31 Luglio 2020

Tassazione delle royalties in dogana: le ultime dalla Corte di giustizia Ue e dalla Cassazione

SARA ARMELLA

Immagine dell'articolo: <span>Tassazione delle royalties in dogana: le ultime dalla Corte di giustizia Ue e dalla Cassazione</span>

Abstract

Secondo la sentenza della Corte di Giustizia Ue, sentenza 9 luglio, caso C-76/19, resa in un caso di importazione, ai fini della daziabilità delle royalties, spetta alla Dogana dimostrare l’esistenza di un controllo, anche solo fattuale, del licenziante sul fornitore estero, attraverso prove documentate. Il fatto che il licenziatario appartenga allo stesso gruppo societario del titolare del know how che caratterizza la merce oggetto di verifica doganale non determina, di per sé, l’accertamento di maggiori dazi.

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Sintesi della sentenza CGUE

La Corte di giustizia dell’Unione europea ha pubblicato un’importante sentenza in materia doganale in data 9 luglio 2020, caso C-76/19: secondo i giudici unionali la Dogana, per contestare il valore dichiarato dall’importatore, deve dimostrare l’esistenza di un controllo, anche solo fattuale, del licenziante sul fornitore estero, attraverso prove documentate. La sentenza aggiunge un passaggio determinante: il fatto che il licenziatario appartenga allo stesso gruppo societario del licenziante non determina, di per sé, la tassabilità, ai fini doganali, delle royalties.

 

Critica agli orientamenti nazionali

Il principio espresso dalla Corte Ue in materia di valore doganale s’inserisce in un contesto giurisprudenziale europeo e nazionale molto complesso ed è destinato a incidere su alcuni orientamenti dell’Agenzia delle dogane e della Corte di Cassazione.

Il giudice europeo, con la sentenza del 9 luglio, anzitutto nega spazio alla tesi (diffusa molto più in Italia che in altri Paesi) secondo cui i corrispettivi di licenza sarebbero “quasi automaticamente” tassati, in particolare quando il licenziante e il licenziatario appartengono al medesimo gruppo. Tale circostanza, ad avviso della Corte di Giustizia, non comporta nessun tipo di presunzione a sostegno della daziabilità delle royalties, poiché il “legame” che assume rilievo deve intercorrere, invece, tra il licenziante e il fornitore estero.

 

Valutare caso per caso

La sentenza ha escluso di poter giungere a un criterio astratto o a una conclusione di carattere generale, ribadendo la necessità di un’attenta considerazione del caso concreto e di tutti gli elementi di prova. La dimostrazione della “condizione di vendita” deve avvenire, da parte della Dogana, secondo le ordinarie regole probatorie, tenendo conto degli indicatori fattuali elencati dal Commento n. 11 del documento Taxud/800/2002 della Commissione europea, quali, ad esempio, l’esistenza di un contratto diretto tra il fornitore e il licenziante o il potere del licenziante di ingerirsi nella produzione o sulla libertà d’impresa del venditore. Nel caso esaminato dalla Corte di Giustizia, l’indicatore rappresentato dalla selezione dei fornitori da parte del licenziante non è stato considerato, di per sé, sufficiente, occorrendo invece una “combinazione” di più indicatori.

 

L’ultimo orientamento di Cassazione

In Italia da ultimo è intervenuta la Corte di Cassazione con la sentenza 5 giugno 2020, n. 10687. Secondo la Suprema Corte, ai  fini della daziabilità delle royalties, il controllo del licenziante sul produttore consiste nella combinazione dei fattori indicati dalla Taxud, non essendo sufficiente uno solo di essi. Tra gli indici rivelatori del controllo del licenziante assumono rilievo la scelta del produttore e la sua imposizione all’acquirente, il controllo degli stabilimenti, dei metodi di produzione, della logistica, il potere di esaminare la contabilità del produttore, di limitare le quantità di prodotto o di determinarne il prezzo, la necessità di un consenso del titolare del marchio per la realizzazione di beni per società concorrenti. I diritti di licenza non vanno ricompresi nel valore in dogana della merce quando il licenziante esercita un mero controllo di qualità sul prodotto, come tale non implicante un controllo sullo svolgimento dell’attività produttiva. 

 

La difesa dell’importatore

L’importatore può contestare la pretesa della Dogana utilizzando tutti gli elementi di prova che ritenga utili, ivi comprese le dichiarazioni dei fornitori che il prezzo dei prodotti non dipende dal pagamento dei diritti di licenza e che non vi è stata nessuna direzione o limitazione esercitata sulla sua attività da parte del licenziante. Anche tali dichiarazioni non esauriscono l’analisi, essendo decisiva, per la Corte, la sola questione se, in assenza del pagamento delle royalties, la conclusione dei contratti di vendita nella forma scelta e, conseguentemente, la consegna delle merci avrebbe o meno avuto luogo. 

Una precisazione di grande interesse riguarda anche i corrispettivi inerenti servizi quali la formazione del personale, il marketing, l’assistenza tecnica per il management o l’amministrazione, che non devono essere inclusi nel valore in dogana. Laddove il compenso “globale” includa sia componenti tassabili in dogana (per esempio, royalties) che fattori esclusi, la Corte chiarisce che occorre operare una ripartizione proporzionale tra la componente daziabile e quella esonerata, sulla base di dati oggettivi e quantificabili.

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