21 Gennaio 2019

Lettera di patronage a contenuto obbligatorio

GIAN PAOLO MARAINI

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Abstract

Breve analisi e riflessione sugli orientamenti della giurisprudenza di legittimità e di merito sulla formazione, natura dei vincoli e rimedi dei c.d. “patronage forti”.

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Lettera di patronage: tipologie

La prassi degli scambi e del commercio internazionale, supportata dall’ormai consolidata giurisprudenza di legittimità e di merito, ha elaborato due figure generali di c.d. “lettere di patronage” (o “comfort letter”); a) una prima tipologia c.d. “debole” e a mero contenuto e finalità “informativa” con la quale il “patronnant” (ovvero il soggetto che rende la dichiarazione) certifica come reale una determinata situazione di fatto (generalmente la titolarità di una partecipazione societaria di controllo o anche di semplice minoranza) a corredo di un impegno direttamente assunto da un terzo (generalmente la società controllata o partecipata dal “patronnant”) nei confronti del beneficiario/destinatario della dichiarazione (normalmente un istituto di credito o terzo finanziatore); tali “patronage” non si riconoscono come fonte di obbligazioni contrattuali per il “patronnant”, ma solo potenzialmente idonei a configurare – in caso di falsità delle dichiarazioni rese dal “patronnant” – una responsabilità ex art. 1337 cod. civ. e/o 2043 cod. civ.; b) una seconda tipologia c.d. “forte” che si realizza laddove il “patronnant” non si limiti a rendere al beneficiario/destinatario mere “certificazioni” su di una determinata situazione di fatto, ma assuma anche specifici ed autonomi impegni (generalmente l’impegno, nella prassi variamente qualificato, a far in modo che il terzo adempia agli obblighi assunti nei confronti del beneficiario/destinatario della lettera di “patronage”); a tali “patronage” si riconosce fonte di obblighi contrattuali atipici, ed è su tale categoria che si concentreranno le successive brevi analisi e considerazioni.

Le lettere di “patronage” a contenuto “forte” vanno inquadrate nell’ambito delle c.d. “promesse unilaterali” (art. 1987 c.c.) o nella categoria dei contratti che prevedono obblighi a carico solo di una delle parti e che possono validamente costituirsi anche per effetto della semplice dichiarazione dell’obbligato/proponente (salvo il rifiuto del beneficiario) ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1333 cod. civ. e quindi senza necessità, sotto il profilo formale, di scambio tra proposta ed accettazione (in ultimo Trib. Roma 14.12.2018 n.24094 ove conformi richiami - ma segnalo Cass. 27/9/95 n.10235 anche per l’analisi del rapporto tra il disposto dell’art. 1987 c.c. e dell’art. 1333 cod. civ.); tale postulato però ancora nulla dice sul contenuto e la valenza degli obblighi assunti dal “patronnant” e sui rimedi esperibili dal beneficiario/destinatario in caso di violazione di tali obblighi.

Obblighi del patronnant

Prima di affrontare il tema dell’oggetto e valenza degli obblighi assunti dal “patronnant” occorre premettere una quanto mai pertinente precisazione generale: non esiste una generale e tipizzata fattispecie di “lettere di patronagea contenuto obbligatorio, ma, come del resto rimarcato anche dalla giurisprudenza di legittimità: “la rilevanza giuridica delle lettere di patronage non è (tuttavia) sempre la stessa, ma varia a seconda del loro contenuto, pur dovendosi escludere … che esse diano vita a vere e proprie obbligazioni di tipo fideiussorio” (Cass. n.10235/95 cit.; vedi anche Cass. 9/2/2016 n. 2539; Trib. Reggio Emilia 23 ottobre 2017 n. 1066); tale condivisibile principio porta a due prime considerazioni di carattere generale: a) la portata e valenza degli obblighi assunti dal “patronnant” non può prescindere da una attenta analisi ermeneutica del contenuto delle dichiarazioni dallo stesso rese da adottarsi seguendo i canoni generali prescritti dagli artt. 1362 e segg. cod. civ. applicabili anche agli atti unilaterali ai sensi dell’art. 1324 c.c.; b) il “patronnant” non assume mai obbligazioni solidali con quelle assunte dal terzo in favore del beneficiario/destinatario, ma impegni autonomi seppur spesso ritenuti idonei a configurare una “garanzia” atipica.

