lavoro utilizzando il T.P.L., è imperativo per poter rilanciare l’occupazione, specialmente all’interno delle città.

Una soluzione funzionale ai problemi derivanti dal limite dei passeggeri trasportabili è rappresentata dall’utilizzo delle c.d. navette aziendali. Strumento di storica memoria, utilizzato da importanti realtà quali Olivetti e Fiat, le navette aziendali sono un servizio di trasporto organizzato dal datore di lavoro, per consentire ai propri dipendenti di raggiungere l’azienda.

L’istituto in esame è fiscalmente disciplinato dall’articolo 51, comma 2, lett. d), del D.P.R. n. 917/1986, il quale stabilisce che, non concorrono a formare reddito «le prestazioni di servizi di trasporto collettivo alla generalità o a categorie di dipendenti; anche se affidate a terzi ivi compresi gli esercenti di servizi pubblici;». La collocazione in questo specifico comma, contenente le più importanti deroghe al principio di onnicomprensività dei redditi di lavoro dipendente, rende le navette aziendali un servizio di welfare aziendale a tutti gli effetti. Quando sia misurabile il valore del tragitto casa-lavoro, questo servizio non concorrerà a formare reddito per il lavoratore.

In quanto “spese per il personale”, per il datore di lavoro le somme erogate a copertura del servizio rappresenteranno un costo interamente deducibile sia dall’IRES che dall’IRAP, rispettivamente ai sensi degli articoli 95, comma 1, D.P.R. 917/1986, ed 11, comma 4-octies, D.Lgs. 446/1997.

Agli incentivi fiscali si affiancano i seguenti vantaggi:

  • La navetta aziendale evita di dover prendere i mezzi pubblici. Si riduce il contatto con gli altri passeggeri, lasciando ad altri il proprio posto;
  • Il lavoratore non guida. Si riducono i rischi di venire coinvolti in incidenti stradali e lo stress legato alla guida quali traffico e ricerca del parcheggio;
  • I lavoratori che decidono di non utilizzare i propri veicoli a motore riducono il traffico su strada, con conseguente miglioramento della viabilità e riduzione delle emissioni di CO₂.

 

Problematiche attuative

Utilizzare questa misura di welfare aziendale non è esente da criticità: la sua efficienza è subordinata ad una corretta pianificazione del tragitto e degli orari, e in “tempi di COVID” solleva interrogativi sulle misure di prevenzione da adottare, quali numero dei passeggeri e distanza tra di loro, nonché l’opportunità di effettuare il controllo della temperatura prima che si salga sul mezzo.

Per le imprese più piccole, si pone un’ulteriore difficoltà economica, legata al dover sopportare ulteriori costi, problematica che potrebbe essere risolta mediante il coinvolgimento degli enti territoriali, e l’utilizzo del contratto di rete di cui all’articolo 3, commi 4-ter s.s., della Legge n. 33 del 9 aprile 2009, e successive modifiche. In sintesi, tale contratto si caratterizza per consentire una particolare alleanza strategica tra due o più imprese, al fine di migliorare la capacità innovativa ovvero la competitività sul mercato, anche coinvolgendo le aziende T.P.L. presenti sul territorio. Competitività che può essere garantita attraverso l’introduzione di misure di welfare per mantenere il proprio capitale umano, come insegna la strategia adottata dalla prima rete d’imprese incentrata sul welfare aziendale (Rete G.I.U.N.C.A.).

 

Conclusioni

In conclusione, lo strumento della navetta aziendale rappresenta un’opportunità che le imprese possono utilizzare per garantire il trasporto in sicurezza di un gruppo di lavoratori residenti in zone relativamente vicine tra di loro, riducendo il rischio di esposizione al coronavirus. La buona implementazione richiederà la  collaborazione tra le parti sociali, i vettori, e il territorio.

Lo strumento gode di benefici fiscali, sia come misura unilaterale, che come previsione di un accordo sindacale di secondo livello. Il Legislatore farebbe bene ad incentivare ulteriormente tale misura, alla luce della considerazione fatta negli Allegati 6[5] e 7[6] del D.P.C.M. 24 aprile 2020, secondo la quale: «È essenziale evitare aggregazioni sociali anche in relazione agli spostamenti per raggiungere il posto di  lavoro  e  rientrare  a  casa  (commuting),  con  particolare  riferimento  all’utilizzo  del  trasporto pubblico.  Per  tale  motivo  andrebbero  incentivate  forme  di  trasporto  verso  il  luogo  di  lavoro  con adeguato distanziamento fra i viaggiatori e favorendo l’uso del mezzo privato o di navette».

 

[1] Reso applicabile anche in assenza di accordo individuale dal D.P.C.M. del 4 marzo 2020, e “raccomandato” dal D.P.C.M. dell’11marzo 2020.

[2] Trasporto  Pubblico Locale, un servizio pubblico essenziale ai sensi della Legge n. 146 del 1990.

[3] Si ricorda in particolare l’Allegato 9 del D.P.C.M. 24 aprile 2020, rubricato “Linee guida per l’informazione agli utenti e le modalità organizzative per il contenimento della diffusione del covid-19 in materia di trasporto pubblico”, nonché gli Allegati 14 e 15 del D.P.C.M. 17 maggio 2020

[4] http://www.gtt.to.it/cms/avvisi-e-informazioni-di-servizio/torino-e-cintura/8328-scopri-il-servizio-e-le-norme-generali-di-comportamento-per-bus-tram-e-metropolitana-dal-4-maggio

[5] “Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro fra il Governo e le parti sociali”.

[6] “Protocollo condiviso di regolamentazione per il contenimento della diffusione del COVID-19 nei cantieri”.

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