Il tema sul quale più concretamente si controverte laddove si affronta l’analisi ermeneutica delle dichiarazioni rese dal “patronnant” è la portata dell’impegno con il quale quest’ultimo - con le più varie formule letterali, che però a seconda del risultato dello loro specifica analisi interpretativa, possono assumere ben distinta valenza obbligatoria - assicura al beneficiario/destinatario di intervenire affinché il terzo (normalmente la società controllata/amministrata o partecipata dal “patronnant”) adempia alle obbligazioni assunte nei confronti dello stesso beneficiario/destinatario. Il primo tema che occorre porsi davanti a simili dichiarazioni è se implichino l’assunzione da parte del “patronnant” di obbligazioni di mezzo o di risultato; la distinzione rileva non tanto sulla ripartizione dell’onere della prova dell’inadempimento (ove la distinzione ha una valenza più teorica che pratica, soprattutto dopo l’orientamento ormai consolidato della Cassazione in tema di ripartizione dell’onere della prova dell’inadempimento contrattuale; inter alia Cass. 2015/826) ma sulle conseguenze dell’accertamento del mancato raggiungimento del risultato atteso (ovvero l’adempimento da parte del terzo).

Impegno del patronnant come “promessa del fatto del terzo”

Si pensi infatti all’ipotesi, spesso avallata dalla giurisprudenza, dell’inquadramento dell’impegno del “patronnant” nell’ambito del disposto dell’art. 1381 c.c. – promessa del fatto del terzo-; non osta ragionevolmente all’applicazione di tale disciplina la considerazione (a volte al contrario ritenuta in tal senso ostativa; cfr. Trib. di Trieste 29/02/96 in banca dati De Jure) che al momento della dichiarazione resa dal “patronnant” il terzo abbia in realtà già assunto l’obbligo in favore del beneficiario/destinatario (cfr. Cass. 2016/7376 secondo la quale infatti l’impegno del fatto del terzo può anche consistere nel fatto che il terzo “tenga il comportamento promesso”); l’applicazione dell’art. 1381 c.c. potrebbe orientare l’inquadramento delle obbligazioni del “patronnant” come di mezzi piuttosto che di risultato influenzando i rimedi riservati al beneficiario/destinatario; infatti, in tal caso, ove il “patronnant” dimostrasse di aver posto in essere gli adempimenti promessi per far si che il terzo adempisse agli impegni assunti nei confronti del destinatario/beneficiario, in caso di inadempimento del terzo, non risponderebbe dei danni conseguenti a tale inadempimento, ma sarebbe tenuto al pagamento del solo “indennizzo” di cui all’art. 1381 c.c. (sulla distinzione tra obbligo indennitario e risarcitorio nella disciplina dell’art. 1381 c.c. tra le altre si veda Cass. 24.1.2003 n.1137); sulle reali differenze ove si debba procedere in concreto alla quantificazione dell’indennizzo piuttosto che del danno si dovrebbe aprire un dibattito complesso e quindi non affrontabile in questa sede (si rimanda unicamente a Cass. 91/6984 che orienta verso il ricorso a criteri equitativi di quantificazione dell’indennizzo in assenza di diversi criteri legali o convenzionali di quantificazione).

L’orientamento più recentemente accolto dalla giurisprudenza è tuttavia quello di qualificare le obbligazioni del “patronnant”, al contrario, “come garanzia atipica con promessa di risultato, sia pure a contenuto variabile, con ogni conseguenza ai fini della liberazione del patronnant dal risarcimento dei danni da inadempimento, ai sensi dello art. 1218 c.c., dovendo lo stesso fornire la prova che lo inadempimento è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile” (Cass. 25/9/2012 n.16259).

Non mancano pronunce che partendo dall’assunto della natura di “garanzia atipica” della lettera di patronage, ritengono analogicamente applicabile anche al “patronage” la disciplina prescritta dall’art. 1938 c.c., e quindi ne hanno dichiarato la nullità se non prevedevano – neanche per relationem - l’indicazione dell’importo massimo “garantito” dal “patronnant” (Trib. Roma 18/12/2002 – Banche dati De Jure); tale tesi tuttavia non convince in quanto si pone in netta contrapposizione con l’assunto della necessaria distinzione tra impegno fideiussorio ed obbligazione del “patronnant”.

Ovviamente quello sopra sinteticamente illustrato è solo un accenno alle molteplici problematiche che si incontrano nell’approcciare il tema della validità, vincoli e rimedi conseguenti al rilascio di una “lettera di patronage” a contenuto “forte”; ciò che certamente emerge da tale sintetico resoconto è l’estrema rilevanza dell’effettivo contenuto dispositivo del “patronage” e degli assunti ed obbligazioni del “patronnant” che non possono mai essere aprioristicamente inseriti nell’ambito di un tipico contesto negoziale, ma che andranno di volta in volta interpretati (e quindi attentamente vagliati ed espressi al momento della formazione del documento contrattuale) per comprendere ed individuarne l’effettiva valenza, limiti ed i conseguenti rimedi.

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